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 2013  aprile 27 Sabato calendario

SCOOP E CATTIVERIA IL TROTZKISTA FRANCESE FA INFURIARE TUTTI

Edwy Plenel è uno degli uomini più odiati di Francia. E anche uno dei più ammirati. In un Paese in cui il buon giornalismo investigativo è raro quanto un buon vino inglese, Plenel negli ultimi due anni ha rivoltato come un calzino la politica e il giornalismo francesi. Lo scandalo Cahuzac, ministro del Bilancio socialista che nascondeva le sue fortune, per sottrarle al fisco, in conti illegali all’estero? È scoppiato grazie all’articolo scritto da Plenel per il giornale online Mediapart lo scorso dicembre. L’affare Bettencourt che, grazie a una intercettazione, ha finito per coinvolgere anche l’ex presidente Nicolas Sarkozy che si sospetta possa essersi approfittato dell’anziana miliardaria incapace di intendere e di volere? La trascrizione dell’intercettazione fu pubblicata da Mediapart nel 2010. E lo scandalo dei finanziamenti di Gheddafi a Sarkozy? La primavera scorsa Mediapart ha pubblicato un pezzo nel quale si dava conto di autorevoli voci secondo cui Sarkozy in occasione della campagna presidenziale del 2007 aveva ricevuto un finanziamento di 50 milioni di euro dal dittatore libico. Nel frattempo una inchiesta analoga è stata avviata dalla procura francese in relazioni a voci simili riguardanti un faccendiere libanese.
QUINDI PLENEL È UN EROE del giornalismo, una sorta di Woodward o Bernstein in salsa francese? Per alcuni è così. Ma è anche ampiamente detestato, non solo dai politici, ma anche da molti colleghi francesi. Un giornalista radiofonico di lungo corso, parlando in privato, lo definisce “un giustiziere, non un giornalista… un uomo che confonde il giornalismo con le vendette personali e le crociate”. Plenel inoltre è un ex trotzkista che osa esibire baffi alla Stalin. I colleghi di Le Monde, giornale nel quale ha lavorato, lo definiscono “tiranno” e “bullo”. Di persona Plenel è gentile, cortese, modesto, ma passionale e pronto a chiarire come stanno le cose. “Odio i personalismi sia quando li si usa per lodarti sia quando li si usa per denigrarti. È un atteggiamento che la dice lunga sulla Francia e sul giornalismo francese”, dice Plenel. “Non sono un giustiziere e non amo giudicare. Non sono spinto da ragioni politiche, ma solo dalla convinzione che la democrazia è importante. Sono un giornalista cui piace scoprire la verità. Non so perché i miei colleghi francesi trovano la cosa così strana. In Francia non accettano la mia concezione di giornalismo. Credo nel giornalismo d’inchiesta. Molti miei colleghi preferiscono spiegare e giustificare piuttosto che mettere in discussione l’operato del governo”.
PLANEL HA FONDATO MEDIAPART nel 2008. Si era costruito una reputazione negli anni 80 quando, redattore di Le Monde, aveva scoperto diversi scandali dell’era Mitterrand tra cui quello delle dirette responsabilità dei servizi segreti francesi nell’affondamento della “Rainbow Warrior”, la nave di Greenpeace, nel porto di Auckland. A Plenel non piace che Mediapart venga definito “sito investigativo”. “È un quotidiano online”, precisa. “Ci occupiamo di politica, economia e cultura. Ovviamente la notorietà che ci garantisce un’inchiesta come quella su Cahuzac è molto utile. Abbiamo 72.000 abbonati che pagano 9 euro al mese. I contatti arrivano a 3 milioni al mese. Per il terzo anno consecutivo abbiamo chiuso il bilancio in attivo”. Mediapart ha 45 dipendenti di cui 30 sono giornalisti. In soli cinque anni il suo quotidiano online è diventato una lettura da cui non può prescindere chi vuole essere informato. “Internet abbonda di opinioni, pettegolezzi, voci incontrollate e pregiudizi. La gente vuole fidarsi di quello che legge, vuole un giornalismo fondato sui fatti”, chiarisce Plenel. “La nostra è una lezione non solo per la Francia, ma per il mondo intero”.
Quest’ultimo è il genere di commento che suscita l’antipatia dei colleghi che giudicano questa affermazione supponente e superficiale. A titolo di esempio i giornalisti francesi indicano Le Canard Enchainé che ogni settimana pubblica otto pagine di scoop, gossip e vignette satiriche. E indicano anche il lavoro di Le Monde e di Le Figaro che ha recentemente pubblicato molti articoli sulla malasanità e sugli scandali nel settore medico. “Sì”, conviene Plenel. “Il nostro pungolo e lo scandalo Bettencourt hanno contribuito a cambiare un pochino le cose tanto che Le Monde ha assunto uno dei migliori giornalisti investigativi su piazza, Fabrice Lhomme. Ma Le Canard Enchainé è stato sempre la foglia di fico, l’alibi della stampa francese. Insomma l’eccezione che conferma la regola. Quando mi occupavo degli scandali sotto la presidenza Mitterrand, un giorno fui avvicinato da un ministro che candidamente mi chiese ‘ma perché Le Monde si occupa di faccende come queste?. Questa è roba per Le Canard Enchainé’”.
L’ALTRA CRITICA CHE VIENE MOSSA di sovente a Plenel è che, al di là delle sue dichiarazioni a favore di un “giornalismo obiettivo e basato sui fatti”, Mediapart è chiaramente un giornale di sinistra. “Non nascondo di essere di sinistra”, risponde Plenel alle critiche. “Ma io e il mio giornale siamo, soprattutto, radicalmente democratici più che di sinistra. Noi crediamo nel diritto dei cittadini di sapere cosa il potere fa “in nome della gente”. E non mi riferisco solo al ceto politico, ma a tutti i poteri forti. Quanto all’etichetta di trotzkista, è una cosa che non ho mai nemmeno cercato di nascondere. Molti francesi lo sono stati e non tutti sono stati onesti quanto me nell’ammetterlo. L’ala trotzkista di cui ho fatto parte non era né settaria né segreta e il suo obiettivo era quello di mettere in discussione le strutture di potere sia della destra che della sinistra. É stata quell’esperienza a insegnarmi la passione per la verità e a fare di me il giornalista che sono oggi”.
È particolarmente difficile praticare in Francia il giornalismo investigativo? “No, assolutamente no”, risponde Plenel. “Basta cercare per trovare. Basta fare le domande giuste alle persone giuste. La gente mi chiede chi mi ha fatto la soffiata sull’ex ministro Cahuzac. La risposta è: nessuno. Abbiamo cominciato a indagare su di lui, sulle sue strane amicizie con gente di centro-destra e sui suoi affari con le case farmaceutiche. Nulla sapevamo di conti in Svizzera. Il nostro giornalista, Fabrice Arfi, ha messo insieme poco alla volta tutte le tessere del mosaico. E quando ci siamo convinti di avere tutte le prove, abbiamo pubblicato tutto quello che avevamo scoperto”. Le rivelazioni furono accolte con scarso interesse anche da parte dei giornali di opposizione. Cahuzac ha ammesso le sue responsabilità tre settimane fa mettendo in crisi il governo Hollande. A quel punto violente e costernate reazioni da parte dei principali giornali. Ma anche un tantino di imbarazzo perché molti avrebbero preferito che nulla fosse trapelato sull’ex ministro. “Ed è questa la vera lezione dello scandalo Cahuzac, l’aver portato alla luce la complicità che esiste tra tutti i partiti, “Fronte Nazionale” compreso”, commenta Plenel. “Oltre alla complicità tra ceto politico e media. É proprio questo che fa della Francia, da un punto di vista democratico, la vera malata d’Europa”.