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 2013  aprile 21 Domenica calendario

SONO ASSASSINE, MA QUANTI MISTERI IN QUELLA FAMIGLIA

Come in un romanzo di Simenon. Ci dev’essere un segreto inconfessabi­le nella tragedia di Avetrana. Concet­ta, la mamma di Sarah, dal primo gior­no punta il dito contro la foto di grup­po e ripete: «Cercate in famiglia». La fa­miglia di Michele. Un piccolo clan che in questi anni ha resistito come un bunker alle bordate della magistra­tura, alle incursioni dei media, alla tat­tiche dei diversi protagonisti. Un pu­gno di contadini della Puglia più pro­fonda, facce antiche fra gli ulivi e il ma­re, ha tenuto in scacco la magistratura e il Paese intero. Furbizia, uno spirito di sacrifico male inteso e qualcosa di non detto che nessuna cimice o inter­cettazione è riuscita a strappare.
C’è una ragazzina,solare e spensie­rata come la sua età richiede, che in quella villetta ben tenuta in fondo al paese ci va spesso e volentieri perché lì abita la sua seconda famiglia; ma ha fatto male i suoi calcoli e finisce in trap­pola: evidentemente qualcosa stride. Sotto la crosta di quelle esistenze im­merse nella campagna, con ritmi anti­chi e calendari massacranti, ribol­lono passioni altrettanto elemen­tari che possono rompere la mono­tonia della routine tagliandola con un lampo di violenza cieca.
Michele, poveretto, si alza alle tre del mattino e si spacca la schie­na nei campi, come in un racconto dell’Ottocento. Fatica e sudore. Ma dietro le mura domestiche, a quanto abbiamo imparato, c’è al­tro. Michele non dorme nemmeno nel lettone, lui è confinato in una branda, come un precario, perché di là, la camera, è il regno delle don­ne. Cosima e Sabrina.
Sabrina, la cugina, sfigura nel confronto:è l’icona della mediocri­tà. Fa o vorrebbe fare l’estetista, ma soprattutto vorrebbe colorare quella cartolina grigiastra. Non è facile vendere bellezza e charme per lei che è tarchiata e bruttarella. Sua cugina sì che indossa come un vestito naturale grazia e leggia­dria: è lì che scocca la scintilla as­sassina? Leggeremo le motivazio­ni della sentenza perché, udienza dopo udienza, non è che abbiamo capito. Può essere che il motore di Sabrina abbia funzionato in questi anni con la benzina dell’invidia, come in un saggio di Girard, e poi sia esploso nel rogo finale. Ipotesi.
Sua madre Cosima è una masche­ra impenetrabile. Qualcosa, e più di qualcosa, si coglie dai dettagli. Un pomeriggio, con i cronisti assie­pati lì davanti, col mondo intero che vuol sapere e si è dato appunta­mento a casa Misseri, Michele tor­na dai campi. Sempre con quel cap­pellino in testa, segno distintivo co­me lo stuzzicadenti per Pacciani, altra figura arcaica e altro presun­to mostro che probabilmente ave­va solo il phisique du rôle dell’or­co, e Michele vorrebbe fermarsi a conversare con i microfoni e i tac­cuini. Ma lei, con un gesto imper­cettibile, lo spinge dentro e chiude la porta. Senza nemmeno dover pronunciare una sillaba. Inesora­bile. Una scena che vale come una sentenza e che prefigura quel che può essere successo quel 26 ago­sto. È Cosima la padrona di casa. Lui ubbidisce perché la moglie tie­ne la cassa, tiene la proprietà, tie­ne la roba. E chissà che non sia lì, frale pieghe dell’eredità e dell’eco­nomia domestica, il mistero che Sa­rah ha forse sfiorato. Chissà. Cosi­ma gestisce la famiglia, Michele, sempre in bilico fra scaltrezza e mi­tomania, è solo un soldato. Tace. Poi fa trovare il corpo della nipoti­na, poi comincia la giostra delle ver­sioni che spiegano e confondono tutto e tutti. Il garage. Il compresso­re. La cinta. La corda. L’auto. La contrada Mosca. L’omicidio per un movente sessuale che convince poco o nulla. È scabrosa, la chiave del giallo? No, forse c’entra l’invi­dia. O la roba. O l’odio che tagliava come una faglia le famiglie di Cosi­ma e Concetta. Ma forse tutte que­ste spiegazioni si tengono insieme e legano madre, padre, figlia. Una ragazzina entra in quel nido e fini­sce a marcire in un pozzo. Michele la toglie di mezzo senza pietà, qual­cuno l’ha uccisa, tutti mentono e nessuno l’ha protetta. Forse il lam­po di morte è partito all’improvvi­so, anche se le condanne all’erga­st­olo rimandano ad una premedita­zione luciferina, ma c’è un collante feroce, al di là del gioco delle parti e del rimpallo delle colpe e delle re­sponsabilità, che tiene insieme Co­sima, Sabrina e Michele. Qualcosa di ancestrale, ben mimetizzato fra la cucina, il salotto e la cabina da estetista di Sabrina. Il pianto della figlia, il silenzio della mamma, la sceneggiata senza misura del pa­dre: la recita è durata troppo a lun­go. E non ci ha permesso di leggere l’epilogo. Il segreto è rimasto die­tro quelle mura impenetrabili.