Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 24 Lunedì calendario

SPONSOR E PAESI AMICI LA RETE CHE SFIDA OBAMA


Vladimir Putin, Xi Jinping, Julian Assange, Baltasar Garzón, Rafael Correa, forse i fratelli Castro e Nicolàs Maduro. Che cosa hanno in comune tutte queste persone? Edward Snowden, perché rappresentano la singolare alleanza internazionale che lo ha sostenuto e gli ha consentito di fuggire. O meglio, hanno in comune l’avversione per gli Stati Uniti, contro cui hanno fatto fronte unico, accendendo la luce sulle nuove dinamiche che regolano gli equilibri globali. Washington sta premendo su Russia, Ecuador, Cuba e Venezuela, affinché non diano asilo al fuggito, cui hanno revocato il passaporto. Il presidente Obama è impegnato di persona, ma finora ha ricevuto solo umiliazioni.

La prima cosa da notare sarebbe questa: Snowden ha giustificato le sue azioni con la volontà di difendere libertà e trasparenza negli Stati Uniti, ma poi si è appoggiato ad alcuni dei regimi più totalitari e illiberali del pianeta. Qualcuno potrà obiettare che non aveva alternative, però la contraddizione salta agli occhi, come del resto nel caso di Assange, che vive nell’ambasciata di un regime apertamente accusato di violare la libertà di stampa.

L’altro elemento che tiene insieme tutta questa vicenda è la tecnologia. La National Security Agency esiste dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma senza internet, i social media, gli smartphone e tutti i nuovi sistemi di comunicazione, non sarebbero neanche esistiti i controlli all’origine dello scandalo. Snowden non sarebbe stato assunto e tanto lui, quanto Assange, non avrebbero potuto pubblicare così facilmente le informazioni che nel bene o nel male avevano raccolto.

Questo nuovo mondo tecnologico, però, si salda adesso con il vecchio mondo degli stati tradizionali, per essere usato ai soliti scopi: la rivalità e l’interesse nazionale.

Quando all’inizio di giugno il nuovo presidente cinese è andato in California per incontrare in maniche di camicia il collega Obama, Snowden era già ad Hong Kong. Xi non sapeva nulla? Anche ammesso che fosse così, ieri di sicuro non ha fatto nulla per convincere le autorità di Hong Kong ad arrestarlo, come Washington aveva domandato. Anzi, ha usato cavilli legali per contestare l’estradizione e ora chiede chiarimenti agli americani sullo spionaggio. Perché Cina e Usa sono rivali, non partner, e l’occhio nero dello scandalo sorveglianza quanto meno aiuta Pechino a giustificare le sue attività spionistiche.

Putin sapeva che Snowden stava arrivando, tanto è vero che nelle ultime 48 ore Mosca aveva ricevuto la visita segreta del nuovo capo della Cia Brennan, venuto a chiedere aiuto se la talpa avesse scelto la Russia come prossima destinazione. Eppure il Cremlino ha accettato che Edward usasse il suo Paese, se non altro come transito. La posizione di Putin in questo intrigo internazionale è più delicata di quella di Xi, perché partecipa al G8 e in teoria dovrebbe essere un interlocutore degli Stati Uniti, se non proprio un amico. E invece, dopo lo scontro aperto sulla Siria e l’Iran, Vladimir ha scelto di sfidare ancora Barack, per riaffermare il ruolo perduto di superpotenza del suo Paese.

Ecuador, Cuba, Venezuela, ossia Correa che già ospita Assange, i fratelli Castro, e il fantasma di Chavez incarnato ora da Maduro, non perdono mai l’occasione per infilare un dito nell’occhio degli Usa. Oggi però non hanno più bisogno di armare missili per creare problemi, e non è difficile immaginare l’uso propagandistico e strategico che potrebbero fare di Snowden, magari in collaborazione con i servizi di Russia e Cina con cui sono stati sempre in affari.

A questi attori tradizionali si sono uniti adesso i protagonisti del mondo digitale come Assange, che ha fatto accompagnare Edward nel suo viaggio dall’assistente Sarah Harrison e ha mediato con l’Ecuador attraverso Garzón. Il suo nemico dichiarato sono gli Usa, e qualunque nemico del suo nemico diventa un amico. Poco importa se Russia e Cina fanno peggio degli Usa nello spionaggio, con la differenza che la loro repressione interna chiude ogni spiraglio alla libertà di espressione che in teoria Wikileaks e Snowden vorrebbe difendere in America. Questi protagonisti poi ricevono l’applauso della protesta globale modello Occupy Wall Street, tanto che già esiste una petizione firmata da centomila persone per liberare Edward.

Risultato: gli Usa hanno meno influenza oggi, di quanta ne avevano all’epoca della Guerra Fredda. Allora si litigava e si negoziava con Mosca, per complicare o risolvere ogni problema. Oggi, grazie a un computer, un fronte singolare come questo può mettere Washington all’angolo.