Cesare Maffi, ItaliaOggi 10/7/2013, 10 luglio 2013
PERCHE’ SACCOMANNI È TRITURATO
Anche se le violente bordate arrivate a Fabrizio Saccomanni da svariati esponenti del Pdl sono o saranno zittite per interventi non pubblici di Silvio Berlusconi, nessuno prevede che il percorso del ministro tecnico sia facile. Bisogna, infatti, inserire le vicende di Saccomanni nelle più generali esperienze dei suoi predecessori.
Ci si accorgerà, allora, come nella politica italiana (ove fin troppi episodi sono ricorrenti) la peculiare condizione del titolare dell’Economia si presti a incessanti (e spesso motivati) assalti.
Le ragioni sono essenzialmente due. La prima deriva dall’incredibile concentrazione di potere nelle mani del responsabile dell’Economia, che assomma antichi dicasteri come Tesoro, Bilancio, Finanze e Partecipazioni statali. Da quando, nel 2001, ha avuto concreto avvio la riforma Bassanini dei ministeri, chi siede in via Venti Settembre è una sorta di presidente del Consiglio bis, a conti fatti con maggiori poteri dello stesso titolare di palazzo Chigi. È in grado di condizionare l’attività di tutti i colleghi ministri.
Solo fra il 2006 e il 2008, quando Tommaso Padoa-Schioppa fu affiancato da Vincenzo Visco come viceministro per le Finanze, il potere del ministro venne condizionato e, di fatto, diminuito. Per il resto, però, da Giulio Tremonti a Vittorio Grilli attraverso (e ovviamente a maggior ragione, trattandosi dello stesso presidente del Consiglio) Mario Monti, la politica italiana è stata determinata, in misura maggiore o minore ma sempre consistente, dal responsabile dell’Economia.
Il secondo motivo è meno istituzionale e più politico, nel senso di visione generale dei problemi economici, finanziari, di bilancio, da parte del ministro. Ebbene, da Tremonti a Saccomanni, da Siniscalco a Padoa-Schioppa a Grilli, tutti hanno avuto, e fin qui nulla da dire, l’obiettivo dichiarato di tenere i conti in ordine; però hanno fatto ricorso sempre a decisioni che guardavano all’entrata disinteressandosi della riduzione delle spese. Invarianza di gettito, ricerca di nuovi balzelli, co-pertura di minori entrate attuata sempre evitando costantemente di procedere con riforme strutturali: così ciascun responsabile di via Venti ragionava e ragiona. Comune a tutti, poi, è stato il deleterio e vituperabile ricorso a manovre di bilancio: una, due, perfino tre volte l’anno.
È quindi naturale che, seguendo Saccomanni la strada lungo la quale i prede-cessori si erano incamminati, le decisioni continueranno a essere tassatorie. Poiché oggi il centro-destra contesta tali scelte (così non era quando obbediva alle imposizioni tremontiane), è evidente che accuse, polemiche, offensive verso Saccomanni potranno venire compresse, ma soltanto per qualche tempo. Poi, do-vranno riprendere.