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 2013  aprile 20 Sabato calendario

I TEDESCHI CHE RIFIUTANO L’EURO «USCIRE COSTA, RESTARCI È PEGGIO»


Ma chi l’ha detto che i tedeschi sono tutti austerity e disciplina? Da domenica scorsa la Germania ha un partito nuovo di zecca, che si batte per restituire agli Stati membri dell’Unione europea la sovranità economica perduta. Nato suimpulsodi ungruppo di economisti e giornalisti, Alternative für Deutschland (AfD) si presenterà alle elezioni federali del 22 settembre prossimo con un programma chiaro: chiudere il rubinetto degli aiuti e dare la possibilità ai Paesi in crisi di tornare alle valute nazionali. Alla base c’è l’idea che il progetto di una moneta unica fosse errato in partenza. Gran parte dei professori che hanno contribuito a fondare la nuova formazione sottoscrissero già a fine anni Novanta un celebre manifesto contro l’introduzione dell’Euro. Il tentativo della Cancelliera, oggi, di salvare a tutti costi la moneta unica è un prezzo troppo alto per essere pagato, sostengono. Sia per la Germania, sia per gli Stati che ne subiscono i diktat.
Ne è convinto anche il settantunenne Konrad Adam, per vent’anni nella redazione culturale del quotidiano conservatore Frankfurter Allgemeine Zeitung e oggi tra i fondatori di Alternative für Deutschland: «Nessuno mette in dubbio che i costi di un’uscita dall’Euro siano alti - spiega parlando con Libero - visto che il governo federale già oggi ha offerto garanzie per molti miliardi di euro agli Stati in crisi. Ma noi siamo convinti che i costi saranno ancora più alti se continueremo con questa politica di salvataggio.
Quando sarà caduta anche la Germania, non ci sarà più nessuno che potrà aiutare gli altri, nemmeno voi italiani», chiosa sornione.

TRA L’1 E IL 3 PER CENTO
Prima ancora che un movimento per il ritorno alle monete nazionali, Alternative für Deutschland si batte contro i fondi di stabilizzazione finanziaria e gli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, tutte misure avallate dalla maggioranza cristiano-liberale. Di qui l’aspirazione del nuovo partito di poter intercettare i voti dei delusi delle politiche europee della Merkel e del suo governo. Che però, data la buona situazione economica in cui versa la Germania, non sembrano dover essere tantissimi. I sondaggi indicano che AfD viaggerebbe al momento tra l’1 e il 3%, troppo poco per poter entrare al Bundestag, il Parlamento tedesco. Nondimeno si tratterebbe di voti preziosi sottratti in buona parte alla coalizione tra democristiani, cristianosociali e liberali; coalizione che dopo i primi tiepidi commenti sulla nascita del nuovo partito, sembra ora averne afferrato la pericolosità.
Il movimento conta già più di cinquemila iscritti e, stando ad alcune indagini demoscopiche, circa un tedesco su cinque si immagina di poterlo votare. A fare presa non è tanto la promessa di un ritorno all’amata D-Mark -«nel nostro programma non c’è e non ci sarà mai», fa notare Adam- quanto la coerente difesa di principi liberali come la responsabilità fiscale degli Stati e la lotta contro la minaccia di uno Stato europeo.

«VECCHI PARTITI FALLITI»
D’altro canto, il “voto utile” giocherà anche in Germania un ruolo determinante. Per paura che sia l’alleanza rosso-verde tra socialdemocratici ed ecologisti ad assicurarsi la maggioranza, è possibile che alla fine molti tedeschi scelgano di ridare fiducia alla coalizione cristiano-liberale, nelle cui file sono comunque presenti diversi dissidenti anti-euro. Per Adam, tuttavia, tutti i partiti dell’arco parlamentare, esclusa l’estrema sinistra, sono accomunati da un unico scopo, il salvataggio dell’euro. «L’insinuazione di voler favorire Peer Steinbrück [il candidato socialdemocratico alla Cancelleria, nda] non ci tocca. Per noi l’Spd è esattamente come la Cdu».
Ma l’accusa che rischia di tagliare le gambe ai fautori dell’alternativa è di aver imbarcato anche alcune frange di partiti di estrema destra, come l’Npd e la Dvu. Adam nega che esista un tale problema: «È un tentativo dei media di delegittimarci. Vero è che ai nostri iscritti chiediamo referenze su un’eventuale passata militanza. Se salta fuori qualcuno con esperienze in queste formazioni, gli negheremo la tessera».
Per ora, stando sempre alle indagini demoscopiche, ad essersi avvicinati al movimento sono in maggioranza uomini, tra i trenta e i sessant’anni, in buona parte non laureati o con titoli di studio medio-bassi. Alla testa del movimento, però, c’è curiosamente un professore universitario, un certo Bernd Lucke, docente di macroeconomia all’Università di Amburgo. Voce stridula, poca esperienza politica, non sembra avere le carte per poter guidare il partito a lungo. Ma Adam contesta che vi siano rischi nel non essere politici di professione: «Anzi, è una nota di merito. Qui ad aver fallito non è solo la politica monetaria, ma anche la politica personale dei vecchi partiti. Anche da questo profilo, rappresentiamo un’alternativa». Resta il fatto che mancano circa cinque mesi alle elezioni federali e AfD non ha grandi finanziatori dietro le spalle: «Non abbiamo accesso al finanziamento pubblico - conclude Adam -ma la disponibilità dei cittadini a fare donazioni è davvero sorprendente. E lei non vuole per caso donare? Le lascio volentieri il numero del nostro conto corrente!».