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 2013  aprile 21 Domenica calendario

L’UOMO CHE INVENTÒ IL MOTORE DELL’IMMORTALITÀ

NEW YORK
Prossima sfida: allungare la longevità oltre ogni orizzonte immaginabile. Guadagnare un anno di vita per ogni anno in più che viviamo. A prima vista è difficile prendere sul serio questo genere di “fanta-visioni”. Eppure il visionario in questione va preso sul serio. Anzitutto, è uno che a sessantacinque anni, quando altri vanno in pensione, riesce a farsi assumere da Google, azienda celebre per il suo giovanilismo: per lui è la “prima volta” da lavoratore dipendente, dopo una vita da inventore free-lance, startupper, imprenditore- innovatore seriale. E poi bisogna dargli atto di questo: Ray Kurzweil ha avuto ragione tante volte, e con tanti anni di anticipo. Ha creduto nell’impossibile, e l’impossibile è diventato banale realtà quotidiana, gadget alla portata di tutti. Il Wall Street Journal lo ha definito “il Thomas Edison del nostro tempo”, e anche se non ha inventato un oggetto così ubiquo come la lampadina, poco ci manca.
Kurzweil cominciò da teenager. Era il 1965 quando apparve in uno show televisivo dedicato proprio alle innovazioni (I’ve Got a Secret di Steve Allen) a mostrare la sua prima creatura. Era un proto-computer in grado di comporre musica nello stile di Bach e Beethoven. Da allora uno dei filoni del suo genio creativo è rimasto legato al mondo della musica: Kurzweil ha creato e brevettato i più diffusi sintetizzatori, oggi prodotti dalla Hyundai. Ma un’altra delle sue invenzioni sta diventando quasi altrettanto diffusa della lampadina: è lo scanner, le cui applicazioni diventano sempre più universali, perché consente di riprodurre qualsiasi immagine o testo stampato in un formato digitale, che a sua volta è leggibile attraverso tutti i software informatici. Altre invenzioni di Kurzweil hanno a che vedere con il “riconoscimento delle forme”, la lettura ottica. Ai non vedenti ha offerto il Kurzweil Reader che consente di leggere qualsiasi testo senza bisogno di aiuto (umano).
Un filo conduttore nella sua strabiliante carriera è l’utilità sociale, un’idea progressista ed egualitaria della tecnologia. Lo scienziato newyorchese formatosi al Massachusetts Institute of Technology si batte contro lo scetticismo di chi considera a priori il progresso tecnologico come una forza élitaria. Quando immagina un futuro in cui saremo serviti dall’intelligenza artificiale e le nanotecnologie ci cureranno le malattie, si sente rispondere che questi saranno privilegi per ricchi. La sua risposta favorita è: «Ma certo, come il telefonino». Gli piace anche ricordare che «oggi un bambino africano con il suo smartphone tiene in mano una potenza di calcolo equivalente a un supercomputer della Nasa che costava un miliardo di dollari nel 1970». Una delle sue teorie favorite — “the Law of Accelerating Returns” — riguarda appunto lo sviluppo esponenziale del progresso tecnologico: ciò che oggi sembra una tecnologia di punta, costosissima e limitata a pochi utenti privilegiati, in men che non si dica diventerà un oggetto di uso quotidiano a disposizione di tutti, con costi decrescenti, e applicazioni sempre più vaste. Per questo Kurzweil si ribella al tecno-pessimismo e considera che le innovazioni possono avere un ruolo decisivo nella lotta contro tutti i grandi mali del nostro tempo.
Un nesso unisce l’incarico che gli ha affidato Google e la sua idea d’immortalità. La missione che gli ha affidato Larry Page si può riassumere così: “Portare Google alla comprensione del linguaggio naturale”. Ovverosia, cancellare le distanze tra intelligenza artificiale e umana, tra computer e cervello. Dunque, partendo dal motore di ricerca di Google, trasformarlo in qualcosa di molto più sofisticato che sia in grado di leggere non solo tutti i testi e le immagini digitali ma anche noi stessi, il nostro modo di esprimerci, il linguaggio umano in tutte le sue espressioni e sfumature, le emozioni, gli affetti. Kurzweil ha spiegato così la sua nuova missione: «Creare un sistema esperto di tutto ciò che ha letto, capace di mettere l’intera sua conoscenza al servizio degli altri».
È qui che il nuovo lavoro di Kurzweil si collega alla sua teoria della longevità…a oltranza. Il Thomas Edison dei nostri tempi ha sempre avuto un interesse per la salute. Su sette libri che ha scritto, due sono dedicati a temi salutisti e a diete per vivere meglio. Ha varato una gamma di integratori alimentari per dilatare la speranza di vita. Per lui il progresso delle biotecnologie è già stato così spettacolare da confermare la legge dei “rendimenti accelerati”: solo negli ultimi cinque anni l’avanzata dei lavori sulle cellule staminali ha consentito nuove cure per l’infarto. Il nostro corpo sta diventando un software dove ciascun pezzo sarà sostituibile quando si
guasta. Vede un prossimo futuro in cui avremo nano-sensori nel nostro corpo, ivi compreso nella circolazione sanguigna: per la prevenzione anticipata, la diagnosi superveloce, e gli “interventi riparatori”. Ma tutto questo in un certo senso è ancora banale e riguarda la parte meccanica del corpo umano. Dove Kurzweil si avventura ben più avanti, in una di quelle visioni che lo hanno reso celebre, è quando parla della nostra mente. La sua idea dell’immortalità è legata a uno sviluppo esponenziale della “nuvola informatica”, quella che già oggi stiamo usando per depositarvi molte informazioni: la memoria delle nostre email, per esempio. I brani musicali che ascoltiamo. Gli ebook che consultiamo e lasciamo in custodia a Google o Amazon. «Il supercomputer Watson dell’Ibm — sostiene Kurzweil — si è letto tutto il contenuto dell’enciclopedia universale Wikipedia e grazie a quello ha sconfitto i campioni del gioco-quiz televisivo Jeopardy», non solo per la massa bruta di dati a sua conoscenza, ma anche indovinando domande trabocchetto, con giochi di parole e senso dell’umorismo. Kurzweil immagina un futuro non molto lontano in cui affideremo i nostri ricordi, i nostri pensieri e le nostre aspirazioni alla “nuvola” digitale di un’intelligenza artificiale esterna. A quel punto gran parte di noi sarà già al riparo dalla morte, depositato al sicuro. Per quanto riguarda “il resto di noi stessi” ha già prelevato il Dna di suo padre insieme con tutti i ricordi di famiglia. L’idea è quella di assemblare hardware e software, allungare la durata meccanica del nostro corpo, e parallelamente mettere in salvo la nostra memoria, i nostri pensieri. Per sopravvivere in eterno, anche se in forme molto diverse da ciò che siamo ora. Pura illusione? Ma basta risalire indietro di alcuni decenni e tutte le invenzioni precedenti di Kurzweil sembravano favole futuristiche scaturite dalla fantasia di Jules Verne o di Philip Dick.