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 2013  aprile 28 Domenica calendario

ANA, LA SPIA USA DAL SANGUE LATINO E COL DOPPIO RUOLO

Da dieci anni Ana Montes è ospite di un carcere femminile di massima sicurezza in Texas. Ma i rigori del carcere duro non l’hanno né piegata né cambiata. “La prigione è l’ultimo posto in cui vorrei trovarmi, ma ci sono cose nella vita per cui vale la pena andare in prigione”, scrive Ana in una lunga lettera inviata a una parente. Nata il 28 febbraio 1957 in Germania occidentale dove il padre, nato a Portorico, era di stanza in qualità di medico militare, si laureò alla University of Virginia specializzandosi alla Johns Hopkins. Nel 1985 entrò a far parte della DIA (Defense Intelligence Agency) e nel giro di pochi anni divenne la principale analista della DIA per tutte le questioni riguardanti l’isola caraibica. Il suo arresto nel 2001 sorprese colleghi, amici e familiari, tra i quali il fratello Tito, agente speciale dell’FBI, il fidanzato Roger Corneretto, ufficiale dell’intelligence presso il Pentagono, e la sorella Lucy, agente dell’FBI insignita di una onorificenza per aver contribuito a smascherare diverse spie cubane. Al termine di un processo durante il quale l’accusa sostenne che lavorava per i servizi cubani già prima di entrare nella DIA, nel settembre del 2002 venne condannata a 25 anni di reclusione.
La prima a sapere dell’arresto fu sua sorella Lucy, agente Fbi
Nei giorni successivi agli attentati dell’11 settembre 2001, la sede dell’FBI a Miami era in fibrillazione. La maggior parte dei terroristi avevano trascorso molto tempo in Florida e quando Lucy Montes fu convocata dai suoi superiori non ebbe il minimo sospetto. In fondo era una esperta analista e per l’FBI traduceva tutte le intercettazioni riguardanti Cuba. Ma la convocazione non aveva nulla a che fare con l’11 settembre. “Sua sorella Ana è stata arrestata per spionaggio. È una spia cubana”, le disse senza tanti giri di parole un ufficiale superiore. “Rischia la pena di morte”. Lucy reagì con estrema calma. “Ci ho creduto subito”, disse. “Quella rivelazione spiegava molte cose su mia sorella”.
Ma in che modo la figlia di un militare era diventata una spia cubana? Il profilo psicologico di Ana Montes è top secret, ma chi l’ha letto dice che secondo gli psicologi della CIA “le percosse e le violenze subìte da un padre autoritario che portava la divisa dell’esercito degli Stati Uniti avevano reso Ana Montes un facile bersaglio per i servizi stranieri che riuscirono a fare leva sul suo desiderio di vendicarsi dell’autorità militare incarnata dal padre”. Negli anni trascorsi all’University of Virginia, durante un soggiorno in Spagna aveva conosciuto uno studente argentino che le aveva aperto gli occhi sulla politica degli Stati Uniti che in America Latina sostenevano tutti i regimi dittatoriali. “Ana mi parlava continuamente delle atrocità commesse dagli Usa in America Latina” ricorda Ana Colon, amica conosciuta in Spagna. “Era tormentata. Odiava l’idea di essere americana, ma non poteva fare a meno di esserlo”. Col tempo le sue idee politiche si erano fatte sempre più radicali. Stando agli atti del processo, la Montes fu avvicinata dai servizi cubani nel 1984. Candidata perfetta: colta, anti-americana, bilingue. “Non avevo mai pensato di fare la spia prima che mi venisse proposto”, disse Ana al processo. Con ogni probabilità i cubani fecero leva anche sul suo narcisismo e le fecero credere che Cuba aveva un disperato bisogno di Iei. Nel 1985 si recò a Cuba, dove le dissero che doveva farsi assumere dal governo con mansioni tali da aver accesso a documenti segreti. Alla notizia che era stata assunta dalla DIA, l’amica Ana Colon rimase sbalordita: “Non riuscivo a capire perché una persona con le sue idee di sinistra poteva desiderare di lavorare per le forze armate e i servizi americani”. Ana Montes rispose all’amica che era interessata alla politica e che dopo tutto “era una ragazza americana”. Ma qualche giorno dopo troncò i rapporti con la Colon. Nei 16 anni che seguirono, Ana Montes fece un lavoro eccellente sia per Washington che per L’Avana. Le sue indubbie capacità le consentirono di fare rapidamente carriera tanto da diventare nel giro di pochi anni analista capo per il Nicaragua e El Salvador e successivamente per Cuba. Al quartier generale della DIA la chiamavano “La regina di Cuba”. Non si limitava a tradurre documenti riservati, forniva anche suggerimenti sulla politica americana nei confronti di Cuba.
La macchina della verità? Basta il controllo degli sfinteri
Per il suo lavoro ricevette diverse onorificenze tra le quali spicca quella consegnatale personalmente dall’allora direttore della CIA George Tenet nel 1997. I cubani non erano da meno e la premiarono con una medaglia al valore per i servigi resi al popolo cubano. Insomma erano tutti contenti di lei. Tranne i colleghi che la ricordano gentile e affabile con i superiori, ma arrogante e poco socievole con tutti gli altri. Che fosse poco socievole e rifiutasse qualsiasi invito lo si può anche capire. Di giorno faceva l’analista alla DIA, di notte svolgeva il suo secondo lavoro di agente dei servizi cubani. Nella sua casa di Macomb Street trascriveva sul suo Toshiba i documenti che in ufficio aveva imparato a memoria. Dalla capitale cubana le arrivavano istruzioni su come consegnare le informazioni, su come svanire nel nulla in caso di necessità e persino su come ingannare la macchina della verità in caso di interrogatorio. “Basta agire nel modo giusto sui muscoli dello sfintere”, rivelò agli investigatori durante uno dei primi interrogatori. Tutto qui? Chissà. Sta di fatto che nel 1994 superò un test con la macchina delle verità senza destare alcun sospetto.
La vita apparentemente ordinata di Ana andò in frantumi nel 1998: da un lato la crescente sensazione di solitudine, dall’altro il diminuito interesse dei servizi cubani che a volte non la contattavano per mesi. Cadde in depressione, fu curata con farmaci antidepressivi e cominciò a soffrire di attacchi di panico e insonnia. Alla DIA in ogni caso la sua stella continuava a brillare e, non fosse stato per un dipendente della DIA di nome Scott Carmichael, avrebbe fatto carriera fino ai piani alti. Carmichael, malgrado il suo aspetto dimesso, era un abile cacciatore di talpe. Una fuga di notizie portò Carmichael, dopo una lunga e paziente indagine, a sospettare di Ana Montes che aveva conosciuto anni prima e che non gli aveva fatto una buona impressione. All’inchiesta che ne seguì l’FBI destinò ben 50 agenti speciali. Malgrado i numerosi indizi, nessuno aveva mai sorpreso Ana Montes con un cubano né esistevano intercettazioni di telefonate con agenti cubani. Pochi giorni dopo alcuni agenti dell’Fbi entrarono senza mandato in casa di Ana Montes e sequestrarono il Toshiba e un libretto con i codici di cui si serviva per comunicare con Cuba. Ana Montes per sottrarsi all’accusa di alto tradimento, che avrebbe comportato la pena di morte, si dichiarò colpevole di spionaggio. Tra circa dieci anni sarà libera. Ana Montes non si è mai detta pentita e in una lettera scrive: “non sono tenuta alla lealtà nei confronti degli USA o di Cuba o del fratello di Castro e nemmeno di Dio”.