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 2013  luglio 10 Mercoledì calendario

ZERBINO COME BIGLIETTO DA VISITA

Spesso sono le piccole cose che rendono complicato vivere all’estero. Come tagliarsi i capelli, o trovare un meccanico disposto a dare un’occhiata alla tua auto, senza sottoporla a un costoso check-up generale. O comprare uno zerbino da mettere davanti alla porta. In Prussia, dove in inverno si scende anche a meno 20, e quando il termometro sale comincia a nevicare, non è una questione secondaria.
In certe case, dove non abiterei, gli inquilini lasciano le scarpe sul pianerottolo. Potete contare i componenti della famiglia, dal bimbetto alla nonna. E alcuni ti chiedono di toglierti le scarpe se entri a casa loro. Hanno la moquette o il parquet delicato. Il mio, in noce, risale alla fine del secolo, non il ventesimo, quello precedente, quando a Berlino regnava il Kaiser Wilhelm II, eppure io non chiederei mai a un ospite di togliersi i calzari. Ma abbiamo il problema dello zerbino.
«Dobbiamo comprarne uno nuovo», mi avvertì mia moglie. Ma lei e io ne volevamo uno normale, spesso, resistente, un colore elegante, e dunque semplice. A Berlino non è stato possibile. Zerbini psichedelici o ideati da un fan della pop art. O, peggio, con scritte umoristiche, o filosofiche, o politiche, o erotiche. Il nostro zerbino l’abbiamo dovuto comprare a Roma ed esportare nel regno di Frau Angela.
La Welt am Sonntag, in una lunga intervista al mago dello zerbino teutonico, mi ha svelato il perché. A cominciare dal titolo stampato su uno zerbino «I am not a doormat», cioè in inglese, non sono uno zerbino, «non sono una Fussmatte», come si dice zerbino in tedesco. Heinz Spenkuch, l’intervistato, lo trova molto spiritoso, anzi magrittiano. Personalmente preferisce la scritta «Ich bin eine Currywurst», sono una salsiccia. Non capisco la battuta, evidentemente sono e rimango uno straniero.
Spenkuch si è perfino laureato con una tesi sullo zerbino, di cui ignorava l’importanza fino al giorno in cui una vicina ad Amburgo suonò alla sua porta per protestare: «La sua Fussmatte è troppo lercia». Heinz rispose che se era sporca, dimostrava che il suo appartamento era pulito, ma si rese conto che la vicina aveva ragione.
Adesso è diventato un creativo dello zerbino, e si è arricchito sulla necessità di pulirsi le scarpe. Non ha precisato quale sia il fatturato complessivo e quanti pezzi si producano ogni anno, però spiega che non vale la pena di mettere sul mercato un nuovo modello se non si prevede di venderne almeno 100 mila pezzi. I burocrati, ovviamente, si impicciano anche degli zerbini: la misura legale non può scendere sotto i 60 x 40 centimetri, che per Spenkuch sono «una superficie di comunicazione sociale». Una Fussmatte esprime la tua personalità, i tuoi problemi, i tuoi desideri.
Si va dalla scritta «Hotel Mama», per confessare che all’interno alloggia un bamboccione, all’imperativo «Leave», al prussiano «Hier wohnt Ordnung», qui vive l’ordine, al «Bitte warten», per favore aspettate, che ricorda il refrain di un call center, alle figurine con pecore, cani, gatti, uccellini.
Ultimamente sono giunti sul mercato zerbini che ripetono le schermate del computer, in tutte le varianti. Ci sono gli appelli «Nobody loves me», nessuno mi ama, esibito da chi si riduce a cercare l’anima gemella sotto i piedi, che ha di certo dei problemi. O «Rotlichtviertel», quartiere a luci rosse, per chi si attende che suoni una squadra al completo per l’orgia. Non lasciatevi ingannare dal semplice «SM»: non sono le iniziali dell’inquilino, ma l’outing di un seguace del Marchese de Sade. E non manca il semplice «Welcome».
Le creazioni di Spenkuch costano da 38 a 200 euro, cifra che ha stupito il giornale Welt am Sonntag. «Ma alcuni li comprano per appenderli in salotto, come un quadro o un arazzo», spiega orgoglioso l’artista. Io non mi ricordo quanto ho pagato il mio, ma trovo che sia il più elegante di Berlino, anche se è muto. Forse c’è un mercato da esplorare per i produttori di zerbini italici.