Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 20 Sabato calendario

TELECOM PARLA CINESE PER USCIRE DAL TUNNEL

DA ANNI Telecom è in un vicolo cieco di lento, inesorabile declino: tanto debito da smaltire; un socio di controllo, Telefonica, che non ha interesse a investire perché il suo maggior concorrente in Sud America; e gli altri soci (Generali, Mediobanca, Intesa), riuniti nell’indebitata Telco, che non hanno risorse per aumenti di capitale. Il mercato interno della telefonia mobile è saturo, molto concorrenziale, e il Paese in profonda recessione, dopo un decennio di stagnazione. Mancano le risorse per investire nella rete, il segmento con le migliori prospettive. E c’è una governance che ricorda i carrozzoni pubblici: anni di tira-e-molla per vendere le attività televisive, una frazione di quelle totali, ma fonte di ingenti perdite.
La crisi impone oggi a Telecom scelte drastiche; basta tergiversare. Da tempo sostengo
che Telecom non ha molte alternative: dovrebbe cedere Tim, l’attività maggiormente in declino; trovare il modo di far uscire Telco dal capitale per eliminare il tappo dei soci di controllo squattrinati; senza più Telefonica tra i piedi, decidere al meglio sul Brasile (investire o vendere per abbattere debito?); e in Italia concentrarsi nella rete.
La proposta di Hutchison Whampoa (H3g), per quello che si conosce e capisce, va esattamente in quella direzione. Risolve il problema di Tim. La fusione eliminerebbe il concorrente più aggressivo nei prezzi perché, da ultimo entrato deve conquistare quote di mercato. Porterebbe in dote una rete più avanzata; 9.5 milioni di clienti, la metà dei quali abbonati (sono più di Vodafone) e quindi clientela stabile, in un settore dal tasso di rotazione molto alto (26% quello di Tim), con un ricavo medio per utente elevato. Ed eviterebbe la svalutazione dell’ingente valore dell’avviamento di Tim a bilancio.
La proposta sarebbe condizionata all’uscita di Telefonica (e delle banche) togliendo così di mezzo un socio scomodo in Sud America (e banche in crisi in Italia). Hutchison Whampoa dovrebbe essere interessata a valorizzare le attività in quell’area, visto che in questo modo completerebbe
la sua presenza nel mondo. Con 13 miliardi di liquidità può pagare 3,6 miliardi cash ai soci di Telco per farli uscire al loro prezzo di carico (1,2 euro), doppio di quello di mercato. E non metterebbe a repentaglio il rating perché l’aumento del debito netto (a circa 1,8 volte l’Ebitda) sarebbe sostenuto dal ricco cash flow delle attività portuali e infrastrutturali del gruppo. Telecom potrebbe poi scindere la rete e tutte le attività internet in una nuova società, libera di cercare i capitali per investire, scorporando così un bel fardello di debiti. Già si discute sulla stima del valore di conferimento di H3g: ma, se ho capito, è una questione di lana caprina. L’obiettivo di H3g è il 29,9% di Telecom. Pagati 3,6 miliardi in contanti per il 22,4% di Telco, il valore di conferimento di H3g deve dunque essere equivalente al 7,5% che manca, allo stesso prezzo
per azione pagato a Telco: fanno 1,2 miliardi. I problemi sono altri. Quelli legati al recupero delle sinergie e al taglio dei costi, come in ogni fusione. La decisione di cosa si farà con le attività connesse alla rete: quale è il perimetro delle attività scisse (solo rete o anche i servizi connessi)? Si cede una quota o il controllo? Quanto debito si porta in dote? E in Sud America, si vende per abbattere il debito o si investe?
Purtroppo, assisteremmo all’ennesimo passaggio del controllo senza Opa. Spero che oggi sia chiaro il danno permanente causato dal passaggio dai soci di Bell a Tronchetti: una volta creato il meccanismo della holding per trasferire il controllo senza Opa, nessuno sarà mai più disposto a pagare un premio al mercato per nulla. Inutile scandalizzarsi adesso. Rimane l’amara conclusione che nei 15 anni dalla privatizzazione, tutti quelli in controllo — il “nocciolino” duro di Rossignolo e gli Agnelli, i capitani coraggiosi Gnutti e Colaninno, il blasonato Tronchetti, il salotto Mediobanca- Generali con la Banca Intesa di “sistema” — sono riusciti a gestire Telecom così male che l’ex monopolista viene oggi salvato dall’ultimo arrivato dei concorrenti. Non si era mai visto.