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 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

CAMPIDOGLIO E PALAZZO MARINO FUORI CONTROLLO QUI ROMA I DEBITI AL COMMISSARIO POI TAGLI E DISMISSIONI


Far quadrare i conti del Comune, senza alzare le tasse e senza chiedere soldi allo Stato. È la cordicella da equilibrista sulla quale si muove, in questi giorni, Ignazio Marino che da quando si è insediato — elezioni vinte il 10 giugno — ha aspettato più di cento giorni prima di dedicarsi anima e corpo alla vera emergenza di Roma: la necessità di reperire, da qui al 30 novembre, la bellezza di 867 milioni per far quadrare i conti. Un «buco» sul quale, come spesso capita, è scattato il rimpallo di responsabilità: secondo il centrosinistra la colpa è della precedente amministrazione Alemanno, per il centrodestra il debito è «imputabile» ai tagli operati dal governo Monti. Sta di fatto che mancano meno di due mesi per approvare il Bilancio, altrimenti il Campidoglio rischia il commissariamento e il default economico.
Notizia che, nel mondo, avrebbe ripercussioni incredibili sul piano internazionale. Per questo, da settimane, i tecnici del ministero dell’Economia, insieme allo staff di Marino, sono al lavoro per individuare una norma «salva-Roma» da inserire probabilmente nella legge di Stabilità, che consenta al Comune di chiudere la manovra e al governo di non sborsare altri soldi. Una nuova riunione dovrebbe esserci ad inizio settimana e, compatibilmente coi suoi impegni, potrebbe esserci anche Fabrizio Saccomanni. Manca ancora il via libero definitivo, ma nell’ultimo vertice a via XX Settembre, venerdì scorso, si è individuata una strada: passare attraverso la regolazione dei rapporti finanziari tra gestione commissariale e Roma Capitale.
Già, perché il Comune di Roma è sottoposto ad un piano di rientro governativo. Successe nel 2008, cinque anni fa, quando Alemanno ottenne dal governo Berlusconi (c’era Tremonti al Tesoro) di «scorporare» i 12 miliardi di debito ereditati dal vecchio centrosinistra (Rutelli prima, Veltroni dopo) e non solo, e di ripartire sostanzialmente da zero. Come commissario, venne nominato Massimo Varazzani, classe ’51, manager pubblico, ex Cassa depositi e prestiti, ora in Fintecna. È lui che, cinque anni dopo, può diventare l’uomo chiave nella nuova trattativa tra Comune e governo: «Ci stiamo lavorando, ma sono un uomo dello Stato. Fino a che non abbiamo definito tutto, non parlo», spiega al telefono Varazzani. L’ipotesi, comunque, è che buona parte degli attuali 867 milioni di deficit finiscano all’interno della gestione commissariale: tra le altre voci di spesa, potrebbero finirci anche i pagamenti dei mutui contratti per finanziare la metro C, una delle opere più costose d’Europa, lievitata fino a 3,5 miliardi di investimento e con un futuro quanto mai incerto.
In questo modo, il Comune «scaricherebbe» circa 400-450 milioni. E altri 100-140 potrebbero arrivare dallo sblocco sui fondi del trasporto pubblico locale: soldi che ora passano per la Regione Lazio, ma che sono vincolati al rientro del piano sanitario che sta portando avanti la giunta del governatore pd Nicola Zingaretti. In questo modo, si arriverebbe a circa 600 milioni. Ne mancherebbero altri 260. Dove reperirli? L’assessore al Bilancio di Roma, Daniela Morgante (avvocato, classe ’73, in forza alla Corte dei Conti) aveva proposto delle simulazioni con l’aumento dell’Imu prima casa da 0,5 a 0,575 o 0,6 e un incremento dell’addizionale Irpef da 0,9 a 1,2. Misure da 130-150 milioni ciascuna, «bocciate» però da Marino: «Non sarò il sindaco delle tasse, piuttosto me ne vado», aveva detto il sindaco in una riunione. E, anche ieri, il primo cittadino ha ribadito di voler intervenire «solo con tagli alla spesa». Per questo, su richiesta del Campidoglio, la Ragioneria generale dello Stato ha messo «sotto inchiesta» i conti del Comune: «È la risposta — spiegano in via XX Settembre — alla richiesta che ci fece Marino di “certificare” il bilancio. Questo non lo possiamo fare, la verifica sì». Si annunciano tagli pesanti sulla spesa pubblica, col rischio che venga toccato anche il welfare. E, per il 2014, l’idea è quella di una revisione completa della «macchina Comune». Meno dipendenti, usando le deroghe alla legge Fornero per prepensionare circa 4 mila lavoratori, meno palazzi di proprietà (almeno una cinquantina verranno messi in vendita), meno affitti da pagare, meno società partecipate col rischio di chiusura per alcune aziende di totale proprietà del Campidoglio. Sperando che la «cura da cavallo», dal 2014 in poi, basti a riportare in linea di galleggiamento i conti comunali.