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 2013  giugno 25 Martedì calendario

Benedetto il vento. E maledetto il vento. Dipende da dove ci si trova: ieri pomeriggio le strade di Singapore erano piene di gente felice di intravedere un sole senza colore, avvolto da una foschia sporca, ma pur sempre il sole

Benedetto il vento. E maledetto il vento. Dipende da dove ci si trova: ieri pomeriggio le strade di Singapore erano piene di gente felice di intravedere un sole senza colore, avvolto da una foschia sporca, ma pur sempre il sole. Era da mercoledì che quasi nessuno si avventurava all’aperto senza mascherina su naso e bocca: tutti spaventati dal Psi, «Pollutant Standard Index», la scala con cui si misura l’inquinamento dell’aria. L’indice ieri si è fermato a 106, che significa «malsano», ma mercoledì era 290, giovedì 310, venerdì 371, sabato 401. A 200 gli esperti dicono che è «molto nocivo», sopra 300 uscire da casa e respirare senza protezione diventa «un azzardo». A 400, stare esposti per 24 ore al pulviscolo che ti entra nei polmoni «è un rischio mortale per anziani e malati». Quella che ha invaso Singapore è un’enorme nuvola di fumo e cenere che viene dalle foreste della vicina Sumatra, la regione indonesiana dove i piantatori di palme da olio, per fare prima a ripulire la boscaglia, appiccano il fuoco. Lo fanno ogni anno, anche se è vietato, e scelgono la stagione secca che va da giugno a settembre. Ci sono centinaia di roghi fuori controllo e il fumo spinto dal vento ha oscurato il cielo sopra Singapore. È una macchia tanto grande che si vede nelle immagini satellitari, come se fosse un’orrenda perturbazione. La città-Stato, grande capitale finanziaria e dell’hi-tech, ha reagito con lo stoicismo ereditato dall’Impero britannico: la gente si è messa ordinatamente in fila per ricevere le mascherine distribuite dal governo, i bar all’aperto tengono in vista gli iPad sintonizzati sull’indice istantaneo di inquinamento, le reception degli alberghi invece dell’ombrello procurano ai clienti maschere antismog. Però sono giorni di ansia e tensione: è stato insediato un Comitato sulla Foschia che si è scontrato con gli attivisti che invocano la sospensione del lavoro nei cantieri all’aperto. Ci sono migliaia e migliaia di operai che continuano a tirare su grattacieli muovendosi sulle impalcature immerse nella nuvola sporca. Il Comitato governativo, guidato dal ministro della Difesa, dice che la nazione non si può fermare. Il primo ministro Lee ha avvertito che la crisi può durare settimane, quindi è fuori discussione restare tutti a casa inoperosi, ad aspettare che passi. Poi, ieri, il vento è girato verso Nord. Benedetto dai cinque milioni di abitanti di Singapore, stramaledetto da quelli della Malaysia. La grande nube sporca ha invaso la regione meridionale del Johor, facendo schizzare l’indice di inquinamento a 750, con effetti potenziali che nemmeno gli scienziati sanno ben valutare, perché non avevano mai preso in considerazione una situazione così grave. Il fumo risale verso settentrione, le immagini delle famose Torri Petronas di Kuala Lumpur sono spettrali. Il governo malaysiano ha dichiarato lo stato d’emergenza. Ma nessuno sa bene che cosa si può fare. Gli incendi in Indonesia sono tanto estesi che la sfida per i vigili del fuoco è impossibile: i grandi roghi nella foresta sarebbero almeno trecento. Ci sono tentativi immaginifici, come quello di spedire sulla zona gli elicotteri e gli aerei militari per disperdere sale tra le nuvole nella speranza di creare una pioggia artificiale e purificatrice. Il servizio meteo non prevede precipitazioni naturali fino al 29 giugno. Quindi, non resta che «seminare sale» nelle nuvole. Ma anche trovarle è un’impresa disperata in questa stagione, quella più calda e secca nella regione di Sumatra. Il caldo umido e soffocante arroventa anche le relazioni internazionali. Il ministro dell’ambiente di Singapore, Balakrishnan, scrive sulla sua pagina Facebook che «il nostro popolo è arrabbiato e preoccupato». Ce l’ha con l’Indonesia, il più grande produttore al mondo di olio di palma, che è usato per mille cose, dal liquido per lavare i piatti al condimento. È evidente che il governo di Jakarta non fa applicare la legge che vieta ai piantatori di «ripulire» la foresta appiccando il fuoco: ogni anno a giugno i roghi ripartono. La differenza è che questa volta la nuvola di cenere sta accecando e soffocando interi Paesi. Il ministro indonesiano del welfare sociale, sua eccellenza Laksono, ha risposto spazientito alle critiche di Singapore: «Non fate i bambini, ci sono anche cento milioni di indonesiani da proteggere». Da ieri ci sono anche vari milioni di malaysiani con gli occhi arrossati e la gola secca. Jakarta sostiene anche che diverse tra le aziende che piantano palme in terreni spianati dal fuoco sono basate a Singapore e in Malaysia. La coltre di fumo coprirà anche le colpe? Dei responsabili ci sarebbero, lontanissimi dai palazzi dei governi centrali: il ministro delle foreste di Jakarta dice che sono i funzionari provinciali che dovrebbero tenere a bada i disboscatori-piromani visto che l’Indonesia, da quando nel 1998 è caduto il dittatore Suharto, è uno dei Paesi più avanzati nel decentramento amministrativo. E allora che cosa sta facendo il signor Rusli Zainal, governatore di Riau, la provincia dove è stato appiccato il maggior numero di incendi? Sta al fresco, nel senso che alberga in una cella della Corruption Eradication Commission. Ma non per la connivenza nei roghi, lo hanno arrestato all’inizio di giugno per corruzione in un caso (guarda un po’?) di sfruttamento illecito delle foreste da parte di società che commerciano in legno. Su Facebook si è rifatto vivo il ministro Balakrishnan: «Bel pomeriggio di sole. Purtroppo le nostre foto satellitari rivelano che c’è solo un breve squarcio nella piuma di nebbia su Singapore... malauguratamente, siccome il vento girerà da Ovest il fumo ci avvolgerà di nuovo. Vi prego di continuare a prendervi cura l’uno dell’altro. Qui al Bukit Panjang Plaza ho incontrato diverse centinaia di residenti in fila per le maschere. Sono molto lieto che alla fine tutti le abbiano avute». Mentre i ministri un po’ litigano, un po’ guardano il vento e il governatore di Riau sta in galera per un altro reato, gli abitanti di Singapore oggi malediranno di nuovo i disboscatori-incendiari, i piantatori di palme indonesiani e il vento; si metteranno una inutile mascherina e cammineranno come sonnambuli nella Grande nebbia nemica dei polmoni. Guido Santevecchi