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 2013  luglio 10 Mercoledì calendario

GLI ASSASSINI DEI GIORNI DI FESTA


QUESTA È UN’INDAGINE su un delitto mai commesso. Almeno stando al codice penale. Comincia una mattina in cui mi sveglio a Bologna, a casa dei mie genitori. Mia madre prepara la colazione, mio padre posa sul tavolo un quotidiano. Con un riflesso che non avrei se non fossi lì, sfoglio la cronaca locale. Mi colpisce un fatto di nera: una donna è stata trovata morta, assassinata. Il corpo, vestito di una tuta o un pigiama, è stato rinvenuto in un congelatore, acceso. Il congelatore era in camera da letto. La camera in una casa signorile, a un indirizzo che conosco bene. La vittima aveva 39 anni, era (stata) commercialista.
Mi colpiscono i dettagli. Il cadavere nel congelatore. Chi ce l’ha messo conosceva bene la casa, ha progettato l’omicidio pensando che quel nascondiglio poteva procurargli qualche giorno di vantaggio prima della scoperta e delle ricerche: nessun odore, nessun allarme. Non se la donna era solitaria, senza un lavoro stabile. Il congelatore è il fulcro della vicenda. Anzitutto, perché averne uno? Un ingombro del genere fa pensare a famiglie numerose che immagazzinano spese settimanali per imbandire tavole affollate. La sua presenza nella casa di una donna senza figli suggerisce un disturbo, quanto meno economico. Un congelatore in camera raddoppia la perplessità. Se davanti al letto hai uno specchio, probabilmente fai sesso. Se hai un televisore, dormi. Se hai un congelatore, muori. E muori prima di morire. C’è qualcosa che non va. C’è una vita che qualcuno, anziché riscaldare, rattrappisce. Ne fa una frattaglia, coperta di brina.

CI SONO CASI, TROPPI, in cui gli investigatori sono goffi. Partono male e accumulano ritardi. A Bologna, mi spiace dirlo, accade spesso. Non sembrava difficile: l’assassino, è evidente, era molto vicino a Silvia, così si chiamava la donna ibernata. Ce l’aveva un compagno? Andate a prenderlo. L’hanno fatto, con colpevole lentezza. L’hanno acciuffato dietro un cespuglio della sua Sardegna, dove si era rifugiato dopo aver inquinato prove e cancellato tracce. Si dichiara innocente. Dubito che lo sia, ma sarà un processo a stabilirlo. Per l’accusa di omicidio tradizionale, almeno. C’è un altro reato, che quell’uomo ha commesso e per il quale non esiste punizione.

GIORNI DOPO, TRA GLI ELEMENTI del giallo, è affiorato un diario on line di Silvia. Affidava i suoi pensieri a un blog chiamato Latte versato. Scriveva in una forma insolita. Usava il «tu», rivolgendosi evidentemente al compagno. Invece di dirgli in faccia quel che provava lo postava in un luogo dove lui difficilmente sarebbe arrivato. Erano messaggi in bottiglia lanciati su uno scoglio: «Tu mi tieni sotto pressione dicendo che mi controlli telefoni e mail, questa è violenza», «Mi hai fatta seguire? Ma siamo pazzi?», «Dico che non ho voglia di rapporti, ma tu mi tocchi, mi molesti, poi mi dici che vuoi essere chiamato amore».

FA UNA PENA INFINITA leggere queste parole che dovevano essere urlate e invece sono state scritte in una stanza chiusa. Arrivano da lì, da un congelatore. E mi fanno pensare a quante altre volte le ho sentite. Amiche che raccontavano: «Ieri ho rischiato uno schianto in autostrada. Ho risposto al cellulare, lui me l’ha strappato, ha visto il nome del mio ex sul display, l’ha buttato dal finestrino, ho cercato di fermarlo, il volante ha fatto sterzare l’auto, abbiamo strisciato il guard rail, per fortuna era notte, non c’era nessuno...», «Lui ha creato il falso profilo di un mio amante mai dimenticato, ha cominciato a scrivermi fingendosi lui, quando ho risposto, in maniera perfino innocente, ha dato di matto, mi ha incendiato le tende, se non spegnevo in tempo il fuoco...», «Ha voluto la lista di tutte le persone con cui ho fatto sesso e le ha chiamate, una per una».

SUCCEDE, IN QUALCHE CASO, che dalla parte del persecutore ci sia una donna. Capita, ma è raro: diciamo una volta su dieci. È incredibile la pazienza che inducono questi soggetti. Sono degli illusionisti. Fanno credere che il sentimento sia questa doccia fredda per bipolari: baci e morsi non concordati. Che la passione comprenda anche l’ingrediente dell’ossessione, strappato invece alla ricetta della follia. La fanno franca per debolezza altrui e perché non esiste un articolo del codice penale che punisca il reato di sequestro psicologico di persona. Per che cosa li denunci: perché (come ti hanno convinto) ti amano troppo?

ESSERE INDULGENTI CON la loro manovra di asfissiamento è un atto di masochismo. Non intervenire perché non ci sono gli estremi di reato una scelta pilatesca della società. Certo, questi non sono assassini, non ancora. Ma possono essere definiti in un altro modo, molto vicino. Lo prendo a prestito dal titolo di un romanzo di un autore argentino poco conosciuto, che amo molto. Marco Denevi. Sono «assassini dei giorni di festa». Spengono i sorrisi, assiderano i sentimenti, uccidono l’amore. Non esiste solo l’omicidio del corpo, c’è anche quello dell’anima. Il codice penale dovrebbe prevederlo e punirlo.