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 2013  aprile 26 Venerdì calendario

HOLLANDE, AFFARI IN CINA. E UN PASSO INDIETRO PER I DIRITTI (E VALERIE) —

Il presidente francese François Hollande è arrivato ieri a Pechino per una visita di 37 ore con un doppio obiettivo: rilanciare le esportazioni per ridurre un deficit commerciale pesantissimo (26 miliardi di euro, vale a dire il 40% di quello totale di Parigi) e presentarsi come interlocutore privilegiato alla nuova leadership della seconda economia del mondo.
Hollande è il primo capo di Stato occidentale ricevuto in Cina da quando si è concluso il ricambio al vertice del potere, con la nomina a presidente della Repubblica Popolare di Xi Jinping e a premier di Li Keqiang, a marzo. E il capo dell’Eliseo è sembrato molto preso da questo suo ruolo di battistrada, tanto che mentre scendeva dalla scaletta dell’aereo ha lasciato la compagna Valérie Trierweiler indietro, ad almeno sei gradini di distanza. Un atteggiamento che si sta ripetendo nelle missioni all’estero del leader della sinistra francese. E che per la verità contrasta anche con il nuovo stile della Cina, dove Xi Jinping non si è vergognato di mostrarsi affettuoso e galante con la moglie Peng Liyuan, scendendo a braccetto con lei dall’aereo che lo ha portato a Mosca qualche settimana fa. La Francia progressista che tiene in disparte, quasi in castigo la sua première dame mentre la Cina maschilista si entusiasma per avere finalmente una first lady di livello occidentale? Contraddizioni del mondo globalizzato.
Hollande era inseguito dalle critiche della stampa francese per la timidezza sul fronte dei diritti umani, sacrificati a una Realpolitik dettata dalla speranza di rilanciare gli interessi commerciali della Francia in un periodo di crisi.
Il presidente francese ieri sera ha toccato il tema, parlando con i giornalisti del suo Paese ha assicurato che: «Abbiamo affrontato questi argomenti in modo franco e rispettoso», citando il Tibet (dove altri tre uomini si sono appena immolati per protestare contro la repressione), e anche una lista europea di dissidenti cinesi nella quale figura il premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo, in carcere dal 2009.
Ma subito dopo il leader francese di sinistra ha voluto precisare che «abbiamo parlato anche del nostro partenariato politico, del nostro ruolo su scala mondiale, della crescita». E rispondendo a una sollecitazione di Xi Jinping ha promesso che «tutti gli ostacoli, tutti i freni, tutte le procedure che frenano gli investimenti cinesi in Francia saranno tolte».
Subito dopo sono stati firmati accordi per la vendita di 60 Airbus, reattori nucleari e per la costruzione di una nuova fabbrica Renault dove saranno prodotte in joint venture con la Cina 150 mila auto l’anno. Non si può quindi fare a meno di notare una reticenza del capo dell’Eliseo a confronto con gli Stati Uniti, che hanno appena chiesto chiarezza su un fatto di sangue che ha causato 21 morti nella provincia occidentale dello Xinjiang, secondo Pechino in un’azione antiterrorismo contro la minoranza uigura. «Invochiamo trasparenza e un giusto processo», ha detto il dipartimento di Stato di Washington.
Di fronte a questo, naturalmente, i sei gradini di distanza di madame Trierweiler sono una stranezza risibile.
Guido Santevecchi