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 2013  aprile 28 Domenica calendario

L’AUTO DI PULP FICTION 19 ANNI DOPO. IL RITROVAMENTO SEMBRA UN FILM

Anche in questo caso Quentin Tarantino avrebbe bisogno di Mister Wolf, il gangster addetto alla soluzione di problemi impersonato dallo spiccio Harvey Keitel, ma non per ripulire gli interni di una macchina dopo una sparatoria accidentale, bensì per sciogliere il mistero di un ritrovamento. La notizia infatti è a dir poco misteriosa: la polizia di Victorville, California, ha ritrovato l’auto rubata al regista nel 1994, la Chevrolet modello Chevelle Malibu di cui Tarantino era proprietario e che utilizzò, per risparmiare sui materiali di scena, nel memorabile Pulp Fiction, girato proprio quell’anno. Il ladro colpì durante le riprese.
Il mistero non sta soltanto nel ritrovamento improvviso di una macchina che credevamo esistere solo nel nostro immaginario di cinefili e che invece ha circolato regolarmente per quasi vent’anni nel più totale anonimato per le highway reali della California (in vero, il paese più irreale del mondo). Il mistero sta anche nel fatto che l’attuale proprietario della vettura si dichiara totalmente estraneo al furto e si considera lui per primo vittima di una frode. Il che aggiunge un’ulteriore nota onirica alla questione, derealizzando il divo, la sua denuncia, la sua stessa esistenza anagrafica, e rafforzando l’idea che non sia Hollywood il mondo dei sogni bensì il film della vita vera, quello che tutti noi contribuiamo a girare ogni giorno. Ma questo enigma, ovvero dove finisce la realtà e dove comincia l’immaginazione, dura da troppo tempo per provare a scioglierlo ora, per cui affidiamoci alla prospettiva positivista della cosiddetta fredda cronaca.
La macchina è stata ritrovata nella zona di San Francisco Bay ed è la stessa che John Travolta guida nel film per accompagnare la pupa del boss a svagarsi un po’: la Chevrolet rosso ciliegia da cui lui e Uma Thurman scenderanno per andare a esibirsi nel twist più conturbante della storia del cinema.
Da questa prospettiva la macchina quindi esiste davvero, eppure le modalità del suo furto sembrano rispondere a una lezione di scrittura dello stesso Tarantino, una delle tante lezioni che sbocciano come gemme in mezzo ai suoi film e ne fanno forse il più grande narratore prestato alla macchina da presa. Quando rubi un’auto, se non vuoi avere grane resta il più vicino possibile a dove l’hai rubata. Sembra una sciocchezza, ma comportati così e non ti succederà nulla. In fondo è la versione riveduta e corretta della Lettera rubata di Edgar Allan Poe: l’unico posto in cui la lettera risulta invisibile è sullo scrittoio. Che poi, mutatis mutandis, è il consiglio di Umberto Eco nel suo Come si fa una tesi di laurea: se devi copiare, copia dalla tesi più recente scritta sullo stesso argomento nel tuo stesso istituto. Lettere, tesi o auto che siano, gli oggetti che lasci sotto il naso agli investigatori sfuggiranno alle indagini più meticolose.
Se cannibalizzi una Chevelle Malibu del 1964 e immetti i pezzi sul mercato, e magari li spedisci ognuno a un collezionista in un punto diverso del pianeta, vieni arrestato in due minuti. Se invece la lasci come l’hai rubata e te ne vai tranquillamente a zonzo per le vie dello stesso Stato in cui è stata immatricolata, badando bene a non spingerti oltre Oakland o tutt’al più San Francisco, rispettando il colore originale e l’evocazione gioiosa del nome che hanno inventato per lei, ebbene quell’auto non verrà mai trovata o, il che è praticamente lo stesso, verrà avvistata per sbaglio dopo vent’anni.
Come posso esserne certo? Semplice, nel mondo reale le cose troppo implausibili non vengono mai prese in considerazione. La logica non presta attenzione alle assurdità e guidare un’auto dove l’hai rubata è un’assurdità. Ma questo sembra o non sembra un apologo costruito ad arte? Possibile che una lezione così magistrale sia stata partorita dal caso? Riepilogando: Quentin Tarantino ha girato un film in cui la sua macchina vera indossava i panni della macchina di un gangster. Subito dopo, questa macchina vera, tornata sulle strade vere, è stata rubata nei modi fatalmente riconducibili alla fantasia di Tarantino.
Mauro Covacich