Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 15 Domenica calendario

QUANDO IL FILM NON SUPERA IL TEST DEL

SESSISMO –

«Vado a vedere un film se: 1) ha almeno due personaggi femminili; 2) quei personaggi parlano tra loro; 3) e non solo di uomini». La battuta starebbe bene tanto in una striscia a fumetti sulle imprese politico-sentimentali di otto amiche lesbiche in un’anonima cittadina Usa, quanto in un episodio particolarmente riuscito di Sex and the City . Questione di autoironia. Il copyright è di Alison Bechdel, fumettista cult americana che ha segnato la narrativa omosessuale anni Novanta con opere come Lesbiche a cui fare attenzione , dalla quale è tratta la massima cinematografica e che ha ispirato l’iniziativa svedese al centro dell’ultimo dibattito sulle discriminazioni di genere nel cinema al di qua e al di là dell’Atlantico, il Bechdel Test.
Evocata da critici e appassionati sin dalla sua ideazione nel 1985, la «regola» dei due personaggi di Bechdel è tornata in auge negli ultimi anni per diventare nel 2013 un vero e proprio sistema di classificazione adottato da quattro cinema indipendenti e da una tv via cavo in Svezia, Paese storicamente sensibile alle questioni di genere. Un’iniziativa partita dalla piccola sala di Stoccolma «Bio Rio» con un’idea semplice: premiare con il massimo punteggio — la «A» del logo con la scritta «Approvato» — i film che rispettino fedelmente il criterio del fumetto. Solo il 30% delle pellicole proiettate al «Bio Rio» nell’ultimo mese ha superato il test. Richieste per adottare il logo sono già arrivate da cinema di Francia, Regno Unito, Irlanda, Slovenia, Stati Uniti; e il festival Bluestocking Film Series di Portland ha inserito nella programmazione solo opere conformi ai requisiti.
Più che un rigido criterio di valutazione, l’iniziativa svedese vuole essere un modo per tenere desta l’attenzione sulla rappresentazione stereotipata dell’universo femminile che, in maniera più o meno subdola, contraddistingue la maggior parte dei film in circolazione. Un esperimento per indagare modalità narrative e trappole linguistiche che plasmano un’immagine della donna nella quale raramente le donne si riconoscono; per stanare quelle relazioni «semplificate», come nel 1929 scriveva in Una stanza tutta per sé Virginia Woolf mettendo in luce l’equivoco alla base di personaggi romanzeschi femminili definiti quasi sempre dal rapporto con gli uomini o inquadrati in relazioni del tipo madre-figlia, mai inseriti in legami, come l’amicizia tra donne, capaci di farli emergere come soggetti con un proprio mondo di relazioni, passioni e giudizi slegato dall’orbita, e dal destino, familiare. Di qui l’importanza che assume nel dibattito sul Bechdel Test il semplice atto del discutere, il dialogo sul progetto di vita, e di emancipazione, delle protagoniste.
Il tema solleva anche interrogativi sulle concrete condizioni di lavoro nell’industria cinematografica. Le donne costituiscono il 18% dei produttori-sceneggiatori-tecnici-operatori che hanno lavorato ai 250 film americani con gli incassi più alti del 2012. In quella gigantesca macchina dotata di potere di condizionamento culturale su scala globale che è il cinema Usa, solo il 9% dei registi è donna: finora un solo Oscar, nel 2009 a Kathryn Bigelow per The Hurt Locker . Una presenza tanto limitata va di pari passo con la tendenza che ha visto i ruoli femminili da protagonista scendere dal 16% del 2002 al 12% del 2011, secondo il Centro Studi sulle donne dell’Università di San Diego; nel 2012 era per attrici meno di un terzo dei ruoli che prevedevano un testo da recitare, e non la sola presenza fisica. Ancora una volta la Svezia dà la rotta: il 50% dei fondi dell’Istituto nazionale del cinema è destinato a registe e cineaste donne.
Il rischio è che una provocazione come il Bechdel Test, trasferita in contesti meno sensibili alle sfumature e meno attenti alle forme sottili della discriminazione, diventi filtro ideologico, strumento di pressione, ostacolo al processo creativo. Fuori dalla scrematura restano pellicole come Gravity , Il grande Gatsby , Avatar ... il personaggio originario di Bechdel riusciva a salvare solo Alien . Non sfugge neanche Lola corre , film simbolo del cinema tedesco del nuovo millennio, invenzione pop-metafisica sul libero arbitrio interamente costruita su una giovane donna che nella sua corsa contro il tempo per le vie di Berlino non potrebbe certo conversare sui massimi sistemi. E se Lola si fermasse a chiacchierare di ragazzi, ci piacerebbe lo stesso.