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 2013  luglio 10 Mercoledì calendario

IL MIO LEONE


[Morena Zapparoli]

«Difenderò la sua memoria». Morena Zapparoli lo aveva detto pochi giorni dopo la morte del marito, Gianfranco Funari, il 12 luglio del 2008, quando uscì la notizia (falsa) secondo cui il conduttore televisivo era stato un massone. Lo ha fatto di nuovo, a 5 anni di distanza, quando uno speciale andato in onda su Rai Storia, canale diretto da Minoli, si è rivelato quello che lei, in una lettera indirizzata al Fatto quotidiano, ha definito «damnatio memoriae», una condanna della memoria.
Qualche giorno dopo, ci incontriamo in un ristorante milanese. Per parlare di quella lettera e della sua storia con Gianfranco Funari, a 5 anni dalla morte.

Perché ha sentito il bisogno di intervenire? In fondo è passato tanto tempo.
«Perché ho provato una grande amarezza. Non ho capito per quale motivo abbiano costruito una trasmissione così di parte. A danno di una persona che è morta e che non può più difendersi».
Lei però una teoria sulle motivazioni ce l’ha. Prendersela con un morto sarebbe servito, secondo lei, per colpire un vivo: Beppe Grillo.
«Alla domanda se Grillo e Funari abbiano qualcosa in comune, il giornalista David Grieco ha risposto, in sostanza, che sono simili: “Due attori falliti e frustrati, entrambi cacciati via dalla Tv, guarda caso, dalla stessa persona”. Ovvero, l’allora direttore di Raidue, Giampaolo Sodano, ai tempi in quota socialista. Ma finché si tratta solo di opinioni, mi può anche stare bene. Le bugie non le accetto. Hanno detto che era un opportunista politico. In ­realtà, i potenti se li è sempre inimicati».
Mi fa un esempio?
«Quando era a Italia1, Berlusconi gli chiese di fare un’intervista “bonaria” con l’allora ministro delle Poste e Telecomunicazioni Carlo Vizzini perché era in attesa della firma per le concessioni televisive (Era il 1992, e la trasmissione era Mezzogiorno italiano, ndr). Gianfranco fu piuttosto condiscendente, salvo che alla fine fece entrare una valletta con un cuscino rosso e sopra una penna. “E questa?”, chiese Vizzini. E lui: “È per firmare le concessioni”. La dirigenza non la prese bene. Come ha sempre detto Gianfranco, la cacciata fu dovuta a un ricatto di Craxi: “Se non lo mandate via, scordatevi le concessioni”».
Funari e Grillo si conoscevano?
«Credo di sì, perché Grillo gli mandò un sms poco prima che morisse, con una frase tipo: “Forza leone, tieni duro”».
I 5 Stelle gli sarebbero piaciuti?
«Ne avrebbe condiviso in gran parte le idee. Anche lui avrebbe voluto fondare un movimento, Quarta generazione, per rinnovare la classe politica vecchia e corrotta. Ne parlò alla fine degli anni Novanta».
E perché accantonò il progetto?
«Per motivi di salute. Nel 1997, prima che lo conoscessi, lo avevano operato al cuore, gli avevano impiantato quattro bypass».
Ma ho letto che vi eravate conosciuti quando lei aveva 5 anni e lui 40.
«In realtà ne avevo 4. Io però non me lo ricordo, me lo raccontò mio padre. Gianfranco mi vide e disse: “Ma guarda che bella bimba. Ho sempre avuto fidanzate giovani. Vado a fare il giro del mondo e, quando torno, la sposo”».
E poi quando vi siete rivisti?
«Quando avevo 33 anni».
Che cosa faceva allora?
«Stavo finendo Lettere e, intanto, lavoravo part-time alla reception del centro estetico di quello che allora era mio marito. Funari veniva lì a fare la lampada al viso. Pochi mesi dopo iniziammo ad avere una relazione, finché “scappai” con lui».
Lei e io abbiamo la stessa età. Onestamente, mi riesce difficile pensare di avere una storia con un uomo di 35 anni più vecchio.
«Anch’io ritenevo impensabile provare attrazione per uno più anziano anche solo di 15, 20 anni. Evidentemente il lato intellettuale fa superare le barriere fisiche. E, mi creda, non c’entrava niente con il complesso della figura paterna. Ho sempre avuto mio padre vicino, e da due anni ho una relazione con un uomo della mia età».
Antonio. Ce l’ha un cognome?
«Presta. Nessuna parentela con Lucio (manager dello spettacolo e marito di Paola Perego, ndr). È un impiegato della Telecom. L’ho conosciuto a una cena tramite l’amico di un amico di un mio ex compagno di scuola delle medie».
L’ultimo programma di Funari, Apocalypse Show su Raiuno, nel 2007, fu un flop terribile. Perché, secondo lei?
«Diego Cugia, il capo progetto, e il direttore di rete, Fabrizio Del Noce, gli imposero un format che non era nelle sue corde. Doveva recitare a memoria lunghi monologhi, scritti dallo stesso Cugia, dove “pontificava”: non c’entravano niente con lui. È vero che avrebbe potuto dire di no, ma era la sua occasione di avere un palcoscenico importante dopo 11 anni (durante i quali aveva lavorato per il canale Odeon, ndr)».
Come mai lei è da sola in questa difesa della memoria? Non ci sono familiari, parenti?
«Solo la sua seconda ex moglie venne a trovarlo in ospedale negli ultimi giorni. Quando la vide, lui si spaventò. Pensò: “Allora è la fine”».
E la figlia?
«Con Carlotta (nata nel 1962 dal matrimonio lampo, una settimana circa, con la prima moglie Anna Maria Cecchetti, ndr) non andava d’accordo. Gli chiesi più volte di andare a trovarla a Roma, ma lui mi diceva sempre che preferiva lasciar stare. In ospedale lei venne una sola volta, quando ormai era in coma. Mi è dispiaciuto molto. Ci siamo riviste dopo la morte per le questioni burocratiche. E siamo rimaste in contatto. Le ho anche segnalato la trasmissione e le ho chiesto un parere: mi ha risposto di non averla vista».
Le ha lasciato qualche progetto incompiuto, carte, documenti?
«No. Neppure soldi. C’è solo la casa di Boissano, che abbiamo ereditato a metà sua figlia e io, e che abbiamo messo in vendita. A Odeon Tv, guadagnavamo in modo dignitoso, niente di più. E tutto il denaro che raccontava di aver preso ai tempi in cui lavorava in Fininvest non l’ho mai visto. Non mi credevano, ma dopo aver controllato si sono dovuti arrendere all’evidenza».
Chi ha controllato? E quel denaro che fine ha fatto?
«Sua figlia. Dove sia finito non lo so».