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 2013  dicembre 08 Domenica calendario

FACCI-TRAVAGLIO, LA GUERRA FINISCE IN TRIBUNALE


La guerra giudiziaria tra i giornalisti Marco Travaglio e Filippo Facci è arrivata alle sue ultime battute. La prima sezione civile del Tribunale di Milano nei prossimi giorni si pronuncerà in merito alla causa che il vicedirettore del "Fatto Quotidiano" nel 2011 ha promosso contro la Società Europea Editrice, che edita il quotidiano "Il Giornale". Il termine per l’emissione della sentenza è stato infatti fissato al prossimo 23 dicembre. Travaglio chiede un risarcimento dei danni non inferiore a 350 mila euro per il carattere diffamatorio e lesivo della sua reputazione e della sua immagine di una serie di articoli pubblicati tra marzo 2008 e dicembre 2009 sul Giornale, oltre alla condanna della società editrice al pagamento di 50 mila euro a titolo di riparazione pecuniaria. "Da diversi anni, con cadenza quasi giornaliera - spiega l’avvocato Caterina Malavenda, legale del "Fatto Quotidiano" - il quotidiano "Il Giornale", indipendentemente da chi lo diriga, dedica grande attenzione al giornalista Marco Travaglio. Con editoriali, articoli, lettere e risposte sono stati portati nei suoi confronti attacchi diffamatori, sovente caratterizzati da insulti personali e sul suo conto sono state diffuse notizie false e denigratorie". Per ridurre i tempi processuali, Travaglio ha deciso di convenire in giudizio solo la società editrice, che potrà poi rivalersi eventualmente nei confronti di giornalisti e direttori. Il giornalista "che si è distinto per numero e gratuità degli attacchi" è stato individuato in Filippo Facci. "Da anni si dedica a Travaglio non esercitando il sacrosanto diritto di critica, ma divulgando fatti falsi, senza porre la benché minima attenzione alla realtà effettiva o abbandonandosi all’insulto gratuito, essendosi dato questo compito - si legge nell’atto di citazione - Addirittura rivendicando questa sua missione come un "dovere morale"". "Mi occupo di Travaglio perché qualcuno deve pur farlo - scriveva lo stesso Facci in un editoriale del 30 settembre 2008 - Un partigiano le cui faziose requisitorie vengono riportate sull’enciclopedia Wikipedia come fossero Vangelo, un tizio che molti giovani disperati credono davvero sia un giornalista anziché un mercante di suggestioni". Nell’atto di citazione in giudizio vengono elencati tutti gli epiteti utilizzati da Facci, di volta in volta, nei suoi articoli: "Il cabarettista del Travaglino, il fighetta che fa contradditorio solo con lo specchio. Scarabeo stercorario del giornalismo italiano. Idolo degli analfabeti che dello sfottò dei difetti fisici altrui ha fatto letteratura per celebrolesi, lui che ha un fisico da verme solitario. Presunto collega, fascistello, cialtrone, è la faziosità pura, è un mascalzone perché mente. O è un falsario oppure è un disinformato". E via dicendo. Per l’avvocato Malavenda si tratta di una "reiterata e grave diffamazione, condotta mediante una vera e propria campagna di stampa, della quale Filippo Facci rappresenta la punta di diamante. Travaglio viene gratuitamente insultato, mediante l’uso di epiteti offensivi, viene accusato di aver trascorso e fatto trascorrere alla propria famiglia vacanze con favoreggiatori di mafiosi, facendosi pagare le spese da un affiliato a tale associazione. Viene accusato di essere il mandate morale dell’aggressione ai danni del Presidente del consiglio. Viene deriso per le proprie opinioni, anche mediante la denigrazione del suo pubblico e dei suoi lettori e ridotto a mero portavoce di uomini politici e magistrati". In sostanza Travaglio "è pronto a riconoscere il diritto di critica a quanti non condividono i suoi interventi pubblici o che non apprezzano il contenuto dei suoi libri, ma non è disposto a lasciare che, in nome di una distorta concezione della libertà di stampa, alcuni giornalisti, e uno in particolare, continuino impunemente a offenderlo".

Dal canto suo la società editrice de "Il Giornale" ha invocato l’applicazione del legittimo esercizio del diritto di critica. Gli articoli sarebbero "privi di carattere diffamatorio e comunque leciti anche in considerazione della posizione dei soggetti coinvolti nella querelle". "Travaglio - spiega l’avvocato Valentina Ramella, legale della Società Europea di Edizioni, nella comparsa di costituzione - deve essere ritenuto personaggio pubblico che ha sempre manifestato apertamente le proprie opinioni, senza risparmiare commenti e giudizi, invocando lui stesso quel diritto di critica e di satira che oggi non riconosce ai giornalisti che scrivono o hanno scritto sul Giornale. Spesso si è rivolto dalle pagine dei quotidiani che lo hanno ospitato con toni ed espressioni dispregiative nei confronti di alcuni colleghi". Aveva definito proprio Filippo Facci "biondo mechato" e "Yoko Ono di Craxi" o ancora "roscione mechato". "Che vi sia un rapporto "conflittuale" tra i due giornalisti, che spesso ha portato entrambi ad esasperare i toni di una critica reciproca, è circostanza pacifica - spiega l’avvocato Ramella - Ma tale conflitto non dovrebbe trovare sfogo nelle aule giudiziarie". Si fa poi riferimento alle espressioni ritenute offensive utilizzate dallo stesso Travaglio nei confronti di altri giornalisti del Giornale. "Il Feltri-serpente, Belpietro pioniere dell’informazione a cazzo". La redazione è poi definita "dadaista" e "avara di notizie" ma impegnata a regalare "momenti di ilarità, buonumore e spensieratezza" essendosi garantita "un’ampia franchigia che consente loro di sparare la prima cazzata che passa per la testa, nell’assoluta certezza che nessuno ci fa più caso. Non solo non sono tenuti a scrivere cose vere, ma nemmeno verosimili". "È evidente come un giornalista che ha utilizzato un linguaggio così aggressivo nei confronti di un determinato gruppo di colleghi - si legge nelle repliche del legale del Giornale - non possa poi sostenere legittimamente di aver subito addirittura un danno nel leggere articoli in cui lui stesso diventava oggetto di critica da parte di chi aveva criticato".