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 2013  dicembre 13 Venerdì calendario

LA PROVA DEL NOVE SI CHIAMA EVASIONE


Uno dei motivi della cosiddetta “crisi dei talk show”, prosecuzione con altri mezzi della crisi della politica, è il fattore B. Dove B non sta per Berlusconi, ma per “bisognerebbe”. Da vent’anni i politici, sempre gli stessi, si accomodano negli studi televisivi, si atteggiano ad analisti e a commentatori super partes o piovuti da Marte e iniziano a sgranare un rosario di “bisognerebbe fare”, “bisognerebbe riformare”, “bisognerebbe affrontare”. Provocando anche nello spettatore più distratto un fastidioso prurito alle mani, preceduto o seguito da una domanda scontata: “Ma questi signori non li paghiamo profumatamente da vent’anni per fare, riformare e affrontare?”. È anche questa la ragione del trionfo di Renzi e del buon risultato di Civati alle primarie aperte di domenica scorsa. Non perché siano portatori di chissà quali idee geniali, ma perché quando dicono qualcosa nessuno può sbattergli in faccia il fatidico “dov’eri tu in questi vent’anni?”. Per una ragione simile, anzi a maggior ragione, Grillo ha tanto seguito: negli ultimi vent’anni era “contro”. Anche da comico. Ora però Renzi sa che per lui questa luna di miele avrà breve durata. Tra qualche mese, se nessuno noterà cambiamenti nella propria vita fra il “prima di Renzi” e il “durante Renzi”, inizierà a pensare al “dopo Renzi”. Ed è difficile cambiare la vita della gente facendo il segretario del Pd, per giunta costretto a sostenere un governo che non sente suo. E non basta voler “dettare l’agenda” al governo Letta se l’agenda non è chiara, o è sbagliata. Il taglio dei costi della politica per un miliardo è un lodevole proposito, ma solo per dare alla politica la credibilità necessaria a chiedere agli italiani altri sacrifici. Ci vuole ben altro del vago jovanottismo renziano per sciogliere il primo nodo della politica dei prossimi anni, a partire dal 2014, cioè da subito: in base agli impegni presi con l’Europa, l’Italia dovrà rastrellare una trentina di miliardi all’anno. La domanda che esige molto più del classico “bisognerebbe” è semplice: chi paga il conto? In quali tasche pensa Renzi di andare a prendere quella montagna di quattrini? Lavoratori, pensionati e contribuenti onesti hanno già dato. E non basta ripetere loro che “ridurre le tasse non è di sinistra” (anzi sarebbe meglio dire: è di buonsenso). Anche perché, riducendo oggi le tasse, i 30 miliardi da recuperare diventano subito 40 o 50. E chi paga? Tagliare i costi della politica o gli sprechi che tutti dicono di voler ridurre (salvo poi espandere vieppiù la spesa e il debito) è cosa buona e giusta, ma fa recuperare troppo poco. Per esser credibili , quando si parla di risparmi dell’ordine di decine di miliardi l’anno, bisogna affrontare due tabù che affratellano la destra, il centro e la sinistra, Renzi compreso: mafia ed evasione. Cioè due serbatoi di nero da 3-400 miliardi annui, a cui nessuno ha mai avuto il coraggio o la forza di attingere. Basterebbe recuperare un decimo di quei patrimoni occulti per risolvere gran parte dei problemi. Sui beni mafiosi molto stanno facendo le forze dell’ordine e i magistrati, tant’è che uno dei motivi del timore di nuove stragi in Sicilia è legato proprio a questo. Ma tra il sequestro, la confisca e l’effettivo recupero di quei beni c’è di mezzo il mare, perché lo Stato è incapace di farli fruttare come dovrebbe e potrebbe aumentando l’efficienza dei suoi apparati. Sull’evasione, soltanto per quella già accertata fra il 2000 e il 2012, Equitalia deve incassare 545,5 miliardi, ma non ci riesce se non al ritmo ridicolo del 4-5 per cento annuo. L’isola del tesoro è lì a portata di mano, ma nessuno allunga la mano. Lo Stato sa chi sono centinaia di migliaia di evasori, sa quanto hanno evaso, ma gli lascia il maltolto. Tutti sappiamo cosa “bisognerebbe” fare: recuperarli. Sappiamo anche quale prezzo si paga: si perdono i voti dei ladri. Ma sappiamo pure quale vantaggio si ottiene: si prendono i voti degli astensionisti onesti e si rende un servizio al Paese. Se Renzi non è un finto innovatore, potrebbe provarci: sarebbe la prima volta. Magari prima di diventare l’ennesimo leader del centrosinistra ucciso dal fattore B. (come Bisognerebbe).