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 2013  dicembre 13 Venerdì calendario

PALLINATO MARIJUANA PER IL FOGLIO DEI FOGLI


Un Paese di appena tre milioni e mezzo di abitanti ha rotto di colpo tutti i tabù sulle droghe leggere. L’Uruguay è il primo al mondo a permettere l’uso della marijuana a fini ricreativi. Si potrà coltivare o comprare in farmacia, lo Stato seguirà tutta la catena, dalla scelta dei semi fino alla quantità permessa al consumatore finale. Il voto finale del Senato, martedì scorso a Montevideo, ha ufficializzato la svolta mentre in piazza manifestavano gli attivisti dell’erba libera e i gruppi contrari, per motivi etici o sanitari [Rocco Cotroneo, Corriere della Sera 12/12].

Nell’idea di José Pepe Mujica, l’ex guerrigliero Tupamaros presidente uruguaiano dal 2010, la nuova legge vuole essere un esperimento per combattere il narcotraffico, strappando al mercato illegale la commercializzazione delle droghe leggere. In Uruguay infatti il consumo era già depenalizzato da anni.

La marijuana in Uruguay sarà venduta a circa un dollaro al grammo, il 30-40% rispetto al prezzo del mercato illegale [Rocco Cotroneo, Corriere della Sera 12/12].

Sarà consentita la coltivazione domestica della marijuana fino ad un massimo di sei piantine e 480 grammi di produzione annuale
per persona. Sarà possibile costituire dei club di consumo, minimo 15 massimo 45 soci, che avranno il permesso di coltivare fino a 99 piantine. Ma lo Stato rilascerà anche licenze per coltivare l’erba, per uso ricreativo e medicinale, in proporzioni maggiori che verrà poi venduta nelle farmacie. Per comprarla, fino ad un massimo di 40 grammi al mese, bisognerà iscriversi in una lista [Omero Ciai, la Repubblica 12/12].

Non si potrà guidare sotto l’effetto della marijuana, fumarla in luoghi chiusi né pubblicizzarla. [Rocco Cotroneo, Corriere della Sera 12/12].

A Montevideo escludono un futuro da nuova Amsterdam, anche perché la vendita sarà permessa solo agli uruguaiani. «Forse anche per questo, come ha ammesso lo stesso ministro degli Esteri Luis Almagro, nelle ultime settimane si è registrato un boom di richieste di residenza presso consolati e ambasciate in giro per il mondo. “Dicono – ha detto il presidente Muijca – che non saremo in grado di controllare il mercato della droga: noi, invece, siamo convinti che questa è l’unica forma possibile per salvare migliaia di nostri giovani dalla tossicodipendenza, attraverso un consumo responsabile e vigilato, fuori dai circoli criminali”» [Emiliano Guanella, La Stampa 12/12].

«Muijca ha già liberalizzato l’aborto, le nozze gay e fatto una legge avanzatissima sulla donazione di organi. Piccolo Paese, grande laboratorio» (Riccardo Staglianò) [Riccardo Staglianò, il Venerdì 8/11].

Omero Ciai: «L’esperimento ha ovviamente catturato l’interesse mondiale soprattutto perché molti pensano che la guerra frontale, a tolleranza zero, contro il narcotraffico è fallita. Ed è necessario provare altre strade. Il primo a complimentarsi con Mujica è stato il finanziere George Soros, da tempo a favore, insieme ad alcuni ex presidenti, come il brasiliano Fernando Henrique Cardoso e il cileno Ricardo Lagos, della legalizzazione delle droghe leggere. L’Onu invece protesta e accusa l’Uruguay di violare la convenzione sugli stupefacenti» [Omero Ciai, la Repubblica 12/12].

In Sudamerica la marijuana viene prodotta quasi esclusivamente in Paraguay. Da lì partono ogni giorno decine di piccoli velivoli commerciali che atterrano in tenute agricole nelle provincie del Nord dell’Argentina, del Sud del Brasile o in Uruguay. Famoso il caso di Juan Domingo Papacho Cartes, zio dell’attuale presidente del Paraguay Horacio Cartes, fermato a bordo di un velivolo con 450 kg di marijuana finito in una fattoria nella zona di Artigas, a 600 km da Montevideo [Emiliano Guanella, La Stampa 12/12].

L’Uruguay supera dunque l’Olanda, dove sono permessi vendita e consumo in spazi appositi (i famosi «coffee shop»); la California, che ha aperto all’uso medico e dissuade i piccoli consumatori appena con una multa; il Colorado, dove è permessa per uso ricreativo una quantità personale assai limitata [Rocco Cotroneo, Corriere della Sera 12/12].

Il Paese più liberale d’Europa, sul fronte delle droghe, è il Portogallo. A undici anni dall’approvazione di una legge che ha depenalizzato l’acquisto, il possesso e il consumo di tutte le droghe il Portogallo continua infatti a essere portato come esempio negli studi sulla depenalizzazione e sulla legalizzazione delle droghe. Dall’introduzione della legge il Paese ha visto una netta riduzione nel numero dei consumatori e tuttora è lo Stato europeo con il più basso tasso tra i giovanissimi. Anche la Spagna è piuttosto liberale, con sanzioni amministrative oltre a una certa soglia di prodotto, mentre i Paesi scandinavi non prevedono distinzioni fra marijuana e droghe pesanti [Tomaso Clavarino, la Stampa 13/11/2012]

Il primato della repressione spetta invece all’Arabia Saudita che prevede la pena di morte per chi viene trovato in possesso di qualsiasi droga, marijuana compresa [Tomaso Clavarino, la Stampa 13/11/2012]


C’è poi il caso degli Stati Uniti. Nel 1996 la California divenne il primo stato americano a legalizzare la marijuana per scopi terapeutici (da allora è stata seguita da altri 19).
Lo scorso novembre Washington e Colorado sono stati i primi a rendere completamente legale il consumo di marijuana. Altri stati, tra cui New York, sembrano intenzionati a percorrere la stessa strada nei prossimi mesi. Nell’agosto 2013 il dipartimento di Giustizia ha fatto sapere che non contesterà le leggi che hanno liberalizzato la droga e che continuerà a occuparsi principalmente dei casi più gravi di traffico di droga e della lotta allo spaccio tra i più giovani [Il Post 28/9].

È di 110 miliardi di dollari il valore annuo del mercato legale della marijuana in America. In Colorado, ad esempio, la tassazione sull’erba è del 25%: soldi destinati alla costruzione di scuole pubbliche [Jonathan Ringer, Rolling Stone 30/8].

Anche l’opinione pubblica sta cambiando il suo modo di considerare la marijuana a scopo ricreativo. Da diversi anni la maggioranza assoluta degli americani è favorevole all’utilizzo della marijuana per scopi terapeutici. Secondo un sondaggio del Pew Reasearch Center effettuato nel 2013, per la prima volta in 40 anni la maggioranza degli americani (il 52 per cento) si è dichiarata favorevole a una legalizzazione completa della marijuana: il supporto per la legalizzazione è cresciuto dell’11 per cento in due anni [Il Post 28/9].

In Italia è depenalizzato l’uso personale di marijuana (per un massimo di cinque grammi) ed è consentito l’uso terapeutico. Più in particolare la legge in vigore in materia di disciplina degli stupefacenti è la cosiddetta Fini-Giovanardi, che generò molte discussioni quando venne emanata nel 2006. La legge, che non prevede distinzioni tra droghe leggere e pesanti, portò a un inasprimento delle sanzioni relative non solo alla produzione e al traffico ma anche al consumo di sostanze stupefacenti: per l’uso personale oggi sono previste sanzioni amministrative come la sospensione del passaporto, della patente di guida o del porto d’armi, e l’inserimento in un programma terapeutico [Il Post 28/3].

A febbraio la Corte di Appello di Roma ha sollevato alcune importanti questioni sulla legge Fini-Giovanardi, che secondo i giudici presenta più di un profilo di incostituzionalità: tra gli altri, la mancata distinzione fra droghe leggere e droghe pesanti e la sproporzione delle pene rispetto alla pericolosità delle condotte da reprimere [Il Post 28/3].

Il ministro degli Esteri Emma Bonino si è detta subito entusiasta della scelta uruguaiana. «Va benissimo, non è totale ma va benissimo. Vado in Uruguay a marzo» [Carlantonio Solimene, Il Tempo 13/12].

Anche sulla scorta di famose inchieste dell’Economist, la prima risale al 1989, la seconda è del 2009 (How to stop the drug), da tempo un articolato movimento d’opinione si sta muovendo per la legalizzazione. A giugno del 2011, 60 persone di varia estrazione (da Mario Vargas Llosa a Bernardo Bertolucci, Wislawa Szymborska, Jimmy Carter) hanno inviato una lettera aperta al Parlamento britannico per promuovere, appunto, politiche globali di legalizzazione. In Italia sostengono queste posizioni sia Umberto Veronesi sia Roberto Saviano, e da sempre i radicali.

Un report molto dettagliato pubblicato il 2 giugno 2011 dalla Commissione globale sulle droghe ha messo in colonna un po’ di dati. I consumatori di oppiacei sono passati da 12,9 milioni (1998) a 17,35 milioni (2008) con un incremento del 34,5%. Quelli della cannabis da 147 milioni (1998) a 160 milioni (2008) con un incremento dell’8,5%. Ovvero, il proibizionismo non frena il consumo e il ricavo lo intascano le mafie. In Italia, in particolare, si è stimato un incasso da parte della criminalità di circa 60 miliardi di euro (dati report Sos Impresa, 27 gennaio 2010) [Antonio Pascale, La Lettura 13/1].

Antonio Pascale: «Quindi, prima cosa: togliamo almeno una parte di questi soldi alle mafie. Basterebbe depenalizzare l’uso di alcune sostanze, come la cannabis. Pensiamoci: il 14% degli italiani, di età compresa tra i 15 e i 64 anni ha fatto uso di cannabis, cioè 2 milioni e 700 mila. Un grammo di marijuana si aggira attorno ai 10 euro. Nella ipotesi migliore, cioè che i consumatori si siano concessi solo un grammo, si arriva alla cifra di 27 milioni di euro. Non è poco. Anche perché, sull’altro versante, lo Stato italiano spende molto per la lotta alla droga (secondo e terzo libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi, 2010, 2012) circa 2 miliardi di euro: il 58,3% per carcere (aumentano gli ingressi per droga, dal 28% del 2006 al 33,15% del 2011), 18,4% per tribunali e prefetture, 21,8% per attività di polizia e il restante per altre spese. [Antonio Pascale, La Lettura 13/1].

Un punto importante questo, perché, nello specifico, la repressione del consumo ha costi sociali alti e sembra inefficace. Dal Libro bianco 2012: aumentano le segnalazioni al prefetto per mero consumo personale: da 39.075 segnalati nel 2006 a 47.093 nel 2008; nel 2009, invece, il dato provvisorio era di 37.800. Dei suddetti, il 74% era in possesso di un solo spinello. Va ricordato, poi, che dal 1990 al 2010 le persone segnalate ai prefetti per le sanzioni amministrative sono state 783.278. Più che raddoppiate le sanzioni: da 7.229 nel 2006 a 16.154 nel 2010. Infine, crollano le richieste di programmi terapeutici: da 6.713 nel 2006 a 518 nel 2010.

«Insomma, considerando l’andazzo, rimodulando le norme si potrebbero almeno ottenere più benefici e meno costi sociali, ossia: previa tassazione del prodotto, l’aumento delle entrate fiscali; l’eliminazione di una buona quota di arresti; la garanzia della qualità del prodotto; più scelte per chi cerca di disintossicarsi. Poi, è chiaro: non dovrebbero essere sottovalutati gli effetti della cannabis sulla salute (deficit d’attenzione e deficit motori, ovvio: non fa bene guidare sotto cannabis), ma nemmeno esagerati. Di sicuro l’effetto «trampolino di lancio», dalle droghe leggere a quelle pesanti, sembra sia modesto, quasi zero» (Antonio Pascale) [Antonio Pascale, La Lettura 13/1].