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 2013  aprile 28 Domenica calendario

IN AFRICA SCINTILLE DI SVILUPPO

La crescita economica - lo abbiamo già detto - è un mistero. Come la vita, in fondo. Pochi giorni fa si è svolto a Mirandola, in provincia di Modena (una cittadina martoriata dal terremoto del maggio scorso, ma che non si arrende e tiene alta la testa) un incontro con i ragazzi delle scuole, centrato sul tema: "Ordine e disordine". Io partecipavo per parlare ai ragazzi di economia, e nell’attesa ho ascoltato il discorso di un grande astrofisico italiano, Giovanni Bignami, che ha parlato della possibilità di trovare vita in qualche altro pianeta della galassia. Di vita ne conosciamo una sola, quella che si è sviluppata sulla nostra Terra, e ancora non sappiamo bene come. Quando si chiede ai biologhi - ha detto Bignami - "cos’è la vita", non c’è risposta. Del pari, se chiediamo agli economisti: "cos’è la crescita" (altro segno di vita...), nessuno ne può dare una spiegazione compiuta.
Questo non vuol dire che non si possa provare. Gli economisti non possono fare esperimenti in laboratorio, come i fisici o i biologhi. Possono solo guardare a quello che succede nel grande laboratorio che è la storia delle città e delle nazioni. Possiamo solo dire che se prendiamo un Paese che da povero comincia a crescere e arricchirsi, l’economista può stare lì con gli occhi aperti e il taccuino in mano per cercar di capire quel che succede. Qual è la scintilla che fa scaturire la crescita? Quali sono le condizioni che si devono riunire perché dalla povertà nasca ricchezza?
Oggi andremo a cercare le condizioni della crescita prendendo un continente al quale forse non pensate quando si parla di forti espansioni dell’economia: l’Africa. Quando pensiamo a economie che galoppano pensiamo alla Cina. Ma anche l’Africa, nel suo piccolo (anzi, nel suo grande, il territorio è grande tre volte e passa quello cinese) non sfigura: sta crescendo rapidamente (vedi grafico).
In fondo, se la Cina, come è probabile, diventerà la prima economia del mondo, si tratterà di un ritorno al passato: prima del 1890 la Cina era la più grande economia del mondo, e lo era stata per molti secoli. Ma lo stesso non si può dire dell’Africa. L’Africa, pur essendo stata la culla dell’Homo sapiens, è sempre stata povera: non ha allori passati con cui consolarsi. Forse a scuola avrete visto nei libri di geografia delle antiche mappe in cui erano tratteggiate le coste del continente africano. Queste si conoscevano abbastanza bene, ma dell’interno si sapeva molto meno. E in molti casi le mappe si limitavano, dentro l’Africa profonda, a raffigurare il re della foresta, con una scritta che diceva: Hic sunt leones. Qui ci sono i leoni, ed è tutto quel che sappiamo.
Ai nostri tempi sappiamo molto di più, ma l’impressione che abbiamo dell’Africa è forse ancora di quelle immagini che ci commuovono: bimbi ischeletriti che muoiono di fame, mamme malate che elemosinano tenendo fra le braccia un neonato dagli occhi grandi... Il tutto in un continente che ha conosciuto colpi di Stato, eccidi, genocidi, epidemie e che è rigato da corruzione e violenza.
Tuttavia, l’Africa di oggi si sta scrollando di dosso quell’immagine. Recentemente l’Economist - una rivista inglese - ha pubblicato un’inchiesta sulla "nuova Africa", e l’inchiesta comincia parlando di tre studenti nel Senegal (Africa nord-occidentale) che sorseggiano un cappuccino e leggono il giornale soffermandosi su quel che succede nella Moldova - uno fra i Paesi più miserabili d’Europa. E leggono le tristi notizie con la stessa pietà e la stessa compassione con cui noi europei eravamo usi leggere le notizie dei disordini e delle sofferenze africane.
L’Africa sta cambiando. Gli iscritti nelle scuole secondarie sono aumentati di una volta e mezza nell’ultimo decennio. Le morti da malaria si sono ridotte del 30%, le infezioni da Aids del 74%, la vita media si innalza e la mortalità infantile si riduce. Sempre nell’ultimo decennio il reddito reale per abitante è cresciuto più del 30%, mentre nei vent’anni precedenti era calato di quasi il 10 per cento. Quando crollò l’Impero sovietico e finì la guerra fredda, solo tre Paesi africani potevano dirsi democratici: oggi sono 25.
Abbiamo già detto in uno dei primi Sole Junior (il 23 ottobre 2011) che la democrazia sta bene con l’economia, come il pane col salame: la gente sa che se si impegna può avere una ricompensa, senza il rischio che sia depredata dal tiranno. Certo, ci sono ancora colpi di Stato: erano una media di 20 per decennio nel periodo 1960-1990, ma ora sono scesi a quota 10.
Insomma, le condizioni della crescita si sono andate riunendo. Classi dirigenti meno rapaci, miglior rapporto dei cittadini col potere, più istruzione, situazione sanitaria in miglioramento e - dato che ci vuole anche un po’ di fortuna - alti prezzi delle materie prime di cui l’Africa è ricca (il più grosso cliente dell’Africa è ormai la Cina). Quel che è più importante, la gente vuole star meglio, non è più rassegnata. Forse è questa la ragione principale della crescita. I sondaggi di opinione mostrano che due terzi degli africani pensano che quest’anno sarà meglio dell’anno passato. E chi pensa questo non ha paura a spendere e impegnarsi, perché conta su un futuro migliore.
Allora, la scintilla che fa scattare la crescita sta nel voler star meglio, nella fiducia nel futuro? Sì, ma perché - potreste chiedere - a un certo punto scatta questa voglia di star meglio e si esce dallo sconforto? Temo che vogliate sapere troppo. La crescita è ancora un mistero.