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 2013  aprile 27 Sabato calendario

SE IL PRESIDENTE È DECISIVO OCCORRE L’ELEZIONE POPOLARE

Secondo me, i Grandi Elettori non hanno votato Rodotà perché hanno scambiato l’elezione del presidente della Repubblica per un gioco strategico nel quale si debba danneggiare l’avversario per vincere. Ne discende che costoro non son degni di essere Grandi Elettori: non ci possono rappresentare perché non hanno capito che gli avversari, in qualunque parte militino, sono comunque Italiani e, se hanno buone proposte per l’Italia, devono essere ascoltati. Dobbiamo far capire loro che si devono spogliare della rovinosa mentalità calcistica che li ha accompagnati fin qui. Risulta grottesco che costoro nominino in continuazione la Costituzione senza aver presente che i Padri Costituenti appartenevano a tutti gli schieramenti e hanno lavorato insieme per la Patria! A questo punto non ci resta che augurare lunga vita e tanta salute al presidente Napolitano, senza trascurare di porgere gli stessi auguri al prof Rodotà.
Itala Gea
Milano
Cara Signora, a me è parso che tutti i principali candidati siano stati votati in funzione di un obiettivo politico e che ciascuno di essi fosse quindi, inevitabilmente, divisivo. Non è sorprendente. Quando hanno definito i poteri del capo dello Stato, i costituenti hanno lasciato nella Carta (con ogni probabilità intenzionalmente) un certo margine di discrezionalità; e questo margine è diventato tanto più grande, nel corso degli ultimi anni, quanto più i partiti e il Parlamento si dimostravano incapaci di affrontare una crisi. Il risultato elettorale ha reso questa impotenza ancora più evidente e la coincidenza fra due scadenze (fine del settennato e inizio della legislatura) ha scaricato sul nuovo presidente responsabilità maggiori di quelle che gli appartengono abitualmente. Tutti i partiti, quindi, sono andati a caccia di un presidente che favorisse dal Quirinale i loro disegni. Le votazioni a cui abbiamo assistito, prima della quasi plebiscitaria conferma di Napolitano, sono state quindi fortemente politiche. Non ne sarei stato scandalizzato se il duello fosse avvenuto con chiarezza, alla luce del sole. Abbiamo assistito invece a una contesa in cui tutti pretendevano di volere una persona al di sopra delle parti, ma speravano di eleggere quella da cui contavano di ricevere un maggiore sostegno.
Il vero scandalo di questa vicenda, cara Signora, non è quello dei franchi tiratori. È l’opacità dell’intera operazione. I grandi elettori si sono divisi secondo frontiere politiche, ma nessuno ci ha mai detto esplicitamente perché Marini fosse meglio di Rodotà o Rodotà meglio di Prodi. Ciascuno dei candidati era felice di essere in lizza, ma nessuno di essi ha detto ai suoi connazionali che cosa avrebbe fatto al Quirinale e perché la sua candidatura fosse meglio di quella dei suoi concorrenti.
Questa situazione era tollerabile quando i partiti e il Parlamento potevano dare un governo al Paese. Diventa democraticamente intollerabile nel momento in cui la formazione del governo dipende da un intervento decisivo e risolutorio del capo dello Stato. Non vorrei essere frainteso. Credo che una Repubblica semipresidenziale, ispirata al modello della Francia, risponda alle esigenze del Paese. Ma bisognerà cambiare la legge elettorale e, in particolare, lasciare ai cittadini la scelta del presidente.
Sergio Romano