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 2013  giugno 20 Giovedì calendario

BERSANI ABBANDONATO DA DUE DEI SUOI TRE PIU’ FEDELI COLLABORATORI

Pier Luigi Bersani toglie dall’album un’altra fotografia. Dopo quella di Vasto (Chieti), in cui compariva a braccetto con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, dopo un comizio, assurta a immagine del governo che doveva venire, l’ex-segretario democrat stacca mestamente un’altra foto, quella scattata la sera del 2 dicembre al teatro Capranica di Roma, quando il segretario in carica ebbe ragione nel ballottaggio di Matteo Renzi. L’istantanea da cestinare lo ritrae sul palco di quel teatro, peraltro destinato a ritornare nella vita politica di Bersani pochi mesi dopo, nella notte tumultuosa della candidatura di Franco Marini al Quirinale. È l’immagine del leader di Bettola (Pc), abbracciato dai tre tra i più stretti collaboratori: Alessandra Moretti, Roberto Speranza e Tommaso Giuntella, gli scudieri della splendida e vittoriosa cavalcata delle primarie: rispettivamente la portavoce del comitato per Bersani, il coordinatore e il responsabile della comunicazione web e dei rapporti con la società civile. Tre giovani, si disse, da opporre alla gioventù di Renzi e del suo seguito, a riprova che un altro rinnovamento era possibile, senza rottamare alcunché. A sei mesi da quella foto, che ritraeva Bersani festante e gli altri tre coi pugni chiusi levati, tanto che Rino Fisichella, vescovo, ebbe pubblicamente a lamentarsi di questa rentrée ideologica, a sei mesi da quello scatto, dicevamo, due dei tre fidi collaboratori hanno preso politicamente altri lidi.

In primis c’era stato lo strappo della Moretti, la bella 40enne vicesindaco di Vicenza, lanciata da Bersani in tanti e tanti ballarò, piazzepulite e infedeli vari a dare una visione dinamica e idealista dello parabole del leader. Dopo le trionfali primarie, Moretti era stata promossa a deputato, inserita nell’ampio listino del segretario, vale a dire la zona franca degli eletti sicuri. Moretti però, nella notte del Capranica, fu una dei tanti che si ribellarono a Bersani e al nome di Marini, come emblema delle larghe intese, e l’indomani, coerentemente, non lo votò. Adieu. È invece fresca, freschissima, la defezione di Giuntella. Venottenne, romano, anche Giuntella era stato a un passo dal listino Bersani, da cui s’era sfilato con un gesto apprezzato da molti, per continuare un impegno diverso da quello parlamentare. Se lo sarebbe meritato visto l’impegno profuso in campagna elettorale, creando e guidando la war room digitale messa in piedi al Nazareno, sede nazionale del partito nella Capitale, e la fitta rete di militanti sui social network, autoproclamatisi, Spartani, la cui simbologia non era stata apprezzata da tutti, a sinistra, essendo spesso usucapita dalla fascisteria non troppo colta. Come ha raccontato ieri Europa, Giuntella s’è pubblicamente schierato con Gianni Cuperlo al prossimo congresso Pd. E non si tratta del candidato bersaniano, che peraltro ancora non c’è. Chi non molla del trio è Speranza che da Bersani, ancora regnante, fu proposto come capogruppo democrat alla Camera ed eletto senza troppi scossoni, anche se su 297 voti, il 33enne potentino ne ebbe solo 200 e non poteva trattarsi della trentina di discoli renziani che stava a Montecitorio. Erano i primi segnali di scollatura ma Bersani teneva Ma erano appunto i giorni del governo del cambiamento, col segretario che iniziava la sua decisa strategia per associare alla maggioranza il M5s. Speranza c’è. E c’è speranza che la stagione bersaniana non volga al tramonto. Non è dato sapere se e come il segretario abbia accusato la defezione del giovane Giuntella che comunque, sempre a stare a Europa, aveva apprezzato il documento Fare il Pd, uscito dal pensatoio bersaniano. D’altra parte, Bersani è in politica da troppi anni per sapere che, in questo campo, la riconoscenza non solo non è un valore ma semplicemente non esiste.

Il giovane deputato Fausto Raciti, per esempio, che da segretario dei Giovani democratici, eredi dell’antica e gloriosa Fgci, s’era schierato senza se e senza ma con Bersani alle primarie, e da lui era stato scelto fra gli oltre 100 parlamentari che, grazie all’odiato Porcellum, erano nella sua disponibilità, il giovane Raciti, dicevamo, pochi giorni fa, ha detto che i bersaniani «sono disperati», in quanto non sanno chi candidare al congresso. Non solo, il giovane deputato non risparmia critiche al vecchio segretario. Come quando, il 13 giugno scorso, a Radio Città futura, Raciti ha ricordato le responsabilità di Bersani sulla vicenda Marini: «La colpa può essere di tutti ma la responsabilità è innanzitutto di chi dirige». È lo stesso Raciti che aveva tenuto incontri a ripetizione durante le primarie per Bersani. Come quello del 20 novembre, al Circolo degli artisti di Roma.

In quell’evento, in cui Raciti era l’attrazione assieme a un giovane che fu, Massimo D’Alema, si parlava di Bersani come 1l’unica personalità in grado di eliminare il distacco tra politica e cittadini, non accarezzando il vento dell’antipolitica, ma con la serietà di chi si confronta con i problemi reali del paese, l’unica in grado di entrare con concretezza nel merito delle prospettive di sviluppo del nostro paese e dei suoi giovani». «Come si cambia», cantava un’artista organica al Pd come Fiorella Mannoia. Refrain che ci starebbe bene, se non fosse che anche lei, alle ultime elezioni, aveva ammesso d’aver votato Beppe Grillo.