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 2013  giugno 25 Martedì calendario

IL FANTASMA CINESE SPAVENTA I MERCATI

La stabilità sui mercati? «Non arriverà molto presto», confessa Maria Cannata, direttore generale per il debito pubblico: una previsione tanto facile quanto inquietante perché stamane il Tesoro dovrà affrontare le aste di fine mese di Bot e Btp per 18,5 miliardi.
A complicare le cose, poi, ci ha pensato l’effetto giustizia. Lo spread è passato, dopo la condanna di Silvio Berlusconi, da 275 a 301 punti base, contribuendo così a render più salata la bolletta per l’Italia nel pieno della nuova turbolenza dell’economia globale investita dalla svolta della Fed e, quasi a sorpresa, dall’eruzione del vulcano cinese. Ma una volta tanto, le attenzioni dei grandi gestori mondiali dei titoli del debito non sono concentrate su Btp o Bonos spagnoli, bensì sui 99 miliardi di dollari che il Tesoro Usa si accinge a collocare da oggi a venerdì. A quale prezzo? E stavolta ci saranno i cinesi, principali clienti dei T-bond? Oppure anche loro, come altri tesorieri del mondo già emergente, dal Brasile, alla Turchia fino alla Corea tireranno i remi in barca?
BORSE E SPREAD
Già, c’è un fil rouge che lega le sorti dell’economia globale. Ieri i listini hanno tremato fin dall’alba sotto i colpi che hanno messo in ginocchio la Borsa di Shanghai, in caduta libera di quasi il 6 per cento. Per tutta la giornata il ribasso l’ha fatta da padrone: Francoforte, Parigi, Londra già tra l’1,5 e il 2%, Zurigo fa peggio (-2,3%). E il trend è proseguito, senza pause, a Wall Street. L’eccezione è Milano, che limita i danni (- 0,93%) grazie a Fiat che potrà incamerare una parte dei dividendi Chrysler (900 milioni) finora in garanzia di vecchi prestiti ora rinnovati e alle due banche principali, Intesa ed Unicredit. Oltremodo bersagliati nei giorni scorsi. Ma a sottolineare che la situazione non è allegra ci pensano le previsioni degli operatori sull’asta di stamane: il rischio èdi ritrovarsi con rendimenti ai massimi da settembre.
Come è logico, perché si sta assistendo ad un cambio della rotta tenuta dalle banche centrali fin dalla primavera del 2009 quando la Federal Reserve, per risollevare la Borsa ed evitare così il tracollo delle pensioni e del mercato immobiliare, cominciò a pompare liquidità sui mercati. Intanto, il governo cinese pigiava il pedale sull’acceleratore dell’economia, sostenendo a suon di yuan investimenti e spese, con l’obiettivo di spingere la crescita a due cifre. Con il pieno consenso dell’Occidente: grazie al boom di Pechino, l’America ha ripreso fiato, la panzer Germania ha addirittura preso il volo. E, non meno importante, il made in Italy si è salvato dal tracollo dei consumi interni.
Adesso, la nuova dirigenza cinese cerca di correggere il tiro. Corruzione, mercato nero e, soprattutto, le lobbies che legano funzionari di partito, miliardari e uomini del partito con i vertici delle banche, hanno creato una situazione esplosiva, che lo Stato stenta a controllare vista l’esplosione della “finanza ombra”, frutto dell’evasione fiscale e dell’economia in nero. Di qui la decisione di imporre una feroce stretta creditizia per far piazza pulita di chi tiene in piedi investimenti improduttivi (strade che finiscono nel deserto, città fantasma nuove di zecca) e inefficienti (volumi record di acciaio che finisce in magazzino in assenza di domanda).
La novità ha coinciso con il cambio di rotta della Fed. Giovedì sera, Ben Bernanke ha annunciato che, tempo sei mesi, il QE (cioè gli acquisti di titoli per 85 miliardi mese) rallenterà, per poi chiudere i battenti a metà 2014. Un annuncio prudente che ha però scatenato le vendite sulle Borse e, soprattutto sui T-bond. La speculazione (finora, sottolinea Nouriel Roubini,hanno venduto solo gli hedge, non i fondi pensione) ha investito soprattutto i mercati emergenti, con l’effetto di un forte rimbalzo del dollaro. Intanto, ieri mattina, la Banca dei Regolamenti Internazionali, cioè il club che riunisce le banche centrali più importanti del pianeta, ha in pratica suonato il De profundis per le politiche accomodanti seguite dalla Fed ma anche dalla Bce. «Il culmine della crisi è passato», afferma la Banca dei regolamenti internazionali, ora l’obiettivo deve esser quello di tornare a una crescita forte e sostenibile. Ma questa non può essere raggiunta con strumenti monetari, semmai la parola deve passare ai governi che «devono raddoppiare gli sforzi sui conti pubblici».
CONTI PUBBLICI
Più facile a dirsi che a farsi, soprattutto se, come capita all’Italia (e all’Europa tutta) la stretta non cade su un’economia in ripresa, vedi gli Usa, o reduce da una lunga galoppata, vedi Cina ma anche Brasile o Turchia, ma su un corpo sociale esausto. E su finanze impoverite da una politica suicida. Certo, secondo il rapporto annuale della Bri l’Italia è tra i paesi con il minor bisogno di correggere i conti pubblici da qui al 2040. Il problema, però, è di arrivarci a quella data senza aver sacrificato per intero le sue ricchezze. Il report di Mediobanca Securities che segnala il rischio default per il nostro Paese (colpa della recessione più grave delle stime del governo Monti) calcola in 75 miliardi il maggior onere per convincere i mercati che il Bel Paese potrà onorare gli oltre 2 mila miliardi di debito. La tregua dei mercati con i debitori, insomma, è finita. Purtroppo, ancora una volta è stato sprecato tempo prezioso.