Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  luglio 10 Mercoledì calendario

TALPE E NUDI D’AUTORE LE BIZZARRE VITTIME DEI CENSORI DI FACEBOOK

Cielo: una talpa nuda! E con questa motivazione la misteriosa trojka che governa la censura di Facebook ha bannato la pagine di alcuni “attivisti a favore della sperimentazione animale” che avevano incautamente postato un’immagine dell’animaletto, un corpicino roseo e rugoso, tutto tranne che libidinoso.
Ma non è la prima volta che sul social network più frequentato del mondo (circa un miliardo di utenti) si abbatte una giustizia imbecille. Qualche giorno fa c’era stato il caso del santone indiano. Nudo, certo, ma di una castità imbarazzante con le sue gambe strette nel loto e gli occhi chiusi. Niente da fare: via il santone e le pagine a lui dedicate. E il gomito? Una donna in una vasca schiumosa, sorridente, mostrava una parte del corpo che finiva con una morbida punta più rosea: una tetta, una capezzolo! Via anche la signora. Era un gomito arrossato, ma pazienza.
Bannato anche l’editoriale del Foglio sui matrimoni gay perché compariva la parola “frocio”.
Via la pagina del Tribunale di Ginevra, che per accompagnare un articolo sulla ninfoplastica (chirurgia estetica delle labbra vaginali) ha usato una riproduzione de L’origine del mondo di Courbet. Via anche il Centre Pompidou, per quella donna nuda che scende le scale, così perfetta da sembrare una fotografia ma in realtà un dipinto di Gerhard Richter, esposto in quei giorni al museo parigino.
La Rete, come sempre, si costerna si indigna si impegna. Dentro Facebook nascono e si moltiplicano le pagine di protesta. Ci sono gruppi “anti” qualsiasi tipo di censura (ce n’è uno persino contro la “censura delle anime”, che non è un gruppo religioso ma gente che non capisce perché le eroine dei fumetti giapponesi non possano mostrarsi in tutta la loro bellezza). Qualcuno strilla e basta, qualcuno argomenta. Scrive l’amministratore della pagina di Ecologicalmind (60mila iscritti), bannata, che la loro unica colpa è stata il successo. Postavano fiori, cavallette, equilibristi, il video dell’incontro tra Ulay e Marina Abramovich al Moma, baci... un po’ new age, un po’ camp e del tutto innocente. Ma quella foto di Barbie e Ken (non sappiamo in quale scandalosa posa) non gli è stata perdonata: via! La verità, spiegano, è che la censura su Facebook non è affatto casuale o stupida. Dal momento che si basa su segnalazioni anonime, diventa una specie di vendetta trasversal o un gioco per troll sfaccendati.
Aldo Nove si è arreso. Pluri bannato da Facebook per motivi vari e incomprensibili, alla fine ha cancellato il suo account. Contattato dall’ufficio stampa italiano del social network, ha scoperto che loro non possono farci niente, e che tutto dipende da un misterioso ufficio a Dublino. È lì che si nasconde la trojka dei censori che vigila sulla nostra moralità. In un ufficio, zelanti impiegati reclutati in outsourcing e incattiviti da paghe vergognose, ricevono le famose segnalazioni anonime, frullano gli algoritmi e producono castighi. Qualche settimana fa una di loro, una dipendente marocchina imbufalita, pagata un dollaro l’ora, per vendetta ha messo online un documento riservato contenente le direttive di Mark Zuckerberg sul tema. Si è finalmente scoperto che c’è molta differenza tra un capezzolo maschile (consentito) e un capezzolo femminile (vietato): motivo per cui tutte le immagini di allattamento subiscono censura spietata.
Nel mondo Facebook ci si possono fare le canne, ma non commerciare marijuana. Eroina, cocaina e tutte le altre droghe: via! Niente foto seduti sul cesso o ubriachi a una festa, e soprattutto bando alla malinconia: voglio morire, o qualsiasi altra allusione al suicidio saranno sanzionate con l’eterno ostracismo dall’allegra compagnia. Giusto, ma allora perché, si chiede Aldo Nove, viene bannata Melissa P. se pubblica sulla sua pagina foto “artistiche” di donne nude, mentre si tollerano gruppi neonazisti, razzisti e odiatori molesti? Perchè Selvaggia Lucarelli no, e la pagina “stupra Selvaggia Lucarelli” sì? Dio dell’algoritmo, illuminaci e liberaci dalla tentazione di pensar male.