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 2013  dicembre 13 Venerdì calendario

IL SINDACO SENZA SCARPE INCIAMPA SULLA MENSA


Proprio lui, il sindaco alternativo che governa Messina con la forza dei simboli - i piedi nudi al municipio, i lunghi silenzi new age, le magliette al posto di giacca e cravatta - su un simbolo è inciampato.

La mensa dei bambini.
Quella che l’anno scorso gettò nella polvere sindaci leghisti colpevoli di lasciare i piccoletti digiuni se le famiglie non pagavano. Adesso è lui, Renato Accorinti, l’anarchico, l’alfiere delle battaglie non violente, dell’ambientalismo, dell’antimafia, il professore di scuola che ha rinunciato alla sua indennità, a essere accusato di affamare le piccole bocche di un Comune che ha preso in mano a giugno scorso con 392 milioni di buco e il timbro di pre-dissesto.
A fare scattare le accuse è stata la delibera, firmata dall’assessore all’Istruzione Patrizia Panarello, che ha imposto un contributo per la mensa anche alle famiglie più povere, quelle con un reddito Isee che non supera i duemila euro l’anno: 80 centesimi a pasto, a fronte dei 4,40 euro a carico della fascia più danarosa, oltre i 20 mila euro. «Far pagare la mensa a questi bambini - tuona Lillo Oceano, segretario generale della Cgil di Messina - dimostra astrazione dal contesto sociale nel quale si opera, visione elitaria della società, noncuranza nei confronti di chi soffre, assenza di strumenti, cultura e sensibilità sufficienti a comprendere le condizioni di vera difficoltà economica».
L’opposizione si scatena, agitando spettri dickensiani: bambini con il panino vuoto in mano e il naso incollato alla mensa a guardare i compagni pingui che si abbuffano. Piccoletti magri e affamati respinti da maestre che nascondono le lacrime. In realtà niente di tutto questo: le 700 famiglie a basso reddito hanno scongiurato il rischio di tenere i figli a pancia vuota, pagando gli ottanta centesimi a pasto. In totale 16 euro: perché il provvedimento vale soltanto per venti giorni, fino al 23 dicembre, il tempo di predisporre il bilancio 2014 ed elaborare a gennaio un nuovo bando.
Ma l’inciampo resta, aggravato dai consigli naïf del sindaco: «Rimango convinto che la cosa migliore sia portarsi i panini da casa, ai costi più bassi possibili, perché il cibo della mamma è il più buono del mondo. Quando portavo i miei bambini in gita, per non andare nei ristoranti costosi dove dopo un’ora di attesa ti davano una cotoletta che potevi sbattere al muro, gli facevo portare due panini. Ho fatto così per decenni».
Il ricordo da buon padre di famiglia non ha sedato gli animi, anzi. Più convincenti sono apparse le spiegazioni tecniche dell’assessore, la quale ha detto che, in una situazione di pre-dissesto, il Comune è obbligato a chiamare i cittadini a coprire il 36% del costo dei servizi. Le strade erano due: o esentare i più poveri e spalmare la cifra sulle quattro fasce di reddito più alte, o chiamare a contribuire anche i meno abbienti, che rappresentano ben il 40% del totale. Si è scelta la seconda strada. «Non eravamo contenti né del tutto convinti, ma ci siamo fidati, forse sbagliando - dice l’assessore - di dirigenti scolastici che ci invitavano a cancellare la fascia di chi non versava niente. Sembra che molti ne approfittassero, che in realtà non avessero redditi così bassi. In ogni caso, per la prima volta nella storia di questa città, adesso pagano tutti, senza alcuna morosità. E nessuna delle famiglie ha protestato».
Accorinti, in realtà, l’aveva pensata diversamente, la mensa. Qualcosa di etico, di autogestito, con le scuole a coltivare l’orto, a fare i formaggi, a cucinare prodotti a chilometri zero. Peccato che normative e regolamenti gli abbiano fatto abbandonare i sogni new age. «E poi vai a vedere qual è lo scandalo? Abbiamo dato questo pasto a 80 centesimi - si difende -. Sfido il mondo a dirmi se qualsiasi bambino non ha un panino asciutto in casa che costa almeno 80 centesimi. Detto questo, al prossimo bando mettiamoci tutti intorno a un tavolo: potremo fare meglio».