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 2013  aprile 21 Domenica calendario

DIETRO L’ATTENTATORE SI CERCA LA RETE JIHADISTA

Il terrorista ceceno Dzhokhar Tsarnaev si trova su un letto di ospedale del Beth Israel Deaconess Medical Center e appena le condizioni di salute lo consentiranno dovrà rispondere alle domande ancora senza risposta sull’attentato alla maratona di Boston. A fargliele sarà un «High Value Detainee Interrogation Group» ovvero un team composto da funzionari di Fbi, Cia, Pentagono e amministrazione Obama sul modello di quanto avviene in genere per i jihadisti considerati più pericolosi, simili ad esempio a quelli detenuti nel carcere militare di Guantanamo. Tale procedura si spiega con il sospetto dell’Fbi che il ceceno di 19 anni sia in possesso di informazioni di vitale importanza per la sicurezza di cittadini americani.

Questo è il motivo per cui il Dipartimento di Giustizia, guidato da Eric Holder, ha autorizzato lo svolgimento dell’interrogatorio senza leggere prima al detenuto i «Miranda Rights» ovvero i diritti che consentono, fra l’altro, di non rispondere e di avere a fianco un avvocato difensore. La motivazione del Dipartimento di Giustizia è che siamo in presenza di «un’eccezione motivata da motivi di pubblica sicurezza» in ragione del fatto che la polizia ha «una ragionevole necessità di proteggere il pubblico da un pericolo immediato». Per comprendere di che tipo di minaccia potrebbe trattarsi bisogna tener presente quanto dice all’Associated Press uno degli zii del detenuto, chiedendo l’anonimato, in merito al fatto che Tamerlan, fratello maggiore del detenuto e co-autore dell’attentato, «quando si recò in Russia lo scorso anno era già stato avviato all’estremismo islamico da imam che si trovano in America».

L’ipotesi dunque è che Tamerlan sia stato reclutato da un leader integralista americano, sia poi andato all’estero per essere addestrato alla confezione di ordigni rudimentali e quindi abbia reclutato il fratello minore per attaccare la maratona di Boston. È uno scenario tutto da verificare ma, agli occhi degli investigatori, potrebbe spiegare perché i due ceceni abbiano realizzato alla perfezione l’attentato trovandosi però senza un piano per il dopo: forse contavano sull’aiuto di qualcuno. È lo stesso presidente americano, Barack Obama, parlando dalla Casa Bianca poco dopo la cattura del fuggiasco a Watertown, ad elencare le «molte domande senza risposta»: «Perché un giovane cresciuto nel nostro Paese sceglie la violenza? Come ha pianificato e realizzato questi attacchi? Ha ricevuto degli aiuti?».

L’urgenza di far parlare il terrorista catturato è tale che i «Miranda Rights» non gli possono essere garantiti, anche se per solo un periodo di tempo limitato. La reazione dell’Unione americana per le libertà civili (Aclu) è di condanna per «la violazione dei diritti costituzionali di un cittadino americano» quale è il detenuto. Ma i leader repubblicani al Congresso fanno quadrato con il presidente. «Non ci sono le condizioni per leggere a questo terrorista i diritti di Miranda» recita un comunicato del senatore dell’Arizona John McCain.

Nel Beth Israel Deaconess Medical Center Tsarnaev è ricoverato sotto lo stesso tetto di 11 sue vittime mentre l’area urbana di Boston torna alla normalità dopo quasi 24 ore durante le quali circa un milione di persone ha vissuto rintanato in casa. La cattura di Tsarnaev è avvenuta a Watertown, una cittadina sul fiume Charles che l’Fbi aveva trasformato in fortino. Appena la notizia della resa del terrorista si è diffusa gli abitanti si sono riversati nelle strade per festeggiare la polizia e gli agenti, sventolando la «Old Glory». Grida «We Love Boston!» ritmate con il canto “U.S.A - U.S.A.” sono risuonate nella notte attorno a Franklin Street, dove il giovane ceceno si era rifugiato dentro la barca in un giardino privato.

Il proprietario della barca è il personaggio del giorno perché è stato lui, trovando le tracce di sangue, ad allertare i poliziotti e il risultato è stato, fra l’altro, di avere l’imbarcazione crivellata di colpi. I vicini di casa, come George Pizzuto, hanno lanciato una colletta per comprargliene una nuova di zecca, chiedendo a ogni residente di Boston di associarsi. Per il resto la città della rivoluzione, dei Kennedy e del «Patriot’s Day» si riconosce nelle parole del sindaco Thomas Menino: «We got him», lo abbiamo preso. E corre sugli spalti del Fenway Stadium per cantare cori patriottici sostenendo i Red Sox nella partita contro i Kansas City Royal che proprio la caccia all’uomo aveva fatto rinviare.
Maurizio Molinari

IL FRATELLO FU INTERROGATO NEL 2011 MA NESSUNO LO PRESE SUL SERIO -
La polizia festeggia giustamente la cattura di Dzhokhar Tsarnaev e la fine dell’incubo a Boston. Per l’intelligence americana, però, l’attacco alla maratona rappresenta un flop non lontano da quello dell’11 settembre. Soprattutto per l’Fbi, che due anni fa aveva interrogato Tamerlan, fratello maggiore e probabile ispiratore dell’attentato. Il Federal Bureau of Investigation quindi si ritrova su entrambi i campi della partita: quello dei vincenti, per il contributo dato alle indagini, ma anche quello dei perdenti, perché ha avuto tra le mani il capo del complotto e non ha capito che rappresentava una minaccia.

Il primo elemento lo ha fornito la madre di Tamerlan, Zubeidat Tsarnaeva, che per accusare gli inquirenti americani di aver falsamente incastrato il figlio, ha rivelato che l’Fbi lo seguiva da tempo: «Era da tre o cinque anni che lo controllavano. Sapevano cosa stava facendo. Conoscevano le sue azioni e i siti Internet dove andava. Erano venuti a casa, mi avevano parlato. Mi dicevano che era un leader e avevano paura di lui. Con tutti questi controlli, come potrebbe aver fatto una cosa del genere?». Questa domanda naturalmente non scagiona Tamerlan, come pensa la madre: anzi. Però ieri mattina l’Fbi, messa davanti all’evidenza, ha pubblicato questo comunicato: «All’inizio del 2011 un governo straniero ci ha chiesto informazioni su Tamerlan Tsarnaev. La domanda era basata su informazioni secondo cui era un seguace dell’islam radicale e un forte credente. Era cambiato drasticamente nel 2010 e si preparava a lasciare gli Usa, per andare nel paese in questione a unirsi a gruppi clandestini non specificati. In risposta alla richiesta, l’Fbi ha controllato tutti i database, le informazioni, le comunicazioni, e l’uso di siti associati alla promozione di attività radicali. Il Bureau ha anche interrogato Tamerlan Tsarnaev e i suoi famigliari, ma non ha trovato alcuna attività terroristica». Il governo coinvolto era quello russo, preoccupato che il giovane volesse tornare in Dagestan per legarsi agli estremisti islamici ceceni.

Ora può darsi che l’Fbi abbia ragione, nello stretto senso letterale del suo comunicato: non aveva trovato la prova che Tsarnaev avesse contattato un gruppo terroristico. Però colpisce che non abbia lanciato un allarme sulla pericolosità di Tamerlan e non l’abbia seguito meglio, visto che la sua radicalizzazione era evidente. Aveva sposato una ragazza cristiana, Katherine Russell, ma lei si era convertita all’islam. Lui seguiva i sermoni di Abdel al-Hamid alJuhani, imam salafita russo filo-Al Qaeda, e Feiz Mohammed, religioso australiano che predica contro Harry Potter, dice che lo stupro è colpa delle vittime, e spinge i bambini al martirio. Dopo il viaggio di sei mesi fatto l’anno scorso in Russia, Tamerlan aveva messo molte di queste cose su Internet, e c’è il sospetto che abbia ricevuto addestramento sulle bombe. Lo zio Ruslan dice che un armeno di Boston gli aveva fatto il lavaggio del cervello.

L’intelligence ora sta rivendendo le tracce del passato, per capire se ha sottovalutato segnali, trovare il movente, e chiarire se i due fratelli hanno agito da soli o per conto di qualcuno, che li ha aiutati a trovare l’esplosivo e maneggiarlo. Se la risposta sarà negativa, resterà che l’Fbi li aveva per le mani e, come era già accaduto in parte con Zacarias Moussaoui nel 2001, Carlos Bledsoe a Little Rock e Hasan Nadal a Fort Hood, non l’ha capito.
Paolo Mastrolilli