Piergiorgio Odifreddi, la Repubblica 28/4/2013, 28 aprile 2013
QUELLI CHE FINISCONO IN CLINICA RAGIONANDO SUGLI INSIEMI INFINITI
Nell’aprile del 1963, cinquant’anni fa, Paul Cohen annunciò di aver risolto quello che era considerato il più importante problema aperto della matematica: anche più importante del più famoso “ultimo teorema di Fermat”, che in fondo riguardava soltanto una curiosità numerica, e traeva il suo interesse principalmente dal fatto di essere facile da enunciare, ma pervicacemente difficile da dimostrare.
Il problema risolto da Cohen era invece il primo nella lista che il grande matematico David Hilbert aveva stilato nel 1900, come sfida per il nuovo secolo che stava iniziando. Divenne infatti noto come il “primo problema di Hilbert”, e chiedeva se esistevano insiemi infiniti che fossero più grandi dell’insieme dei numeri naturali (come 1 o 2013), e più piccoli dell’insieme dei numeri reali (come la radice di 2 o pi greco).
Naturalmente, le espressioni “più grande” e “più piccolo”, riferite agli insiemi infiniti, dovevano essere prese con le pinze: senza una loro definizione precisa, si sarebbe soltanto parlato a vuoto. Ma questo era stato fatto, negli ultimi tre decenni dell’Ottocento, da Georg Cantor, che le aveva definite per bene, dimostrando ad esempio
che l’insieme dei numeri reali era appunto “più grande” di quello dei numeri interi.
Già lui si era posto il problema poi richiamato da Hilbert, ma non era riuscito a risolverlo, nonostante ci si fosse impegnato talmente, da finire in clinica per l’esaurimento nervoso.
Cohen evitò la clinica, e vinse invece la medaglia Fields: l’unico logico ad aver raggiunto il traguardo, finora. Quanto alla sua soluzione, fu che il problema non ha soluzione! E questa è appunto una soluzione, come anche la politica dovrebbe saper riconoscere.