Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 26 Venerdì calendario

DA PALERMO A PARIGI LE CONFESSIONI DI UN’ÉTOILE

DA PALERMO A PARIGI LE CONFESSIONI DI UN’ÉTOILE–
A 11 anni, Eleonora Abbagnato era già in tournée con la Compagnia di Balletto di Marsiglia. La mamma non le mancava. Il magone non le venne neanche quando dormì la prima volta lontana dalla sua casa a Palermo. «Sapevo che volevo fare la ballerina. Ero fiera che nella compagnia mi trattassero già come un’artista. E quando a 12 anni andai a studiare danza a Cannes, ero felicissima perché potevo ballare da mattina a sera con le altre bambine, alloggiate come me nel campus della scuola».
Per capire come e perché Eleonora sia dal 27 marzo scorso la prima italiana mai nominata étoile dell’Opéra di Parigi, bisogna figurarsela bambina in aeroporto, un cartello al collo con nome e destinazione, orgogliosa ed eccitata a dispetto di come uno potrebbe immaginarsi una bimba sballottata da una città all’altra. E bisogna riflettere sull’espressione che usa quando ti racconta del suo primo appartamento, dopo sette anni di collegio a Cannes, poi a Marsiglia, infine a Parigi nell’école de danse più prestigiosa del mondo. Dice: «Quando compi 18 anni, l’Opéra ti obbliga a lasciare il collegio e vivere da sola». “Ti obbliga”. Fosse stato per lei, in collegio, ci sarebbe rimasta. «Ne sono uscita senza aver mai desiderato di fare shopping o andare in discoteca, di truccarmi o fare una “fuitina“ d’amore».
Tradizione dell’Opéra vuole che le étoile siano nominate sul palco, dopo un’esibizione magistrale. Per Eleonora, l’occasione è stata l’ultima replica parigina della Carmen di Roland Petit. «Quando la direttrice Brigitte Lefèvre ha annunciato la promozione, mi sono sentita come se mi precipitasse addosso tutta la vita vissuta fin qui». E dunque, le attese in aeroporto, gli anni di collegio, i weekend a Parigi con una famiglia semiadottiva, i Manoury, poiché l’Opéra scoraggiava i ritorni a casa per evitare soprassalti di nostalgia.

E anche in tivù. La trentaquattrenne Eleonora un po’ si aspettava la nomina, un po’ no: «Madame Lefèvre, da sempre il mio faro, si era complimentata già durante le prove, ma da otto anni coreografi come William Forsythe, Maurice Béjart, Pina Bausch mi sceglievano per ruoli da étoile senza che accadesse niente». Nel dubbio, la sera dell’ultima replica, i suoi genitori erano in platea. Mancavano suo marito Federico Balzaretti, calciatore, impegnato con la Roma, e la figlia Julia, 14 mesi.
Nel corpo di ballo era entrata nel 1996. Tre anni dopo, la promozione a coryphée, nel 2000 a sujet, nel 2001 a première danseuse. Anni vissuti senza altri grilli per la testa. La moda, per dire, è una scoperta recente. «A me basta un pigiama di pile per dormirci la notte», dice. Fu Karl Lagerfeld a lanciarla come icona glamour. «Merito di Elena Ghidini, che oggi è la mia personal manager, ma che lavorava per Fendi e mi volle a una sfilata». Lì lo stilista la vide e le chiese di fotografarla. Arriva così la popolarità: Sanremo 2009, il video di Vasco Rossi A ogni costo, Ballando con le stelle su Raiuno, e ora per cinque puntate Amici, il talent di Canale 5.
«Se c’è un ruolo per il quale amerei essere ricordata», osserva, «è quello di portavoce del balletto in Italia, dove i teatri sono in crisi, a cominciare dal Massimo nella mia Palermo, il cui corpo di ballo è decimato. Il balletto è il più penalizzato dai tagli ai finanziamenti pubblici, ma i nostri governanti dovrebbero accorgersi che fa guadagnare più dell’opera. E si dovrebbero far ballare di più le compagnie italiane, invece che le straniere».
A dicembre, il corpo di ballo della Scala di Milano ha minacciato sciopero. Volevano un’indennità supplementare per danzare su un palco inclinato. Richieste anacronistiche?
«Io, in questo, sono molto “Parigi”».
Sarebbe?
«All’Opéra Garnier, noi ballerini non ci siamo mai lamentati di niente».
Ha mai ballato su un palco inclinato?
«Io no, ma la mia compagnia sì».
Con o senza indennità supplementare?
«Credo proprio senza».
Le beghe della danza e dei teatri non la appassionano. Le chiedi se segue il totonomine per la Scala e si scusa perché non ha capito la domanda. Tocca spiegarle che il sovrintendente Stéphane Lissner lascia nel 2015 e manca il nome del successore. Tace.
Lei chi si auspica alla Scala?
«Non ne ho idea».
Ha seguito il caso del Bolshoi, dove il direttore artistico è stato sfigurato con l’acido, forse per una rivalità tra ballerini?
«Ah sì? Non seguo tanto quello che succede in Russia».
Ne hanno parlato in tutto il mondo.
«Ho letto qualcosa».
Il mondo della danza è competitivo come dicono?
«Io non ho mai subito una cattiveria».
Ha visto Il Cigno nero?
«Non mi è piaciuto: la rivalità tra le due ballerine era troppo esagerata».
Delle polemiche sul licenziamento di Mariafrancesca Garritano dalla Scala dopo aver denunciato l’anoressia tra le ballerine le è arrivata l’eco, ma non le interessa parlarne: «È una storia troppo ridicola: è impossibile tenere un ruolo, se non mangi».
Lei quanto mangia?
«Rinuncio soltanto al pane, ma sono “una pastara”».
È piccolo il mondo di Eleonora Abbagnato, seppure denso, ma solo di cose come il duro lavoro quotidiano, e la sua famiglia, i putti che colleziona, i video da ripassare la sera coi balletti delle étoile preferite. Non fai una strada come la sua, se stai a perder tempo con altro. Nel 2010 Nicolas Sarkozy l’ha nominata Chevalier de l’Ordre national du Mérite. Come Gérard Depardieu, che poi ha lasciato la Francia in polemica con le nuove tasse sui ricchi. «Tasse sui ricchi? Ah sì? Io sono salariée, le tasse le pago e vivo tranquilla», fa lei, incurante di polemiche che infuriano da mesi.
Però Eleonora ti può parlare per ore di Roland Petit e Pina Bausch che le hanno insegnato «a interpretare ogni ruolo fino alla fine», o delle volte che ha ballato con la febbre a 40. Parla volentieri anche di sua figlia, Julia: «Quando torno a casa, mi bacia e non mi si stacca dalle gambe. Essere mamma è il modo più bello per avere una vita normale. Adesso, se ho un’ora libera, non mi pesa, perché so che la passo con mia figlia». Cioè: prima, un’ora senza danza era “un peso”. Ride.
Ride anche quando racconta di suo marito Federico Balzaretti. «Ci ha presentati il nostro parrucchiere. Diceva che siamo uguali: seri, devoti lui al calcio e io alla danza, e con lo stesso senso della famiglia. Era aprile 2010. A Natale, mi ha chiesto di sposarlo, a giugno eravamo marito e moglie».
Avete deciso in soli sei mesi.
«È meglio così che aspettare vent’anni e lasciarsi tristi».
Di che cosa parlano una ballerina e un calciatore?
«Di viaggi, musica, vacanze, del nostro futuro, delle nostre figlie».
Dice “le nostre figlie”, ma due sono solo di suo marito.
«Lucrezia e Ginevra hanno una madre ed è un bene, ma vivono con noi, anche se Federico è a Roma, io a Parigi. E io sento la responsabilità anche di queste bambine».
Dal 3 al 21 maggio, Eleonora danzerà all’Opéra Garnier in Orphée et Euridice di Pina Bausch, poi sarà a Caracalla dal 12 luglio con la Carmen. Tra otto anni, scatterà l’età della pensione e dovrà lasciare l’Opéra. Dopo, ha un sogno: «Dirigere una compagnia in Italia, per portare nel mio Paese quello che mi ha dato la Francia».