Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 13 Venerdì calendario

CON POMPEI CI FANNO I SOLDI GLI INGLESI


I muri di alcuni edifici di Pompei cadono a pezzi tra l’indifferenza di tutti. Chissà perché, per un crollo simile a quelli di questi ultimi mesi, l’allora ministro dei beni culturali, Sandro Bondi, allora Pdl, dovette dimettersi precipitosamente dall’incarico mentre oggi i ministri (a ragione, intendiamoci) non si staccano dalla loro poltrona, né vengono invitati da nessuno a farlo, qualsiasi sia l’entità dello smottamento.
La città di Pompei, recuperata dal sudario di lava che l’ha miracolosamente conservata nei secoli, è ritornata, in questi giorni, al centro dell’attenzione del mondo intero per due motivi. Il primo è la grande mostra organizzata a Londra sulla base di reperti meritoriamente forniti dall’Italia, molti dei quali si trovano addirittura rintanati nei nostri depositi. La mostra inglese, allestita come si deve, bisogna pur dire, ha suscitato un enorme interesse ed è stata visitata da oltre due milioni di persone. È stata un successone.
Non si capisce perché non sia stata allestita a Napoli o a Milano o a Roma. Ma, visto che noi non l’abbiamo promossa, anche la mostra londinese è benvenuta perché, in un modo o nell’altro, serve agli interessi italiani. Essa infatti ha acceso su Pompei il faro dell’opinione pubblica internazionale e quindi ha finito per pubblicizzare (a costo zero per l’Italia) un sito archeologico che è unico al mondo e che finirà, prima o poi, per essere visitato da una parte dei visitatori della mostra o da chi, leggendo giornali e vedendo i filmati, ne è rimasto incuriosito.
L’altro aspetto è che la Bbc (che è una sorta di Rai inglese) ha preso al volo l’occasione per fare su Pompei un film-documentario eccezionale, destinato al mercato di tutto il mondo, e che è stato realizzato utilizzando tutti gli artifici che sono resi disponibili dalle moderne tecniche digitali. In Italia invece la Rai non muove dito su queste grande produzione culturali. Un sogno di Franco Zeffirelli (che si sarebbe venduto come il pane nel mondo), quello di fare un film Rai sulla Cupola del Brunelleschi a Firenze, è rimasto alla stato di sogno anche se il canone dovrebbe giustificare produzioni di qualità sul bello e il grande che il nostro paese ha fatto per la cultura del mondo. Ma noi preferiamo altro. E, quando siamo a corto di idee, ci autoflagelliamo. O meglio, flagelliamo chi ci sta vicino. Specie se è di un altro partito.