Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 27 Sabato calendario

SALVIAMO LA PICCOLA TIGRE


Dietro alla bandiera della sei, un par 3, Guan Tianlang non poteva lanciare la pallina per aria e poi farla atterrare vicino alla buca perché il terreno era in discesa e la forza di gravità l’avrebbe fatta scivolare in fondo al green dalla parte opposta, una ventina di metri più sotto, quasi il triplo della distanza a cui era. Allora, con il ferro da 60 gradi, ha tirato un colpetto basso, che ha fatto un solo rimbalzo e si è fermato dolcemente a una cinquantina di centimetri dall’asta, forse meno. Un tocco di magia. Ben Crenshaw, a 61 anni un veterano del Tour che ha vinto due giacche verdi, si è infilato il putter sotto l’ascella, ha allargato le braccia con le palme rivolte verso l’alto, si è fatto scappare un «Wow!» e ha applaudito.
Era il primo giro del Masters 2013 e sul palcoscenico golfistico mondiale aveva appena fatto il suo ingresso l’ultimo fenomeno, un ragazzino cinese di 14 anni che viene da Guangzhou e frequenta l’equivalente della nostra terza media nel complesso scolastico Zhixin. Guan sarebbe andato avanti passando il taglio nonostante un colpo di penalità per gioco lento nel secondo giro e chiudendo con un totale di 300,12 sopra il par. Sul «percorso più difficile del mondo», come ha detto lui stesso dopo che lo avevano premiato con la coppa d’argento destinata al miglior dilettante, non ha fatto neppure una volta tre putt né un doppio bogey in quattro giorni.

PRIMI COLPI DI PLASTICA
Ad Augusta (e neanche altrove, se è per questo) non si era mai visto niente di simile. Lì, tre anni fa, si era annunciato al mondo Matteo Manassero, il cui gioco con i ferri aveva provocato degli "oh" di meraviglia e che aveva terminato il torneo appena quattro colpi sopra al par. Manassero, però, aveva 8 giorni meno di 17 anni, due e mezzo più di Guan. Un altro cinese, Andy Zhan, aveva l’anno scorso battuto il record di età partecipando allo Us Open a 14 anni e mezzo, ma non era riuscito a passare il taglio.
A Tianlang sono state messe in mano per la prima volta delle mazze da golf (di plastica) quando aveva 4 anni. È stato il padre, Hanwen, a introdurlo al gioco. Non è chiaro che mestiere faccia (secondo alcuni giornali americani è un medico, secondo altri un architetto d’interni), ma di certo è un buon giocatore di golf, handicap 7. Ha cominciato a guardare suo figlio con occhi diversi da quando lo ha battuto: Tianlang non aveva ancora 9 anni.
Da allora la sua vita è regolata come gli orologi di Königsberg sulle passeggiate di Immanuel Kant. Si alza tutte le mattine alle 6.30, fa un’ora di palestra, va a scuola, suo padre lo passa a prendere e si dirigono verso il Lion Lake Country Club, un circolo appena fuori Guangzhou. Ci arrivano, mediamente, un’ora e 13 minuti dopo. Tianlang prende i ferri e comincia a tirar palline, senza un maestro, e smette solo quando fa buio. Allora padre e figlio tornano a casa, cenano e il ragazzino si mette a fare i compiti (ad Augusta, per il Masters, si era portato sei libri di testo anche se non è tornato subito a casa: si è fermato ad Atlanta, per vedere la sua prima partita Nba dal vivo).

IMBATTIBILE NEL CORTO
Durante l’estate, la famiglia Guan si trasferisce sulla costa occidentale degli Stati Uniti per tre mesi, presso parenti che vivono nell’area di Los Angeles. Quand’è lì, Tianlang va a giocare tutti i giorni all’Angeles National Golf Club, un circolo pubblico dalle parti di Pasadena. In America ha anche un coach che lo segue per il gioco lungo: alto 1 e 78, attorno ai 65 chili, gli manca naturalmente la potenza (la sua palla con il driver vola per circa 210 metri e non si ferma mai più in là dei 230, quando mediamente i giocatori del Tour dal tee di partenza sfiorano i 300 metri). Secondo il padre, il gioco corto, quello attorno ai green, lo ha imparato e lo perfeziona da solo.
È il suo punto di forza. Crenshaw, che gli ha fatto da mentore nell’esperienza al Masters, ha detto di essere rimasto ammirato, nei due giorni che ha giocato con lui, da «alcuni dei migliori colpi attorno al green che abbia mai visto fare in vita mia». Proprio grazie a uno di questi, lo scorso novembre, si è guadagnato l’invito a Augusta vincendo l’Asia-Pacific Amateur, sul percorso dell’Amata Spring Country Club, in Thailandia. All’ultima buca dell’ultimo giro aveva bisogno di un par: con il secondo colpo non è arrivato in green ma con un pitch ha messo la pallina a 40 centimetri dalla buca.
Quand’è tornato a casa, ha trovato una sorpresa. John Ho, uno dei proprietari del Lion Lake, stava facendo costruire un green con la stessa erba e lo stesso taglio di quelli dell’Augusta National, famosi per la loro velocità. Per tre mesi, solo Guan ha potuto entrarci, in modo da prendere confidenza con quello che lo avrebbe atteso (a tutti gli altri soci del club, ha proibito anche soltanto di avvicinarsi: «Ho voluto farlo per la maggior gloria della Cina», ha detto al Wall Street Journal).

TIGROTTI IMPAURITI
Adesso, tutti si interrogano su che cosa ne sarà di Tianlang. Il pronostico più ovvio è che sia il prossimo Tiger. Ma non è affatto scontato. Fra tutti gli applausi e i complimenti che il ragazzino cinese ha strappato dopo la sua esibizione ad Augusta, qualche parola più interrogativa è venuta solo dal leggendario Arnold Palmer: «Non so», ha detto, «se questa è la miglior cosa che gli potesse capitare». Palmer, che assieme a Jack Nicklaus ha messo in piedi una delle più grandi rivalità nella storia del golf, è abbastanza vecchio (83 anni) e abbastanza saggio per aver visto decine e decine di giovani fenomeni affacciarsi al grande golf, ma pochissimi affermarsi in maniera stabile. La gran parte si è bruciata in fretta. E si è persa.
Di recente, questa è la sorte toccata a Ty Tryon, un ragazzino americano diventato professionista a 16 anni, nel 2001, con gran fanfara. Adesso fa l’assistente in una delle Golf Academy di David Leadbetter, uno dei più famosi coach contemporanei: raccoglie le palline, porta le sacche degli allievi, mette a posto il campo pratica. Fra le ragazze, c’è il caso di Michelle Wie: a 13 anni sembrava destinata a dover giocare fra gli uomini, tanto era più forte delle altre; adesso, a 23 anni, e dopo otto sul tour femminile, ha vinto solo due tornei. Solo due casi, fra i moltissimi che si potrebbero fare di coloro che hanno bruciato la loro infanzia e la loro adolescenza, vivendo e respirando solo golf.
Il dilemma dei bambini dotati è stato analizzato in un libro (Hothouse Kids) dalla saggista Alissa Quart. "Coltivare il talento di quei bambini che secondo tutte le apparenze sembrano superdotati", scrive, "non solo può rivelarsi una perdita di danaro, ma soprattutto un atteggiamento molto nocivo: quasi sempre sviluppano problemi di autostima e ansie da prestazione". Certo Tiger è diventato Tiger anche se era in televisione a fare il fenomeno a 2 anni (ma le sue vicende personali forse non sono estranee al modo in cui il padre lo ha cresciuto). Il miglior augurio che si possa fare a Guan non è diventare il prossimo Woods, ma crescere nel più equilibrato modo possibile. Se poi diventerà numero 1 al mondo, e multimilionario in dollari, tanto meglio.