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 2013  giugno 25 Martedì calendario

Per chi ha passato tanti anni in carcere la libertà è come il bagaglio di un lungo viaggio. Si arriva assieme, ma c’è da aspettarla un po’, delle volte si perde

Per chi ha passato tanti anni in carcere la libertà è come il bagaglio di un lungo viaggio. Si arriva assieme, ma c’è da aspettarla un po’, delle volte si perde. Katharina Miroslava da domani sarà una donna libera, stasera a mezzanotte finirà di pagare il debito con la giustizia italiana. Ha scontato quello che la legge ha preteso da lei per l’omicidio di Carlo Mazza, ricco imprenditore di Parma e suo amante ucciso da Witold, suo marito, la mattina del 9 febbraio 1986. Concorso morale nel delitto, hanno stabilito i giudici. La sentenza disse che Katharina era d’accordo con Witold, aiutato nell’impresa dal fratello di lei (tutti e due condannati e oggi liberi). Voleva i soldi, concluse un processo lunghissimo e scandito dai colpi di scena: assoluzione, condanna, annullamento della condanna, una latitanza di otto anni, il coinvolgimento del marito e del fratello, lo strano ruolo di un greco assolto dopo cinque anni di carcere, e infine l’arresto di Katharina nel 2000. I soldi, dicevamo. Lei, sono convinti i giudici, voleva il miliardo dell’assicurazione sulla vita che l’imprenditore le aveva intestato. «Chi l’ha detto che questa verità processuale è la verità vera?» chiede ora Katharina dalla vigilia della sua fine pena. In mezzo ai turisti di Campo Santo Stefano, a Venezia, lascia che il fotografo raccolga il sorriso dei suoi 51 anni e delle sue ultime ore da condannata in affidamento ai servizi sociali. Si muove con scioltezza, ma senza più nulla a che vedere con la disinvoltura di quella ragazza che 27 anni fa, bellissima, ballava nei night di Parma, era innamorata e sognava un futuro da favola. «Io amavo Carlo, che mi crediate o no. E sono innocente, che lo vogliate o no. L’ho amato fino a un anno fa, quando sono uscita in semilibertà dopo dodici anni di carcere. Ma in questo anno da quasi libera alla fine ho maturato l’idea che sarebbe stato meglio non averlo mai incontrato. Sono incazzata con lui, a pensarci bene. Poteva non firmare quella stramaledetta assicurazione, anche se l’ha fatto soltanto per amore. E ce l’avrò per sempre con mio marito che l’ha ammazzato per gelosia. Gli uomini della mia vita mi hanno troppo voluta e tu guarda come sono finita... Questa storia va riscritta ed è arrivato il momento che io dica la mia dal primo all’ultimo passaggio». Da domani Katharina sarà libera di andare dove vuole. E ha già programmato la prima meta, l’Austria, dov’è nato suo figlio (suo e di Witold) e dove vivono i suoi genitori: «Io sono figlia di padre polacco e madre tedesca, adoro l’Italia, ma mi ci vuole una pausa. Vado per un po’ in Austria e poi vedrò cosa fare. Sicuramente per qualche giorno festeggerò la felicità di ritrovare gli amici che mi aspettano, ho in programma un periodo da nonna perché nel frattempo mio figlio ha avuto una bambina, sto finendo di scrivere un libro sulla mia storia e poi vorrei continuare a lavorare con la fantasia...». Disegna borse, Katharina. «In carcere non c’era molto da scegliere. C’erano dei corsi e io seguivo tutto quello che mi interessava. Così ho preso il diploma da tecnico dell’abbigliamento e della moda. Invento borse, ho il dono degli abbinamenti perfetti e ho creato i fiori di pelle prima di Valentino. Ballare è sempre stata la mia passione e mentre ero dentro ho seguito anche corsi di danza. Delle volte, quando il maestro non poteva farlo, lasciava che fossi io l’insegnante». Dei suoi dodici anni di cella c’è poco da salvare. «Non è vero che il carcere costruisce. Distrugge. Di amicizie non ne ho portata via nemmeno una, anche se ho voluto molto bene a tante persone. Quello che ho fatto lì dentro era per sopravvivere, non per vivere. Adesso sì, posso cominciare a vivere ma finora per me è stata una battaglia ogni santo giorno. Quelle porte sono chiuse alle spalle per sempre, lontano da me. Dalla cella ho portato via solo dei fiori e la mia Bibbia». Dall’Austria Katharina comincerà a lavorare alla revisione del processo, diventata ormai il suo motivo di vita. «Voglio la giustizia che finora non ho avuto, non ho fatto nulla e ho pagato senza avere colpe. A questo punto potrei lasciar perdere, lo so. Ma per me stabilire la verità di questa storia è diventato un dovere. Ci sono testimonianze mai considerate, elementi e regole processuali nuove. Ce la posso fare. Questa perfetta assassina aspetta ancora che le persone parlino davanti alla giustizia. Questa ballerina da night crede ancora che sia possibile riparare a un’ingiustizia». I sogni da ragazza sono cancellati. Adesso nella sua mente ce n’è uno che ha la voce di un giudice. Un nuovo processo e quella voce che dice «In nome del popolo italiano questa Corte assolve Katharina Miroslava...». Giusi Fasano