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 2013  aprile 22 Lunedì calendario

USMANOV, UN UZBEKO SUL TRONO DEI PAPERONI DELLA GRAN BRETAGNA

Finalmente una buona notizia per la Gran Bretagna: i ricchi sono sempre più ricchi e la loro fortuna cresce sempre più in fretta. Peccato che in cima alla classifica 2013, tradizionalmente stilata dal «Sunday Times», non ci sia neanche un inglese vero, tutti russi e indiani. D’altra parte da un pezzo è proprio la globalizzazione a fare la differenza rispetto al passato: quest’anno la cifra che i mille ricconi britannici hanno aggiunto al loro patrimonio, 35,4 miliardi di sterline, è quasi uguale alla somma dei patrimoni dei mille Cresi della prima classifica nel 1989, alla fine dell’era Thatcher. La grande maggioranza del Paese che nell’anno trascorso è diventata più povera a causa dell’inflazione e della scure del cancelliere Osborne, non potrà dire che tutto va male.

Il primo della lista è Alisher Usmanov, uzbeko-russo di 59 anni. Vale 13,3 miliardi di sterline, con un incremento dell’8 per cento in un anno. Il primo cent guadagnato vendendo buste di plastica, è diventato il primo produttore russo di ferro con la sua Metalloinvest, ha partecipazioni nella più importante azienda russa di Internet, mail.ru, e una holding in MagaFon, operatore di telefonia mobile quotato alla borsa di Mosca e di Londra. E poi mille altri investimenti, anche in America.

Corpulento, lo guardo assorto, malinconico quasi, cominciò la sua carriera nel natio Uzbekistan dove si fece sei anni di prigione per frode nel 1980. La sentenza, di otto anni, fu cassata dalla Corte Suprema nel 2000 perché i fatti non sussistevano e le prove erano fabbricate. L’azienda di pubbliche relazioni Finsbury che curava l’immagine di Uslamov cercò goffamente di togliere la notizia da Wikipedia ma fu pinzata dal «Times». Lui disse: «Posso dirlo davanti al Corano, in tribunale, ovunque: sono un uomo onesto».

Usmanov, musulmano, ha sposato da giovane un’allora ginnasta ebrea russa, Irina Viner. In Inghilterra abita a Sutton Place, la dimora Tudor nel Surrey che è stata del magnate petrolifero Jean Paul Getty. Poi ha un appartamentino da 48 milioni di sterline nel Nord di Londra. La passione per lo sport lo ha portato all’investimento per cui forse è più noto tra il largo pubblico: la sua quota nell’Arsenal, il 30 per cento insieme al businessman anglo-persiano Farhad Moshiri.

Al secondo posto c’è un altro russo, emigrato negli Usa, Len Blavatnik, 55 anni, boss dell’alluminio, della chimica e dei media con la Warner Bros. Dietro, i fratelli Hinduja, indiani, industria e finanza. Poi viene il grande sconfitto, Lakhsmi Mittal, il paperone indiano dell’acciaio che è scivolato al quarto posto dopo quattro anni in vetta alla classifica. E infine al quinto il patron del Chelsea Roman Abrahmovic, petrolio e industria, con soli 9,3 miliardi. Sceso di 200 milioni.

Finora tutti stranieri residenti (magari per ragioni fiscali), ma gli inglesi? Bisogna andare all’ottavo posto per trovare il duca di Westminster con le sue proprietà immobiliari nel dorato centro di Londra. La regina Elisabetta, prima nella prima classifica del 1989 che calcolava anche il patrimonio artistico, è oggi solo duecentosessantottesima.

Ma dove sono finiti quei bei ricchi di una volta, che producevano cose concrete? Il primo britannico capitano d’industria è Tony Langley che ha rilevato un’azienda tedesca di macchine da stampa: all’84° posto con un miliardo di sterline (però il 163 per cento di incremento annuo). Cosmopoliti, i nuovi megaricchi si muovono nel mondo globale alla velocità con cui su Internet corre il denaro. Sotto di loro il mondo degli altri, sempre più lontano.