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 2013  aprile 26 Venerdì calendario

ANNA PROCLEMER

Anche se avesse detto solo la fatidica battuta «il pranzo è servito» Anna Proclemer sarebbe stata protagonista. La grande attrice, nata a Trento il 30 maggio 1923, morta nel sonno la notte di mercoledì nella casa di Roma, come ha comunicato la figlia Antonia, dopo un periodo di malanni, è stata animale da palcoscenico, come si dice, fin quando 19enne debuttò in Minnie la candida di Bontempelli (Università di Roma, 1942), uscita dalla scuola di Bragaglia, fino allo sfrontato Diario privato di Léautaud, 2005, diretta da Ronconi.
In mezzo, la storia del teatro privato, complice l’impresario Ardenzi, 40 anni di tournée in tutta Italia e ovunque aveva la coda al camerino. Poche vacanze negli Stabili: nel ’48 Il gabbiano di Cecov al Piccolo col giovane Strehler che poi rincontrò per Le balcon di Genet: ma non era tipo da plasmare, era capace di far tutto da sola (si diresse infatti in un Pirandello). Pur non attrice di cinema (ma si possono ricordare due eccellenze, Viaggio in Italia di Rossellini e Nina di Minnelli), l’ultima prova fu il cameo in Magnifica presenza di Ozpetek per cui gli smemorati gridarono al miracolo, riscoprendola. In finale di partita, la figlia Antonia Brancati, nata dal matrimonio nel ’46 con lo scrittore siciliano del Bell’Antonio e Paolo il caldo, le ha promesso che, presente o assente, giovedì 30 maggio si festeggeranno i 90 anni: magnifica presenza, appunto. Non voleva funerali pubblici, solo una cerimonia laica. Ma il Comune di Roma ha annunciato la camera ardente nella sala della Protomoteca (oggi, dalle 14 alle 17), mentre anche il presidente Napolitano ha espresso il suo cordoglio: «Grande artista, lascia un segno inconfondibile».
Contemporanea sempre a modo suo, bella, sguardo prensile, imperiale nei movimenti scenici, di dizione implosiva e personale, l’attrice, anche doppiatrice (la Sanson, la Bancroft, la Garbo dopo la Lattanzi), svecchiò birignao e manierismi delle primedonne, da quando fu Ofelia accanto a Gassman. La Proclemer, «ruvida dolcissima» come ricorda la collega amica Franca Nuti, fu amatissima nel classico che sapeva traslocare qui e ora: memorabile Figlia di Jorio, Spettri, due volte regina nell’Amleto di Zeffirelli, poi in Maria Stuarda; e Danza di morte di Strindberg, Shaw, Verga. Coraggiosa anche nel proporre testi nuovi, non facili né comodi, spesso oltre il comune senso del pudore delle platee borghesi: primo dramma sulla droga Un cappello pieno di pioggia, Requiem per una monaca di Faulkner rivisto da Camus, I sequestrati di Altona, le colpe naziste secondo Sartre, il freudiano Lavinia tra i dannati di Terron, il Brusati ispirato di Pietà di novembre e La fastidiosa, lo psicologismo alcolico della Ragazza di campagna di Odets (al cinema fu Grace Kelly), le scene di un matrimonio di Albee (Chi ha paura di Virginia Woolf?), la dolorosa autobiografia di O’Neill (Lunga giornata verso la notte), la scostumata Signorina Margherita e le Piccole volpi della Hellman, sudista perfida come Bette Davis e il classico beckettiano dei Giorni felici sepolta dalla sabbia. Fu diretta dai migliori registi, da Squarzina a Crivelli, che pochi anni fa le fece calcare il palco della Scala nel ruolo recitato della Duchessa in Figlia del Reggimento. Un discorso a parte merita la battaglia dell’attrice per vincere l’ottusa censura dell’epoca e allestire nel ’65 la Governante di Brancati, sull’omosessualità femminile. Al suo fianco i grandi, da Ricci alla Magni, da Cervi alla Pagnani, da Gassman a Tedeschi, la Nuti e la Brignone, ma soprattutto il suo Giorgio con cui fu divina Nastasja Filippovna tv nell’«Idiota». Ai tempi delle «ditte», la Proclemer-Albertazzi era attesa, adorata dai fan in tripudio: la relazione col partner, dopo la morte di Brancati, contribuiva al pathos teatrale per cui periodicamente, come per invisibili ricorrenze, i due compagni tornavano insieme (Antonio e Cleopatra, Caro bugiardo, Diario privato) dopo aver fatto altre scelte affettive e artistiche. E a chi nel ’60 la vide nella prima Anna dei miracoli di Gibson con una Ottavia Piccolo di 10 anni sorda muta e cieca, vengono ancora i brividi.
Soprattutto ma non solo attrice, la Proclemer: una donna viva, brillante, amica di intellettuali come Landolfi, che a 80 anni suonati, si organizzò in rete un sito di cui andava giustamente fiera, anche coi ricordi di bambina, aveva pubblicato un carteggio con Brancati («Lettere di un matrimonio») e di recente aveva mandato agli amici «Diari di viaggio», i safari con l’animalista Ardenzi ma soprattutto tour a Londra e New York per tenersi informata sulle novità. Da tempo si era ritirata, l’ultima compagnia fu con Bella figlia dell’amore di Harwood (da cui il film Quartet e il romanzo Adelphi di Rhys), dove era una cantante famosa in casa di riposo. Rimpianti e nostalgie, ma non troppi: era sicura però d’aver lavorato, sperato e vissuto in un mondo migliore.
Maurizio Porro