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 2013  marzo 22 Venerdì calendario

CALCIO. TRA I BILANCI VINCE IL NAPOLI. MA I DEBITI IPOTECANO LA SERIE A

Lo scudetto dei bilanci lo vince il Napoli con 15 milioni di utile, seconda l’Udinese (8,8), terzo d’un soffio il Catania (4,3) davanti alla Lazio (4,2). Campionato da ricordare anche per Cagliari, Cesena — nonostante la retrocessione — Siena e Chievo, tutte in utile. Retrocesse le altre, dal profondo rosso dell’Inter (89,9 milioni di perdita) a quello del Milan (-67,3), della Roma (-58,5) e della Juventus (-48,7).
Il calcio italiano non riesce a trovare un punto di equilibrio e, anche se l’analisi dei bilanci si ferma alla stagione scorsa, quella precedente la virata al risparmio coincisa con le grandi vendite estive di Milan, Inter e Napoli, la soluzione appare ancora lontana. La Serie A nell’ultima stagione ha perso 292 milioni di euro e c’è poco da rallegrarsi se la perdita è diminuita rispetto all’anno precedente quando si toccarono i 307 milioni: negli ultimi 10 anni non c’è stata una sola stagione chiusa in pareggio, con una perdita aggregata pari a 2,5 miliardi di euro. Una follia. In Germania 14 dei diciotto club della Bundesliga hanno chiuso in utile, con un risultato netto aggregato di 55 milioni, in crescita dai 52,5 milioni dell’anno precedente.
Fatturato in crescita
Nell’ultimo esercizio la Serie A ha fatturato 1,64 miliardi di euro, in leggero aumento rispetto agli 1,628 miliardi dell’esercizio precedente, ma è ancora lontana dalla Bundesliga che ha chiuso l’anno a 1,87 miliardi e soprattutto dalla Premier League, il primo campionato di calcio al mondo, che ha toccato i 2,5 miliardi di fatturato, quasi il 30 per cento in più del campionato italiano. Peggio sta la Liga spagnola, su cui ora l’Unione europea ha aperto un’indagine sui debiti con il Fisco di alcune società.
La Serie A non si regge. Taluni puntano il dito verso stadi obsoleti e non di proprietà, ma è la visione strategica che sembra non accompagnare la gestione delle squadre di calcio, ancora troppo padronali e con un modesto contributo di managerialità. Lo evidenzia l’impatto sul fronte delle uscite delle spese per il personale: nell’ultimo esercizio sono aumentate a 1,18 miliardi dagli 1,156 precedenti: i calciatori costano troppo. E soprattutto, sul fronte delle entrate, lo dimostra l’impatto dei diritti televisivi: così ampio che giustifica il ruolo di dominus delle emittenti, specie di quelle a pagamento che a fronte di investimenti pluriennali possono fare la voce grossa anche in sede di stesura del calendario. Un capitolo controverso, quello dei diritti Tv, su cui ora anche l’Antitrust vuole vedere chiaro.
Il Milan, primo per ricavi a 243,2 milioni di euro, ne incassa 114 dai diritti televisivi, 81,4 dalla commercializzazione del proprio brand e solo 29,3 dallo stadio. L’Inter, seconda per entrate a 205,8 milioni, a fronte di ricavi televisivi quasi uguali al Milan (112,4) vede dimezzarsi nel confronto con i rossoneri i proventi da commercializzazione: 42 milioni. Poco meglio la Juventus (198,6 milioni di ricavi), con diritti tv a 90,6 milioni e ricavi commerciali a 53 milioni.
Il peso dei debiti
Soprattutto pesano i debiti, che oggi per i grandi club italiani ammontano a 1,63 miliardi di euro, di cui circa un miliardo nei confronti del sistema bancario. Il caso esemplare è quello della Roma, in cui Unicredit entrò ai tempi della gestione Sensi.
In pochi guardano avanti. Su tutti la Juventus, che si è indebitata per realizzare lo stadio di proprietà, seguita dal Catania che alle pendici dell’Etna ha realizzato gli impianti di Torre del Grifo e dall’Udinese, che dopo 27 anni di gestione da parte della famiglia Pozzo, ha appena siglato con il Comune di Udine un accordo per la gestione dello stadio Friuli della durata di 99 anni, un unicum in Italia.
Eppure i riscontri positivi non mancano. Lo conferma un’indagine dell’Università Bocconi sul valore della sponsorizzazione della Champions League da parte di Unicredit. L’accordo tra la banca italiana e la Uefa organizzatrice del torneo è triennale e già rinnovato, ma sono bastati i primi due anni per portare in positivo l’investimento della banca: 5 miliardi di contatti, 375 mila potenziali nuovi clienti, un ritorno pari al 199 per cento. Certo, Unicredit è presente in 22 paesi europei e non è da tutti, così come la Champions League coinvolge l’intera area europea, con oltre un miliardo di persone davanti alla televisione. Chi può offrire altrettanto? «Le ragioni del successo — spiega Paolo Guenzi, docente alla Sda Bocconi e curatore della ricerca — sono nel fatto che mentre i club calcistici si basano su una economia strana e malata, una banca come Unicredit deve stare sul mercato, rispondendo a logiche di ritorno degli investimenti. Questo progetto di sponsorizzazione, tra i più grandi di sempre per un’azienda italiana, è riuscito ad essere produttivo grazie al coinvolgimento a livello locale e a una direzione di sviluppo, verso Est, che accomuna sia l’Uefa che Unicredit».
Il calcio continua a essere un fenomeno sociale fatto di identificazione, appartenenza ed emozioni, fattori che da soli non bastano a far quadrare i bilanci, ma che danno la spinta per continuare.
Stefano Righi