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 2013  aprile 26 Venerdì calendario

COME FANNO I RE DI DENARI


Ma dove li mettono i quattrini, i veri ricchi del pianeta, quando non li investono nei business che li hanno fatti diventare ricchi? Copiarli è impossibile, però qualche spunto interessante le ultime mosse dei Paperoni della terra lo possono dare. Ecco cos’hanno comprato negli ultimi mesi i primi dieci della classifica del 2013 di "Forbes" e altri cinque tra i più rappresentativi nei diversi continenti. Il messicano Carlos Slim, quello che secondo la rivista americana è l’uomo più danaroso del globo, è andato sul classico: ha scelto il mattone. Pur continuando ad allargare i confini del suo impero telefonico (ha acquistato quote di Austria Telekom e dell’olandese Kpn), nel corso del 2013 il tycoon di America Movil è entrato con la Elementia, di cui possiede il 46 per cento, nell’avventura della Cementos Frontaleza, società nuova di zecca per dar vita alla «miglior fabbrica di cemento del Messico». Una scommessa da 300 milioni di dollari. Attraverso la holding Group Carso, poi, ha rilevato dall’istituto di credito iberico CaixaBank ben 439 proprietà immobiliari, sganciando 563 milioni di dollari. Il secondo dei ricconi planetari, Bill Gates di Microsoft, preferisce rimanere nell’alveo della tecnologia avanzata. Con la sua Cascade Investments, negli ultimi mesi ha messo decine di milioni a sostegno di tre società che si occupano di energia: Aquion Energy, che sostiene di aver sviluppato una batteria low-cost realizzata con materiali non tossici; Light Energy, che studia la possibilità di stivare, sotto forma di aria compressa, l’energia creata da impianti eolici e fotovoltaici; e Ambri, start-up che vuol creare un sistema a basso costo per immagazzinare energia in batterie a metallo liquido.
L’europeo più facoltoso, invece, guarda al mattone come Slim. Amancio Ortega, spagnolo, patron del colosso dell’abbigliamento Zara, nel giro di pochi mesi ha speso ben 233 in immobili nella sola Barcellona. L’ultimo colpo a inizio 2013: circa 100 milioni per lo stabile di Plaza de Catalunya dove ha sede la banca Bbva. Prima, aveva sganciato 80 milioni per l’edificio dove c’è lo shop della Apple e altri 56 milioni per l’immobile al numero 56 del Passeig de Gracia.
Dall’Oracolo di Omaha, il finanziere-industriale più famoso al mondo, arriva invece un segnale di speranza per la vecchia carta stampata. Warren Buffett ha sempre detto di investire in società il cui business sia semplice da capire (nel portafoglio della sua Berkshire Hathaway azioni Ibm e Sanofi, Coca Cola e American Express, per esempio). Così, l’anno scorso ha speso 142 milioni di dollari per rilevare un business che più tradizionale non c’è: la stampa locale. Dalla Media General ha comprato ben 63 quotidiani perché, ha detto, «nei paesi e nelle cittadine in cui c’è un forte senso della comunità non c’è nessuna istituzione più importante del giornale locale». Ancora più classico l’investimento di poche settimane fa quando, insieme a Jorge Paulo Lemann (il secondo dei paperoni brasiliani e numero 33 al mondo), ha messo sul piatto 28 miliardi di dollari per rilevare la Heinz, il gigante del ketchup. Firmando così la più grossa acquisizione di sempre nel settore alimentare. A corredo, mitica la battuta di Buffett: «Heinz è la nostra azienda tipica e conosco personalmente il prodotto assai bene, avendolo apprezzato più volte».
Larry Ellison, che di soldi ne ha fatti a palate con l’informatica della sua Oracle, adesso ama coniugare lo sport con gli affari. Dopo aver rilevato e rilanciato il torneo di tennis Atp 1000 di Indian Wells, in California, cresciuto fino a diventare una specie di quinto Grande Slam, sta cercando di comprarsi l’Aeg, holding che controlla parecchi team sportivi di primissimo piano, come i Lakers e i Galaxy, cioè le squadra di basket e di calcio di Los Angeles. Nel frattempo, da amante del mare, ha fatto shopping alle Hawaii: con mezzo miliardo di dollari, è diventato il padrone di Lanai, la sesta isola per grandezza dell’arcipelago.
Sommando i patrimoni dei Koch Brothers, Charles e David, che vanno a braccetto nella sesta posizione dei ricconi con 34 miliardi di dollari a testa, i due industriali del Kansas supererebbero Bill Gates, in quanto a capienza del portafoglio. A capo della Koch Industries e munifici sostenitori del repubblicano Mitt Romney alle presidenziali dello scorso anno, i Koch sono entrati pochi giorni fa nell’American Greeting, leader del settore delle cartoline per gli auguri, sia cartacee che elettroniche. Come Buffett, inoltre, sono attratti dall’informazione tradizionale, e da mesi stanno battagliando per assumere il controllo della Tribune Newspapers Company, proprietaria del "Chicago Tribune", di altri giornali e di diversi canali televisivi. Per diventare grandi editori, tuttavia, i Koch dovranno vincere la concorrenza di un asso globale della notizia come l’australiano Rupert Murdoch. Poco noti in Italia, i Koch comandano una conglomerata con interessi che spaziano dalla chimica all’energia, dall’allevamento del bestiame ai materiali per le costruzioni.
Il cinese Li Ka-Shing, invece, che segue i Koch nell’Olimpo dei superdanarosi, in Italia è noto perché la sua H3G - da oltre un decennio impegnata a competere con Telecom, Vodafone e Wind nell’affollato mercato della telefonia mobile - potrebbe fondersi con l’ex monopolista tricolore. Intanto però, l’ultra ottantenne magnate nato nella Cina popolare ma residente a Hong-Kong non sta certo con le mani in mano. L’anno scorso ha acquisito la Wales & West Utilities, che distribuisce gas in Galles, e avviato una joint-venture per le energie rinnovabili in Australia, e nei primi mesi del 2013 ha comperato la Enviro Waste, che gestisce lo smaltimento dei rifiuti in Nuova Zelanda. Li Ka-Shing ha continuato a puntare anche sui suoi mercati strategici, prendendo il controllo dell’israeliana Scailex (telecomunicazioni) e dell’Asia Container Terminals, che agisce nella logistica portuale, uno dei pezzi forti del suo impero.
Liliane Bettencourt, unica donna presente nella top-ten di Forbes - che deve la corona di regina mondiale dei patrimoni al 30 per cento del capitale L’Oreal - non ha comprato ma ha venduto: l’isola di Arros e l’atollo di Saint Joseph, alle Seychelles. Li aveva pagati 18 milioni nel 1998, li ha ceduti nel 2012 per 60 milioni di dollari. Un’altra signora, al capo opposto del mondo, appare capace di conquistare parecchie posizioni in graduatoria nei prossimi anni: è l’australiana Georgina Rinehart, detta Gina, una fortuna messa assieme partendo dalle miniere di ferro ereditate dal babbo e cresciuta con una campagna acquisti che ha trasformato la Hancock Prospecting in uno dei leader mondiali nell’estrazione di ferro e carbone. Anche lei è stata attirata dai media, in cui ha investito 350 milioni di euro comprando il 10 per cento della Network Holdings, uno dei principali gruppi editoriali di Perth, e la Fairfax Company, che possiede molte testate tra cui "The Age" e "The Sidney Morning Herald".
Un altro big dell’acciaio come l’indiano Lakshmi Mittal, per anni il più ricco d’Inghilterra e ora superato dagli oligarchi dell’Est europa che hanno invaso Londra, qualche mese fa ha diversificato a suo modo nel mattone, rilevando le attività nel campo dei materiali per le costruzioni di Lafarge e AngloAmerican nel Regno Unito, uno shopping da 450 milioni di dollari. Decisamente più glam l’ultimo colpo di Bernard Arnault, il finanziere bretone che guida il colosso del lusso Lvmh: a fine 2012, ha sborsato ben 85 milioni per un negozio sulla Rodreo Drive, la spesa più alta mai sostenuta per un esercizio commerciale nella celebre via dello shopping di Los Angeles.
Nei primi posti della dorata graduatoria non c’è il saudita Alwaleed Bin Talen, cui "Forbes" attribuisce una fortuna di appena 20 milioni di dollari, dubitando della serietà delle quotazioni alla Borsa di Ryad. Il principe, che contesta i metodi della rivista, già detiene corpose quote in società come NewsCorp e Citibank, ha comprato azioni Twitter per 300 milioni di dollari, Un altro che si sente sottovalutato dopo essere sceso al centesimo posto del ranking è il magnate brasiliano Eike Batista. Ha perso decine di posizioni per colpa dei tracolli subiti in Borsa molte delle sue società, come la Ogx Petroleo. Secondo la stampa carioca avrebbe perso 2 milioni di dollari all’ora (oltre 1,6 miliardi al mese), senza affatto perdere la voglia di investire nei campi più diversi. Si è lanciato nella costruzione di una nuova fabbrica di semiconduttori, smania per entrare nelle centrali termoelettriche e ha comperato la Imx Talent, l’agenzia che cura l’immagine e i diritti di celebri sportivi. Tra cui l’estroverso Neymar, 21 anni, stella del pallone brasiliano. Ai ricchi, in Brasile come in Italia, piacciono i calciatori con la cresta.


Ha Collaborato Stefano Vergine