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 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

LA LEZIONE DI VITA DELLA FILA “COSI’ ASPETTARE IL TURNO CI RENDE PERSONE MIGLIORI”


Fare la coda fa bene alla vita. Noi italiani evidentemente non lo capiamo, infatti spintoniamo e ci ingegniamo per evitarla. E forse anche per questo la nostra vita non ci soddisfa tanto. Ma il primo studio scientifico sulle conseguenze del fenomeno rivela che, ad aspettare disciplinatamente il proprio turno in fila, si diventa più pazienti, si prendono le decisioni più giuste (anche dal punto di vista finanziario) e si ricava maggiore gratificazione. Dovremmo imparare dagli inglesi, per citare un popolo che fa di tale civilissima abitudine una delle sue caratteristiche nazionali.
Non sono gli inglesi, tuttavia, bensì una psicologa americana della University of Chicago School of Business, Ayelet Fishbach, ad avere condotto la ricerca che svela i segreti dell’“arte di stare in coda”, pubblicata dal Journal of Organizational Behaviour and Human Decision Processes.
La studiosa ha condotto un esperimento con tre gruppi di volontari, offrendo ricompense in denaro di diversa entità, da ottenere attendendo tempi differenti. Nei test ha riscontrato che chi aspetta di più assegna maggior valore allo scopo dell’attesa, compie la scelta giusta in termini di vantaggio economico e ne trae più soddisfazione personale. «In genere la gente tende a dare maggior valore alle cose che si ottengono subito, sottovalutando i meriti di ciò che si può ottenere in futuro », dice la scienziata, una teoria che suona come un avallo del noto detto “meglio un uovo oggi che una gallina domani”. Ma se aspettando un po’ puoi veramente procurarti la “gallina”, è ovvio che sia questa la decisione più conveniente. Ed è anche quella che, con il senno di poi, produce gratificazione e genera pazienza. «È il risultato di un processo che gli psicologi chiamano auto-percezione», spiega la professoressa Fishbach. «Valutando il nostro stesso comportamento apprendiamo quello che vogliamo e che preferiamo fare, nello stesso modo in cui ci facciamo un’impressione del prossimo osservando come si comporta».
È una conclusione su cui ironizzano proprio gli inglesi, presunti maestri dell’attesa ordinata: «Dovremo tornare più tardi», dice il marito alla moglie dentro all’ufficio postale, in una vignetta pubblicata dal a commento della ricerca, «purtroppo non c’è la coda». Nessuno ovviamente reagisce con entusiasmo quando vede una coda di dieci persone davanti a sé, nemmeno i sudditi di Sua Maestà, la cui propensione a rispettare il turno senza protestare, e ad accodarsi a chi sta davanti senza sgomitare, alla fermata del bus come in banca o in qualsiasi circostanza, è diventata proverbiale.
Effettivamente, la fila è nata in Inghilterra: si sarebbe sviluppata con la rivoluzione industriale, come effetto di una società più urbanizzata e ordinata. Ultimamente, però, forse come risvolto della globalizzazione, anche gli inglesi sembrano meno disposti a mettersi in coda: nel 2005 seimila persone hanno travolto le transenne all’apertura di un negozio dell’Ikea a Londra, nel 2007 tremila hanno fatto a botte per chi entrava per primo in un grande magazzino della capitale che prometteva sconti speciali e nel febbraio scorso è stata chiamata la polizia per arginare la folla all’ingresso di un concerto di Beyoncé a Manchester. Ma un recente sondaggio conferma che stare in coda è considerata dagli inglesi una delle proprie caratteristiche nazionali, insieme a ubriacarsi nei pub e parlare del tempo. Nessuno è perfetto: consoliamoci così, noi italiani.