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 2013  aprile 27 Sabato calendario

IL FIGLIO DI PRODI: IL «NOSTRO» PD LONTANO DA ROMA —

Prodi-Due, la Vendetta, ha la faccia paciosa e lo sguardo curioso di Giorgio (Prodi), 42 anni, figlio dell’ex premier, da cui ha ereditato la passione per gli studi economici e per le dinamiche del grande gigante cinese (è ricercatore e titolare di un corso di Economia applicata avanzata all’università di Ferrara, oltre che membro del Comitato scientifico di Osservatorio Asia). L’altra sera, quando Giorgio è comparso all’assemblea autoconvocata dei «resettatori» bolognesi — giovani amministratori che chiedono «un altro Pd», la messa al bando dei «traditori» che hanno impallinato Prodi e sono a dir poco critici verso qualsiasi soluzione che coinvolga Berlusconi —, più di uno in sala (e anche fuori) ha pensato che il buon Giorgio, come Elwood nei Blues Brothers, fosse lì in missione: per conto del padre. Lui ride e, tanto per restare in tema cinematografico, risponde così a chi ipotizza un’inedita successione sulla via del rancore: «Ma quale risentimento! Sostenerlo, come diceva Fantozzi, è una boiata pazzesca. Mi sembrava giusto esserci per sentire quali idee venivano proposte. E’ evidente che quel Pd che si è riunito a Bologna è diverso da quello che ha agito a Roma. Ma sarebbe un errore metterla sul piano emozionale: così è la politica. Non ho mai detto che mio padre è stato pugnalato, è una terminologia che non mi appartiene: ho solo sottolineato che, nel caso della sua mancata elezione, hanno prevalso schemi di un certo tipo, che non tutti naturalmente sono tenuti a condividere».
Di sicuro non li condivide Giorgio, che, pur mantenendo un rapporto distaccato dalla politica («Faccio un mestiere che mi appassiona molto»), non ha mai nascosto le sue simpatie per il Pd, vivendo con sobrietà la vita di partito: «Non era la prima volta che partecipavo a una riunione dei Democratici bolognesi. Lo faccio spesso, soprattutto quando si parla di economia...». D’accordo, ma stavolta il piatto era bollente e la ferita del Colle bruciava. «Può darsi, ma io sono andato con la massima serenità. Sapevo di trovare tanti giovani e di tornare a respirare le atmosfere immaginate nel ’96...». Anni lontani, quelli dell’Ulivo. Giorgio si laureava a Bologna in economia e commercio, mentre il padre saliva per la prima volta a Palazzo Chigi. «Penso che quel progetto sia ancora valido — afferma — e che sia quello il Pd che piace alla gente».
E’ la normalità ciò che il figlio del Professore cerca per sé e la sua famiglia. Anche se molti non ci credono, la bocciatura di suo padre per il Colle è stata accolta in casa quasi come una liberazione: «Siamo più sereni così, passare tanti anni sotto i riflettori è faticoso». Lo stesso ex premier ha pubblicamente rivelato «la felicità di Flavia quando sono tornato a Bologna non presidente».
Anche se resta la delusione per come è stata gestita l’operazione e per il clima d’anarchia che avvelena il partito. Anche per questo Prodi non si era fatto grandi illusioni.
Raccontano che nell’ampia cerchia familiare ci sia stato chi aveva addirittura scommesso sulla sua sconfitta (animato da affettuosa scaramanzia), vincendo più di una cena. Capitolo chiuso. Giorgio è tornato alle sue lezioni di economia: «Ma parteciperò ancora alle riunioni del Pd: è un mio diritto, non mi faccio condizionare...». A costo di passare per il Vendicatore con delega.
Francesco Alberti