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 2013  dicembre 14 Sabato calendario

L’EUROPA TEME IL RISCHIO «BITCOIN» LA BOLLA DELLA MONETA ELETTRONICA


Lo scorso mese il bitcoin - la moneta elettronica prodotta e gestita in base a un algoritmo da reti di computer peer-to-peer simili a quelle usate per condividere film e file musicali - è passato da un valore di 340 dollari a 1.240. Ieri la quotazione è scesa sotto i 900 dollari. Con questi numeri è facile capire perché il fenomeno abbia attirato l’attenzione di molte istituzioni e banche, con alterne conclusioni. L’Autorità bancaria europea (Eba) ha messo in guardia dall’uso di queste monete la cui liquidità è tutta da dimostrare. Ma il giudizio nel mondo è tutt’altro che unanime. In un report pubblicato il 5 dicembre gli analisti di Bank of America Merrill Lynch hanno scritto che il «bitcoin ha un grosso potenziale e potrebbe emergere come serio concorrente dei tradizionali sistemi di trasferimento di denaro». Pur aggiungendo: «È molto volatile e può diventare potenzialmente sopravvalutato». Se il report di Bofa colpisce, il progetto di Jp Morgan stupisce: il 28 novembre presso l’ufficio brevetti americano la banca del Tesoro Usa ha depositato la patent application numero 20130317984 per un «metodo e sistema per processare i pagamenti via internet usando un network di fondi elettronici per il trasferimento». Il fondo elettronico dovrebbe essere «anonimo» e gli indirizzi di pagamento liberamente disponibili su «un motore di ricerca online». La richiesta di brevetto è subito stata battezzata il «bitcoin di Jp Morgan».
La stessa Federal Reserve, l’autorità monetaria centrale del dollaro, pur riconoscendo i rischi di frode, ha di recente dichiarato che innovazioni di tale genere possono anche costituire un sistema di pagamento più rapido, sicuro ed efficace.
Insomma, le posizioni in campo per adesso sono di una maggiore prudenza europea e una discreta apertura americana. Ma la distanza discende anche dalle diverse impostazioni ai due lati dell’Atlantico: mentre le istituzioni Usa sono tradizionalmente disponibili a valutare gli effetti positivi per il mercato quelle europee tendono a porsi più come baluardo in difesa dei consumatori-risparmiatori. L’Eba ha in effetti sottolineato il rischio per chi li acquista di non poter recuperare i fondi in quanto non protetti dalle autorità pubbliche. I portafogli archiviati nei computer o negli smartphone possono essere oggetto di incursione da parte di azioni «piratesche» e le piattaforme di scambio possono fallire.
Curiosamente al fronte dei prudenti si è aggiunto uno dei colossi assoluti della tecnologia: la Apple. Il gruppo di Cupertino, secondo quanto raccontato da alcuni sviluppatori come il co-fondatore di Gliph, Rob Banagale, sta vietando alle app che passano dall’Apple Store le transazioni in bitcoin. Il fermento, tuttavia, è innegabile. Una start up californiana specializzata nello scambio di bitcoin, Coinbase, ha raccolto in questi giorni 25 milioni di dollari per implementare la propria piattaforma che è diventata la maggiore «borsa» negli Usa di questa moneta elettronica. La Norvegia si è portata avanti a tutti e ha iniziato a tassarla come strumento finanziario.
I bitcoin - che la letteratura su Internet fanno risalire a un anonimo sviluppatore di cui si conosce solo il nickname, Satoshi Nakamoto - sono prodotti da una rete di computer così da sfuggire, secondo la filosofia con la quale sono nati, a qualunque controllo da parte di singoli o istituzioni monetarie tradizionali. Chi si collega unendosi al software peer-to-peer diventa un «minatore» (il bitcoin va estratto come l’oro dalle montagne di Internet). Quando un computer risolve uno dei puzzle dell’algoritmo il bitcoin viene coniato lasciando una fee a chi ha partecipato. Il puzzle diventa sempre più difficile perché il conio eccessivo svaluterebbe la moneta. Le piattaforme di scambio più note sono: MtGox (Giappone) che recentemente ha passato lo scettro di maggiore «borsa» alla BTC China, Bitstamp in Europa e Coinbase negli Usa.
Per adesso l’unica cosa certa è che se i bitcoin sono intangibili, le eventuali perdite si sentono sulla pelle come pugni di Tyson quando era in forma.