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 2013  luglio 10 Mercoledì calendario

STATISTICHE VENDUTE AGLI SPECULATORI REUTERS SOTTO INCHIESTA GIUDIZIARIA

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK — Per qualsiasi profano, si tratta di insider legalizzato: la vendita di informazioni che possono spostare i mercati, fornite in anticipo e a caro prezzo a pochi privilegiati. La novità, è che adesso la pensa così anche Eric Schneiderman. Procuratore generale di Manhattan, Schneiderman è il magistrato più potente sulla piazza globale della finanza. E’ un inquirente grintoso, che ha aperto diverse indagini di alto profilo. L’ultima, che ha tra i potenziali imputati anche l’agenzia stampa Reuters, riguarda proprio questo singolare “costume”: la distribuzione di statistiche economiche con tempi differenziati. La massa degli investitori ne viene a conoscenza alle 8.45 del mattino, poniamo. Ma qualcuno le sa prima di altri, perché ha pagato per un servizio “veloce”. Nell’èra del fast-trading, con programmi d’investimento automatici e computerizzati che rovesciano sui mercati migliaia di ordini di acquisto e di vendita in pochi millesimi di secondo, basta un anticipo minimo per lucrare guadagni immensi. Due secondi, per la precisione, è il vantaggio che Thomson Reuters offre ai clienti che pagano appositamente, per dargli in anticipo su tutti gli altri l’indice di fiducia dei consumatori Usa dell’università del Michigan, un dato che spesso fa salire o scendere le Borse di tutto il mondo. Questo privilegio fornito a pochi investitori sarebbe inconcepibile nel caso di statistiche governative (come il Pil o l’indice di disoccupazione) ma l’università del Michigan non è un’agenzia federale e pertanto ha sempre ritenuto di poterlo fare.
Schneiderman non è d’accordo: l’università svolge comunque il ruolo di un’istituzione pubblica, secondo il procuratore. L’avvio dell’indagine preliminare ha costretto Reuters a sospendere il suo servizio. Che non è l’unico, però. Si scopre che tra i soggetti più attivi nella “vendita di informazioni privilegiate” ci sono le stesse Borse. Per esempio il servizio AlphaFlash della Borsa tedesca dà ai suoi abbonati la possibilità di conoscere il Chicago Business Barometer con tre minuti di anticipo sul resto del mercato. Un altro trucco usato da alcune Borse: affittare a chi li vuole degli uffici adiacenti alla Borsa stessa, per lucrare sulla velocità con cui le informazioni viaggiano via cavo (se sei a pochi metri di distanza il dato ti arriva con qualche secondo di anticipo). Per Schneiderman «i mercati dei titoli dovrebbero essere dei campi da gioco uguali per tutti».
Sull’altra sponda dell’Atlantico invece lo scandalo del Libor ha trovato una conclusione (provvisoria) abbastanza clamorosa: il più importante tasso d’interesse di riferimento fissato sul mercato di Londra passa sotto controllo americano. E’ la sanzione per il crollo di credibilità dei banchieri londinesi che avevano manipolato quel tasso interbancario, sul quale vengono parametrati tanti altri rendimenti con un impatto enorme, tra cui molti mutui per la casa. Tre colossi bancari europei sono stati già condannati a pagare multe per 2,6 miliardi di dollari. Si tratta di Barclays, Ubs e Royal Bank of Scotland. La loro colpa: aver manipolato il tasso Libor per speculare sui derivati. Quello che doveva essere un tasso “oggettivo”, risultante dal mercato interbancario e usato come punto di riferimento, veniva di fatto truccato per fini di parte. Altre banche sono tuttora sotto inchiesta, incluse Citigroup e Deutsche Bank. Ieri la vicenda è giunta a una svolta, con il passaggio del Libor sotto la gestione di una Borsa americana, il New York Stock Exchange (Nyse- Euronext). Una commissione indipendente creata dal governo britannico ha preso questa decisione, che rappresenta un vero e proprio schiaffo alla City di Londra. Saranno gli americani (Nyse-Euronext è in corso di acquisizione da parte dell’IntercontinentalExchange, Borsa di derivati Usa) a dover riformare in profondità il Libor. L’obiettivo è quello di calcolare quel tasso con metodi completamente diversi: in passato era fissato attraverso una sorta di “sondaggio” tra le banche partecipanti (a cui veniva chiesto il tasso al quale prevedono di potersi finanziare), in futuro dovrebbe avvicinarsi a una media dei rendimenti reali praticati nelle transazioni di mercato. La rivoluzione deve avvenire però senza sconvolgere i contratti già esistenti basati sul vecchio Libor: un mercato che vale oltre 300.000 miliardi di dollari.