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 2013  dicembre 13 Venerdì calendario

TUTTO L’AMORE CHE MI HA DONATO BACH


Ogni storia d’amore fiorisce su un dettaglio – un luogo, un evento, una persona – che ha permesso il riconoscimento fra i due innamorati. Per Paolo e Francesca, i tragici personaggi dell’Inferno di Dante, «galeotto fu il libro». Per Ramin Bahrami e Maria Luisa Veneziano, galeotto fu Bach.
Chi sono Ramin Bahrami e Maria Luisa Veneziano? E che cosa c’entra con loro il sommo musicista tedesco? Raccontiamo la storia dall’inizio...
Ramin Bahrami, 37 anni il 27 dicembre, è un grande pianista di origini iraniane “adottato” dall’Italia. Una borsa di studio, infatti, gli permise di compiere gli studi al Conservatorio di Milano quand’era ancora ragazzo. In quegli anni lo raggiunse una notizia terribile: il padre, vittima della Rivoluzione iraniana, era morto in carcere. «Per infarto», recitava la laconica spiegazione ufficiale... Aveva tatto in tempo a lasciare al suo Ramin un’eredità preziosa e, quella sì, immortale: «Ama tutti i grandi maestri, ma frequenta soprattutto Bach, che non ti lascerà mai solo». Un testamento e una profezia: il talento di Ramin prende forma, conosce il successo, è invitato a suonare in tutto il mondo dalle più prestigiose orchestre, incide Cd che si insinuano in classifica fra i divi del pop e del rap. L’ultimo, consacrato alle Invenzioni e sinfonie dell’amato Bach, è un’epifania di gioiosa spiritualità.
E Maria Luisa? È la donna che Bahrami ha sposato nel luglio scorso, un’organista che ha suonato per Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Graziosa, gentile, ci ha accolto insieme ai genitori e al marito nella sua casa di Roma, dove, alle pareti, si scorgono le foto di lei bambina che riceve una carezza di Karol Wojtyla. Un segno del destino.
Resta da spiegare perché mai galeotto fu Bach. «È iniziato tutto nell’ottobre dell’anno scorso», dice Maria Luisa. «Mi ero iscritta a un corso di specializzazione tenuto da Ramin, naturalmente su Bach. Lo ammiravo per le sue incisioni, ero tormentata dal giudizio che avrebbe espresso su di me un personaggio così illustre, ma qualcosa mi spingeva a tentare. Alla selezione, appena smisi di suonare, alzai lo sguardo per cogliere la sua reazione e mi investirono due occhioni, uno sguardo profondo come una Tac. In seguito, non mancò di inviarmi piccoli segnali, ma, finito il corso, ci perdemmo di vista: per me era il maestro e basta». «Sì, ci siamo persi di vista per mesi», conferma lui. «Per colpa dell’organizzatore, ero convinto che lei fosse già fidanzata. E io sono un uomo all’antica...».
Alla vigilia del saggio riservato ai corsisti, Maria Luisa e Ramin tornarono a parlarsi su Facebook, dove lei è presente con il nome “Marie Louise Bach”... «E ora siamo sposati», chiosa lei con gli occhi che sorridono. «Di certo, Bach è stato il testimone del nostro incontro, perché la sua musica ci ha insegnato il dialogo e il rispetto ed è valsa più di molte pizze e uscite».
UN CUMMINO CHE PARTE DA LONTANO. Un altro grande evento ha illuminato la vita di Ramin in questi tempi: la conversione al cattolicesimo. «In realtà sono arrivato in ritardo, perché il percorso è iniziato all’età di 20 anni», spiega. «Reduce da una tournée in Messico, mi trovai esaurito e vuoto. Volevo annullare il concerto che dovevo tenere in una chiesa di Portogruaro. Fino a due minuti prima non volevo suonare. Mi trascinai nella sagrestia che fungeva da camerino e vidi un santino sul pavimento. C’era L‘immagine di Cristo che diceva: “Amami come sei”. Conosco le tue miserie, la tua malattia, ma amami come sei. Fu una folgorazione: feci uno dei concerti più pieni di luce di sempre. Cristo era entrato allora nella mia vita e rincontro con Maria Luisa mi ha indotto a rendere pubblica la mia conversione».
Nella quale, l’avrete impaginato, Bach ha avuto un ruolo centrale. «La sua musica è luce, bellezza, bontà. Dove c’è lui, c’è l‘amore, non c’è spazio per l’odio», commenta Ramin. «Le Invenzioni e sinfonie che ho inciso sono l’esempio più lampante di dialogo in musica: tante voci si scambiano ruolo, si cercano, si ascoltano senza che mai l’una prevarichi sull’altra. È un’arte ecumenica, c’è posto per tutti, ogni elemento è necessario e ha dignità; non è chiamato a omologarsi, bensì a manifestarsi per quello che è. L’opera bachiana è un mondo ideale nel quale musulmani e cristiani si rispettano. Oriente e Occidente si confrontano senza conflitti. Finché non saremo tutti fratelli e anche una sola persona soffrirà – è il messaggio di Bach – non avremo ancora fatto nulla».