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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

Henri Beyle trentacinquenne a Milano perse la testa per la nobildonna milanese Métilde Viscontini Dembowski, ventottenne

Henri Beyle trentacinquenne a Milano perse la testa per la nobildonna milanese Métilde Viscontini Dembowski, ventottenne. La vide per la prima volta il 4 marzo 1818 e subito annotò su un diario: «The greatest event of life». Nata nel 1790, Métilde vantava una famiglia di donne celebri: la nonna, Elena Milesi, era stata cantata nei versi di Carlo Porta; la bisnonna, Bianca Ferrari, aveva animato un salotto illuminista; la cugina, Bianca Milesi, pittrice, impegnata nei moti risorgimentali. A diciassette anni, contro voglia, Métilde aveva sposato Jan Dembowski, ufficiale napoleonico della Legione polacca, da cui ebbe due figli. Pochi anni dopo, la ragazza fuggì in Svizzera. Ritornò a Milano: il marito, per salvare le apparenze, le riconobbe diritti sui figli e la lasciò vivere «separata di letto e d’appartamento» con la condizione di stabilire il domicilio in casa Dembowski. Dopo la prima apparizione, Henri Beyle cercò in ogni modo di avvicinarla, arrivando addirittura a fermarla per strada per dichiararle la sua passione: ottenne un rifiuto e appuntò tutto sul suo Journal (era il 30 settembre 1818, alle 9 e 32 minuti). Non rassegnato, prese a scriverle delle lettere. Poi le chiese di essere ricevuto tutte le sere per almeno un quarto d’ora: lei gli concesse due visite al mese, insieme ad altri. Una sera, all’una di notte, mentre lui le manifestava tutto il suo amore, gli disse di andarsi a fare un giro intorno al Duomo, a guardare la Luna. Completamente fuori di sé un giorno d’estate le si presentò a Volterra, dove l’aveva seguita avendo saputo che era andata a trovare i figli in collegio. Irritatissima, la donna lo cacciò in malo modo e quello annotò sul diario, parlando a se stesso: «Dev’essere amata ardentemente. Provare il mio amore. Il tutto in stile appassionato. Mi accorgo d’averla offesa. La mia lettera deve essere dunque rispettosa. Sottolineare che tutte le passioni rendono arditi». Pochi mesi dopo, in un estremo tentativo di ottenere il perdono, in quattro ore scrisse le poche pagine di Roman, il romanzo per Métilde. La donna non lo lesse mai.