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 2013  aprile 22 Lunedì calendario

DIARIO DELLE ELEZIONI PER IL FOGLIO DEI FOGLI (VERSIONE RIDOTTA)

giovedì 18 aprile
Il Parlamento è convocato per le ore 10 in seduta comune, si elegge il presidente della Repubblica. I grandi elettori sono 1.007, si presentano a votare in 999. È necessaria una maggioranza di due terzi, ovvero 672 voti. Così fino alla terza votazione, poi si passa alla maggioranza semplice.

Il candidato del Pd per il Colle è Franco Marini, che sulla carta ha l’appoggio anche di Pdl, Lega e Scelta Civica. In tutto fanno 835 voti. Ce la dovrebbe fare.

Marini esce di casa, ai Parioli, alle otto di mattina. Rilascia un’intervista a TgCom24 in cui chiarisce che non fuma più la pipa ma solo sigari toscani e che ha ricevuto una telefonata d’auguri anche da De Mita. Manda via l’auto blu e prende la sua Yaris grigia (guidata da un amico). [D’Argenio, Rep. 19/4]

I grillini arrivano a Montecitorio emozionati e nervosi. Scattano foto ricordo con l’iPad nel cortile. Ci sono tutti e 162. Il loro candidato per il Colle, scelto online con le Quirinarie, è Stefano Rodotà (in realtà era arrivato terzo ma Milena Gabanelli e Gino Strada hanno rinunciato). [Cuzzocrea, Rep. 19/4]

Pier Luigi Bersani stranamente sorridente si fa fotografare in aula abbracciato ad Angelino Alfano (fuori campo di un piddino anonimo: «Stanno a fa’ Thelma e Louise...»). [Stella, Cds 19/4]

Inizia la prima votazione e Dario Franceschini è tra i più attivi nell’assicurarsi che quelli del Pd votino Marini. «Prima su un divanetto, perentorio, a spiegare a Civati che non si scherzava; poi dietro a un angolo con Orfini, né più né meno». [Feltri, Sta. 19/4]

«In che mani siamo!» (Emilio Colombo, 93 anni, senatore a vita, dopo aver deposto la scheda nell’urna). [Longo, Rep. 19/4]

Giulio Andreotti, per la prima volta assente all’elezione di un presidente della Repubblica.

Berlusconi arriva tardi, appena in tempo per la seconda chiamata. [Longo, Rep. 19/4]

Alle 14 in punto arriva il risultato della prima votazione: votanti 999, quorum 672. Franco Marini prende 521 voti, Stefano Rodotà 240, Sergio Chiamparino 41, 104 le bianche, poi a seguire Romano Prodi (14), Emma Bonino (13), Massimo D’Alema (12), Giorgio Napolitano (10). Infine 18 disperse e 15 nulle.

Tra i nomi usciti nella prima votazione: una preferenza ciascuno al Conte Mascetti di Amici miei (quello della supercazzola), Veronica Lario e Valeria Marini. C’è un voto anche per Mara Carfagna. Boldrini impassibile chiosa: «Non ha i requisiti». Si sentono risate in aula. [D’Esposito, Fatto 19/4]

Alla prima votazione per Marini sono mancati all’appello i voti dei renziani confluiti sull’ex sindaco di Torino Chiamparino. Ma anche quelli
dei giovani turchi, dei veltroniani e dei prodiani. A bocciare la linea di Bersani sono anche i fedelissimi emiliani, sensibili alla protesta che sta salendo dalla base. Persino l’ex portavoce delle primarie, Alessandra Moretti, non segue l’indicazione Marini e vota scheda bianca. [Piccolillo, Cds 19/4]

Appena appreso il risultato della prima votazione, Bersani lascia Montecitorio per riunirsi in un ristorante dietro Campo de’ Fiori con il gruppo dei fedelissimi (Migliavacca, Errani e Letta) da tempo e sprezzantemente definito il «tortello magico». Il leader Pd decide che la linea è votare scheda bianca per non esporre Marini al secondo insuccesso.

Conversazione captata dall’Ansa che registra uno scambio di battute tra renziani: «Il cavallo ferito va abbattuto per risparmiare tempo e non farlo soffrire. Chi è il cavallo ferito? Bersani». [Piccolillo, Cds 19/4]

Dopo la prima votazione fuori della Camera si raduna una piccola folla, duecento persone al massimo. C’è chi brucia le tessere del Pd, chi urla insulti all’indirizzo dei dirigenti del centrosinistra. Nel frattempo le agenzie trasmettono le notizie che vengono dall’Emilia: il segretario regionale Bonacini e tutti gli altri vertici del Pd locale chiedono che non si voti Marini. Alcuni fanno il nome di Prodi. I giovani democratici cominciano a occupare le sedi del Pd in Toscana. [Meli, Cds 19/4]

Stefano Rodotà rimane chiuso tutto il giorno in casa, in pieno centro a Roma. Esce solo per andare a registrare un’intervista con Paolo Mieli in Rai sul tema internet, democrazie e diritti. [Messina, Rep 19/4]

Berlusconi nel pomeriggio è in piazza a Udine, dove è contestato da un gruppo di circa trecento giovani. «Oggi avremmo voluto eleggere il capo dello Stato, ma abbiamo dovuto constatare che le guerre interne alla sinistra stanno paralizzando il Pd. O si fa un governo forte e condiviso, o si deve votare, anche a giugno». [Di Caro, Cds 19/4]

«Tratta Alfano? Siamo a posto... » (La Russa parlando con Caldoro e Barani in un corridoio di Montecitorio). [La Mattina, Sta 19/4]

Beppe Grillo intanto è a Trieste per la campagna elettorale delle regionali friulane. «Noi porteremo avanti il nome di Rodotà fino alla quarta votazione». E poi? Se il Pd per esempio fa il nome di Prodi, cosa faranno i grillini? Vito Crimi esclude questo scenario: «Il nostro candidato è Rodotà. Punto».

Il secondo scrutinio termina alle sette di sera. 948 votanti, quorum a 672 voti. 418 schede bianche, Rodotà 230, Chiamparino 90, D’Alema 38, Marini e Mussolini 15, Prodi 13, Bonino 10, 41 voti dispersi, 14 nulle.

Oltre al Pd hanno votato scheda bianca Pdl e Scelta Civica mentre i leghisti non hanno partecipato allo scrutinio.

Unico applauso della giornata quando la presidente Boldrini legge il nome di Rocco Siffredi. [Feltri, Sta 19/4]

Esce una nota ufficiale firmata Bersani: «Spetta al Pd la responsabilità di una proposta a tutto il Parlamento, decisa con metodo democratico nell’assemblea dei nostri grandi elettori». Quelli del Pd si riuniranno venerdì mattina e voteranno il nuovo candidato. I nomi più probabili: Prodi, Cassese, D’Alema.

Romano Prodi è in Mali, nella capitale Bamako, per una conferenza dell’Onu. «Che effetto mi fa essere tirato in ballo per il Quirinale? Nessuno» ha risposto serafico qualche giorno fa». [Alberti, Cds 19/4]

A tarda sera, Matteo Renzi sbarca a Roma e chiama a raccolta i suoi a cena per prepararsi all’assemblea del Pd di venerdì mattina. Dice: «Proviamo a trovare un ampio consenso su Chiamparino che potrebbe essere visto bene anche dal Pdl. Altrimenti la soluzione di Prodi che potrebbe trovare il consenso di Sel e Casaleggio. La candidatura di D’Alema non esiste». [Piccolillo, Cds 19/4]

Giovedì notte Bersani chiama al telefono direttamente Berlusconi. «A questo punto noi vorremmo riproporti Cassese». La risposta del Cavaliere è netta: «Impossibile». Il segretario Pd rilancia il nome di Sergio Mattarella. La replica: «Per noi non cambia». «Allora – chiude Bersani – non abbiamo altri nomi da proporre». [Bei, Rep 19/4]

venerdì 19 aprile
Alle 8.15 assemblea dei grandi elettori del centrosinistra. Bersani, contravvenendo a quando assicurato la sera prima, propone un unico candidato: Romano Prodi. «Ovazione, con prodiani (e renziani) che scattano in piedi, come un sol uomo, e acclamano l’unità ritrovata. Ma ecco che Luigi Zanda, capogruppo al Senato, prende la parola e dice che forse, viste le “sensibilità diverse”, servirebbe una consultazione sui nomi ancora in pista. E lo dice perché nella notte i “giovani turchi” avevano dato battaglia, chiedendo primarie tra Prodi e D’Alema. È lo stesso Zanda a concludere che, visto l’applauso energico su Romano, forse la consultazione non serve più…». [Guerzoni, Cds 20/4]

Il governatore della Liguria Claudio Burlando telefona a Prodi in Mali e gli assicura: «Il partito è compatto con te». [Caporale, Fatto 20/4]

Alle 10 a Montecitorio inizia la terza votazione. Per eleggere il presidente servono ancora i due terzi dei 1.007 grandi elettori, cioè 672. Pd, Pdl e Lega fanno sapere, con motivazioni diverse, che voteranno scheda bianca. Il Pd giustifica la scelta con l’esigenza di non fare correre dei rischi a Prodi, gli altri perché non vogliono scoprire le loro carte. Anche Scelta Civica annuncia che voterà scheda bianca, ma dalla quarta votazione scaricherà i propri voti sul ministro dell’Interno Cancellieri. Il M5s punta ancora su Stefano Rodotà.

D’Alema, fotografato con il cane in giro per il quartiere Prati.

Alle 13.45 i risultati definitivi del terzo scrutinio. Votanti: 963. Schede bianche: 465. Stefano Rodotà: 250, Massimo D’Alema: 34, Romano Prodi: 22, Giorgio Napolitano: 12, Anna Maria Cancellieri: 9, Claudio Sabelli Fioretti: 8, Sergio De Caprio: 7, Franco Marini: 6, nulle: 47.

In piazza davanti a Montecitorio protestano per la candidatura di Prodi i militanti di Fratelli d’Italia (hanno portato una mortadella, l’affettano e offrono panini), i berlusconiani e i camerati di CasaPound (che urlano “Prodi maiale non sali al Quirinale”). Ci sono anche una cinquantina di grillini pro-Rodotà. Momenti di tensione quando quelli di Fratelli d’Italia intonano l’Inno di Mameli e i sostenitori di Rodotà rispondono con Bella Ciao. [Longo, Rep 20/4]

Alessandra Mussolini e Simona Vicari (Pdl) si presentano in Aula con una maglietta con su scritto «Il diavolo veste Prodi». Inutili i richiami della presidente della Camera.

Andrea Orlando, uno dei leader dei Giovani turchi, che gira per il Transatlantico rassicurando tutti: «A Prodi mancano solo due voti per farcela». [Ajello, Messaggero 20/4]

Poco dopo le 19 termina il quarto scrutinio. Votanti 732. Quorum richiesto: 502 voti. Romano Prodi 395, Stefano Rodotà 213, Anna Maria Cancellieri 78, Massimo D’Alema 15, altri 12, schede bianche 15.

Bersani non è in aula ad assistere allo scrutinio. [D’Esposito, Fatto 20/4]
Sulla carta Prodi poteva contare su 496 voti dei grandi elettori del centrosinistra, ne ha presi 101 in meno. A Rodotà sono andati 51 voti in più rispetto a quelli del Movimento 5 stelle, alla Cancellieri 9 in più rispetto a quelli di Scelta Civica. Tutti voti provenienti dal Pd. Principali indiziati i dalemiani e gli ex popolari.

Vendola esce a razzo dall’Aula e vuole si sappia, subito, che non sono di Sel quei 50 voti finiti a Rodotà: «Siccome lo sappiamo come gira qui dentro abbiamo scritto tutti “R. Prodi”». [Guerzoni, Cds 20/4]

Beppe Fioroni mostra la foto della sua scheda scattata nella cabina elettorale: c’è scritto “Prodi”. «Io non sono stato». [De Marchis, Rep 20/4]

Renzi, tornato a Firenze, il primo nel Pd a dire che «la candidatura di Prodi non c’è più».

Arriva la notizia della morte di Angelo Rovati, 67 anni, amico e a lungo consigliere politico di Prodi. Malato da tempo di cancro, aveva avuto una polmonite dalla quale non era riuscito a riprendersi.

Poco prima delle nove Prodi in una nota annuncia di non essere più disponibile: «Oggi mi è stato offerto un compito che molto mi onorava anche se non faceva parte dei programmi della mia vita. Il risultato del voto e la dinamica che è alle sue spalle mi inducono a ritenere che non ci siano più le condizioni. Chi mi ha portato a questa decisione deve farsi carico delle sue responsabilità. Io non posso che prenderne atto».

Quelli del Pd si riuniscono di nuovo al Teatro Capranica. Rosy Bindi ha già annunciato le sue dimissioni da presidente del partito: «Non sono stata direttamente coinvolta nelle scelte degli ultimi mesi».

Alle dieci a mezza Bersani prende la parola, discorso breve, neanche cinque minuti: «Abbiamo preso una persona, Romano Prodi, fondatore dell’Ulivo, ex presidente del Consiglio, inviato in Mali, e l’abbiamo messo in queste condizioni. Io non posso accettarlo. È troppo. Le mie dimissioni saranno operative un minuto dopo l’elezione del presidente della Repubblica». E poi: «L’assemblea è fatta di dirigenti che oggi hanno preferito l’ovazione e l’unanimità, poi si scopre che uno su quattro di noi è un traditore». [Guerzoni, Cds 20/4]

Il boato di esultanza alla cena elettorale di Alemanno quando Berlusconi si alza in piedi e annuncia: «Voglio darvi una notizia che vi farà tornare l’appetito: Bersani si è dimesso». Poi canta due canzoni in francese «in onore dell’addio di Rosy Bindi». [Terracina, Messaggero 20/4]

sabato 20 aprile
Oggi è il compleanno di Massimo D’Alema, compie 64 anni.

Alle dieci iniziano le votazioni e il Pdl non è presente in Aula. Clima cupo a Montecitorio.

A metà mattinata Bersani entra al Quirinale per un colloquio con Giorgio Napolitano. Nelle ultime ore si è parlato dell’ipotesi che il Pd chieda una rielezione dell’attuale capo dello Stato. Inizia una processione al Colle: arriveranno poi Berlusconi (insieme a Gianni Letta), Maroni, Monti e una delegazione di 17 governatori regionali. Tutti con la stessa richiesta: «Presidente, accetti una nuova candidatura».

Casini sicuro: «Oggi eleggiamo il nuovo presidente della Repubblica».
I grillini in Aula pronti coi cartelli: “Rodotà presidente di tutti”. [Feltri, Stampa.it 20/4]

Poco dopo le 13 arrivano i risultati definitivi della quinta votazione. Votanti: 740. Quorum a 504 voti. Schede bianche: 445. Stefano Rodotà: 210. Giorgio Napolitano: 20. Altri: 48.

Un voto anche per Gustav Thoeni.

Esce una nota ufficiale del Quirinale in cui si dice che Napolitano renderà nota la sua dicisione sulla ricandidatura prima della nuova votazione.

Dal 1948 a oggi, nessun presidente della Repubblica era mai rimasto in carica per più di un mandato.

Alle 14.20 Napolitano fa sapere di aver accettato la ricandidatura a presidente della Repubblica: «Non posso sottrarmi alla responsabilità, ora però serve un’assunzione collettiva di responsabilità».

Napolitano, che aveva escluso infinite volte una sua ricandidatura al Colle, «per motivi di anagrafe, per la fatica del ruolo e per coerenza con una regola non scritta». [Breda, Cds 21/4]

L’assemblea dei grandi elettori del Pd vota a favore del nuovo mandato per Napolitano. Unico contrario Corradino Mineo. Quattro gli astenuti.

«Incomprensibile che il Pd non appoggi Stefano Rodotà o non proponga Emma Bonino» (tweet di Fabrizio Barca che scatena nuove polemiche nel Pd).

Napolitano aveva già fatto traslocare carte e libri all’ufficio al quarto piano di Palazzo Giustiniani, dove lo aspettava l’ufficio di senatore a vita. [Breda, Cds 21/4]

Alle quattro e mezza Beppe Grillo fa sapere dal suo blog che sta andando a Roma in camper – era in Friuli per la campagna delle regionali – e che alle sette sarà davanti a Montecitorio: «È necessaria una mobilitazione popolare. È in atto un colpo di Stato».

«Sì, Grillo marcia su Roma al grido di “eja eja Rodotà”» (Maurizio Gasparri). [Fuccaro, Cds 21/4]

Berlusconi scherza coi suoi: «Ma se scrivo sulla scheda “Napolitano comunista” è valida o me l’annullano?». [Lopapa, Rep. 21/4]

Alle 18.15, quando lo spoglio delle schede dà la certezza matematica che Napolitano ha raggiunto la maggioranza assoluta dei 504 voti, scatta un lungo applauso, oltre tre minuti. Berlusconi, anche lui in piedi con gli altri tra i banchi, sorride soddisfatto. Bersani scoppia a piangere. I cinquestelle sono gli unici seduti , tutti a braccia conserte.

I risultati definitivi della sesta votazione: votanti 997. Napolitano 738, Rodotà 217, De Caprio 8, D’Alema 4, Prodi 2, voti dispersi 6, schede bianche 10, schede nulle 12.

Sette anni fa Napolitano fu eletto al quarto scrutinio con 543 voti.

Grillo ci ripensa, fa sapere che arriverà a Roma durante la notte e non potrà essere in piazza. I grillini in piazza Montecitorio si spostano in corteo verso il Quirinale. Ci sono anche bandiere di Rifondazione Comunista. Nel tragitto riconoscono Dario Franceschini che cena in un ristorante e lo insultano pesantemente. [Piccolillo, Cds 21/4]

Napolitano giurerà oggi alle 17 a Montecitorio a Camere riunite e nel discorso di insediamento spiegherà «i termini entro i quali ho ritenuto di poter accogliere in assoluta limpidezza l’appello rivoltomi ad assumere ancora l’incarico di presidente», spiega alla Boldrini e a Grasso saliti al Quirinale per consegnargli il verbale con i voti della sua elezione.

Alle 21.15 sulla Gazzetta Ufficiale serie generale n. 93-bis l’annuncio ufficiale della rielezione del Presidente Giorgio Napolitano. L’atto è a firma di Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati.

(a cura di Luca D’Ammando)