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 2013  aprile 20 Sabato calendario

APPUNTI GAZZETTA - NAPOLITANO RIELETTO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


CORRIERE.IT
MILANO - Giorgio Napolitano è ancora il presidente della Repubblica, il primo della storia d’Italia a ricevere l’incarico per due volte. «Sono grato della fiducia che mi ha dato il Parlamento» sono le prime parole del capo dello Stato. Che subito raccomanda: «Tutti sappiano onorare i loro doveri concorrendo al rafforzamento delle istituzioni repubblicane».
LA SCELTA - Il nome di Napolitano viene proposto al sesto scrutinio, voluto da Pd, Pdl, Scelta Civica e Lega Nord. I voti ottenuti sono 738, di gran lunga oltre la soglia dei 504 necessari per l’elezione ma una quarantina in meno rispetto alla somma dei grandi elettori dei partiti sostenitori. Stefano Rodotà, sul quale convergono Movimento 5 Stelle e Sel (insieme 208 voti), arriva a quota 217.
Napolitano, 87 anni, aveva più volte ribadito di non voler affrontare un altro settennato ma il precipitare degli eventi degli ultimi giorni - il fallimento delle due diverse opzioni (e strategie politiche) del Pd, che hanno portato prima a «bruciare» il nome di Franco Marini, poi di Romano Prodi - spingono Napolitano a cambiare idea. E così, dopo una mattinata di fitti colloqui con i leader dei partiti che poi lo hanno votato, arriva il via libera alla ricandidatura. «Sono disponibile, non posso sottrarmi. Ora però serve un’assunzione collettiva di responsabilità» fa sapere il presidente della Repubblica in una nota.
LE REAZIONI - Pier Luigi Bersani piange in aula. E commenta: «È un risultato eccellente, grazie Napolitano». Riconoscente anche Silvio Berlusconi: «Ringrazio il presidente Giorgio Napolitano per lo spirito di servizio e per la generosità personale e politica con cui ha accettato di proseguire il suo impegno e la sua opera in un contesto tanto difficile e incerto». «Sotto la nuova presidenza l’Italia continuerà a dare il suo decisivo contributo al nostro comune ideale europeo» interviene il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso.
GLI ALTRI PARTITI- Oltre al Movimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà, che sostengono Rodotà, non vota per Napolitano nemmeno il gruppo di Fratelli d’Italia. Esprime un «grandissimo rispetto per il vecchio Napolitano» Nichi Vendola. Che però spiega: «Diciamo un no secco a un’ipotesi politica che svela la tessitura in atto della tela delle larghe intese». Lo stesso motivo, il no al «governissimo», dietro la scelta del partito di Giorgia Meloni.
TENSIONE - Mentre in aula si vota, fanno salire la tensione le parole di un durissimo Grillo, che grida al «colpo di Stato», parte per Roma e raduna la piazza: «Dobbiamo essere milioni» scrive sul suo blog. Poco dopo interviene il suo stesso candidato, Rodotà, e prende le distanze da quella che, in poco tempo, diventa in Rete la «marcia su Roma». «Ringrazio tutti quelli che pensano a me e sono contento che il mio nome parli alla sinistra italiana. Per quanto riguarda le ultime vicende - dice il giurista - sono sempre stato convinto che le decisioni parlamentari possano e debbano essere discusse e criticate anche duramente ma partendo dal presupposto che si muovono nell’ambito della legalità costituzionale».
Laura Cuppini
Alessia Rastelli

CORRIERE.IT - LA DICHIARAZIONE DI NAPOLITANO
«Potete immaginare come io abbia accolto con animo grato la fiducia espressa liberamente sul mio nome dalla grande maggioranza dei componenti l’Assemblea dei parlamentari e dei delegati regionali e come abbia egualmente accolto la fiducia con cui tanti cittadini hanno ansiosamente atteso una positiva conclusione della prova cruciale e difficile dell’elezione del presidente della Repubblica». Napolitano ha commentato così la sua rielezione al Quirinale, ricevendo i presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso, per l’accettazione dell’incarico. «Desidero ringraziare il presidente della Camera e del Senato per aver presieduto la seduta comune, che già di per sé è altamente impegnativa, ed è risultata particolarmente tormentosa».
LE INTENZIONI - «Lunedì avrò modo di dire quali sono i termini con cui ho accolto l’appello ad assumere di nuovo la carica di presidente - ha continuato il capo dello Stato, che proprio lunedì, alle 17.00, giurerà e pronuncerà il discorso di insediamento di fronte al Parlamento riunito in seduta comune. «Auspico che tutti sapranno nelle prossime settimane onorare i loro doveri concorrendo al rafforzamento delle istituzioni repubblicane. Dobbiamo guardare ai problemi dell’Italia, degli italiani, e all’immagine e al ruolo istituzionale del nostro Paese». Da martedì dovrebbero poi riprendere le consultazioni per arrivare alla formazione del governo.
Fed. Sen.20 aprile 2013 | 20:04

CORRIERE.IT - GRILLO
I Cinque Stelle l’hanno chiesto fino all’ultimo. «Si voti Rodotà». E alla notizia che Napolitano è stato eletto presidente della Repubblica, la piazza esplode. Fuori i fischi, dentro i parlamentari del M5S non si uniscono all’applauso. Il tutto mentre Beppe Grillo urla al colpo di stato e parte da Udine per Roma, per unirsi ai manifestanti che protestano davanti alla Camera.
«TUTTI IN PIAZZA» - Momenti concitati, dunque. Mentre il Parlamento elegge il presidente della Repubblica, in centinaia si accalcano in piazza Montecitorio. La polizia blocca tutti gli ingressi per evitare problemi di ordine pubblico. Grillo invoca la mobilitazione di massa: «Io sto andando a Roma in camper. Ho terminato la campagna elettorale in Friuli Venezia Giulia e sto arrivando. Sarò davanti a Montecitorio stasera. Rimarrò per tutto il tempo necessario. Dobbiamo essere milioni. Non lasciatemi solo o con quattro gatti. Di più non posso fare. Qui o si fa la democrazia o si muore come Paese». Poi denuncia che il blog è sotto attacco e su Twitter lancia l’hashtag #tuttiaroma. Il deputato Roberto Fico gli fa eco: «Il paese è in rovina esclusivamente grazie a loro. Oggi più che mai va alzata l’ascia di guerra, l’ascia della democrazia, della libertà e del cambiamento fatto di comunità, conoscenza e progetti. Si sono arroccati nel palazzo, chiusi, barricati, soli. Sono disperati». Un’iniziativa e parole che non piacciono a Roberto Maroni della Lega: «Le stesse cose di Grillo le dicevano Mussolini o Hitler. Il parlamento è la sede della democrazia». Perfino Stefano Rodotà prende le distanze dalla mobilitazione e dice: «Il dissenso va espresso nelle sedi istituzionali». Poi aggiunge: «Oggi c’è una vicenda faticosa e difficile che si è conclusa, come in tutte le vicende è legittimo discuterne in democrazia, anzi occorre partire dalla premessa che sono vicende a cui va riconosciuta legittimità democratica, rivolgo un saluto al rinnovato Presidente della Repubblica».
«CITTADINI GARANTITI» - Rispediscono al mittente le accuse di golpe anche i presidente di Camera e Senato Bodrini e Grasso che in una dichiarazione congiunta affermano: «La libertà di espressione del dissenso, anche nelle forme più nette, è una delle caratteristiche più preziose e irrinunciabili della democrazia. E le scelte che si compiono in Parlamento sono doverosamente esposte ad ogni critica. Ma non è accettabile che venga qualificato con l’etichetta infamante di "golpe" il percorso limpidamente democratico che ha portato all’elezione del Capo dello Stato. Qualunque sia il loro giudizio sulla scelta compiuta a larga maggioranza dalle Camere riunite, tutti i cittadini italiani possono sentirsi garantiti da una procedura che ancora una volta ha rispettato integralmente la Carta costituzionale», concludono.
MANIFESTAZIONI NON UFFICIALI - La protesta in piazza Monte Citorio vive momenti di tensione. C’è chi urla «Napolitano dimettiti», qualcuno viene spinto e cade. La situazione rimane comunque sotto controllo. I parlamentari Cinque Stelle parlano con i cittadini, a tratti si cerca anche di placare gli animi, la zona rimane transennata, i cellulari saltano. Intanto anche in altre città, come Trieste e Bologna, inizia il tam tam. «Scendiamo in piazza». Tutte manifestazione che però vengono definite da Crimi "non ufficiali. «Nessuna manifestazione del #M5S, si tratta di una mobilitazione spontanea In risposta alle numerose agenzie di stampa nelle quali si lanciano adesioni a presunte manifestazioni del Movimento 5 Stelle, si precisa che nessuna iniziativa è stata presa in tal senso dal M5S. Pertanto nessuna adesione può essere rivendicata per una manifestazione che non c’è», specifica il capogruppo al Senato del M5S.
MOMENTI DECISIVI - Il piano politico dei Cinque Stelle non è andato in porto. Non importa se anche i parlamentari di Sel abbiano fatto convergere i loro voti su Rodotà. Un Napolitano bis ha messo d’accordo destra e sinistra. E la matematica inevitabilmente ha dato ragione all’asse Pd-Pdl-Scelta Civica-Lega. Dal blog, Grillo tuona: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. È in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto. Sono disperati. Hanno deciso di mantenere Napolitano al Quirinale». Crimi
IL NOME DI RODOTA’ - Nei giorni scorsi in un videomessaggio il leader del M5S aveva invitato Bersani e il Pd a convergere sul nome del giurista. «Poi inizieremo a parlare». Un appello che però non è stata ascoltato dalla dirigenza del Partito Democratico. Prima Marini, Prodi. Ma Rodotà, no. Anche di fronte all’istanza dei giovani che hanno occupato le sedi di partito chiedendo un cambiamento e un rinnovamento, in largo del Nazareno si è deciso di non piegarsi ai Cinque Stelle. «È ovvio che il primo partito vuole un suo candidato», aveva tagliato corto Anna Finocchiaro dopo le dimissioni di Pierluigi Bersani.

LA SERATA DI BERSANI - CORRIERE.IT
Pierluigi Bersani lascia. «Non posso accettare il gesto gravissimo compiuto nei confronti di Prodi - dice il segretario ai grandi elettori del Pd in assemblea al termine di una delle giornate più nere della storia del partito - Le mie dimissioni saranno operative un minuto dopo l’elezione del presidente della Repubblica». Il partito è andato in pezzi sulla bocciatura di Romano Prodi al quarto voto per il Colle. Il Professore si è ritirato subito dalla corsa scrivendo una lettera a Roma dal Mali, dove è inviato per l’Onu in una missione di pace : «Chi mi ha portato fin qui si assuma le proprie responsabilità».
SI DIMETTE ANCHE BINDI - La presa d’atto di Bersani era stata anticipata dall’analoga mossa della presidente Rosi Bindi. «Il partito ha dato cattiva prova di sè - ha affermato quest’ultima -ma la responsabilità non è mia: non sono stata direttamente coinvolta nelle scelte degli ultimi mesi».
«PER ME È TROPPO» - «Abbiamo preso una persona, Romano Prodi, fondatore dell’Ulivo, ex presidente del Consiglio, inviato in Mali, e l’abbiamo messo in queste condizioni. Io non posso accettarlo. Io non posso accettare il gesto gravissimo. Questo è troppo», ha detto Bersani.
UNO SU QUATTRO HA TRADITO -«L’assemblea è fatta di dirigenti che oggi hanno preferito l’ovazione e l’unanimità, poi uno su quattro di noi qui ha tradito. Ci sono state in alcuni pulsioni a distruggere senza rimedio. Spero che la mia decisione serva ad arrivare ad un’assunzione di responsabilità», ha concluso Bersani prima di lasciare l’assemblea.
BERSANI FURIOSO - L’addio di Bersani che i presenti descrivono come «furioso» si consuma tra gli applausi polemici le accuse incrociate tra le varie correnti, alimentando l’idea che nel Pd è stato raggiunto un punto di rottura di non ritorno.
LA MORTE DI ROVATI - Prodi ha fatto le spese della resa dei conti nel Pd. Ma se possibile, la sua giornata è stata resa ancor più nera dalla notizia della morte del caro amico e collaboratore storico, Angelo Rovati.
GRILLO : VANNO A CASA - «Li stiamo mandando a casa. Inizia la resa dei conti e noi li ricordiamo i conti in sospeso». Ha commentato Beppe Grillo intervenendo da Udine. «Ora pensano ad Amato o a D’Alema. Se nominano questi qui, sono finiti. Saranno costretti a votare Rodotà e sarà una svolta epocale»
BERLUSCONI DA’ L’ANNUNCIO, OVAZIONE PDL - «Voglio darvi una notizia che vi farà tornare l’appetito: Bersani si è dimesso». Un’ovazione ha accolto le parole del leader del Pdl Silvio Berlusconi alla cena elettorale per Gianni Alemanno sindaco. «Se domani ci sarà un candidato idoneo per un governo condiviso - ha aggiunto il Cavaliere - daremo il nostro voto, altrimenti faremo come oggi e non parteciperemo alla votazione».
E POI CANTA PER L’ADDIO DI ROSY BINDI - Berlusconi ha poi afferrato il microfono per cantare, pare, in francese: «Dedico queste canzoni alla signora Rosy Bindi - avrebbe detto tra i risolini dei presenti - che si è dimessa dalla presidenza del Pd». Alcuni anni fa, era il 2009, Berlusconi si era reso protagonista di un attacco di una volgarità inaudita all’esponente Pd definendola «più bella che intelligente» nel corso di un intervento a Porta a Porta. Bindi aveva reagito con un espressione divenuta rapidamente celebre: «Non sono una donna a sua disposizione» (Guarda il video)

REAZIONI DI GRILLO
I Cinque Stelle l’hanno chiesto fino all’ultimo. «Si voti Rodotà». E alla notizia che Napolitano è stato eletto presidente della Repubblica, la piazza esplode. Fuori i fischi, dentro i parlamentari del M5S non si uniscono all’applauso. Il tutto mentre Beppe Grillo urla al colpo di stato e parte da Udine per Roma, per unirsi ai manifestanti che protestano davanti alla Camera.
«TUTTI IN PIAZZA» - Momenti concitati, dunque. Mentre il Parlamento elegge il presidente della Repubblica, in centinaia si accalcano in piazza Montecitorio. La polizia blocca tutti gli ingressi per evitare problemi di ordine pubblico. Grillo invoca la mobilitazione di massa: «Io sto andando a Roma in camper. Ho terminato la campagna elettorale in Friuli Venezia Giulia e sto arrivando. Sarò davanti a Montecitorio stasera. Rimarrò per tutto il tempo necessario. Dobbiamo essere milioni. Non lasciatemi solo o con quattro gatti. Di più non posso fare. Qui o si fa la democrazia o si muore come Paese». Poi denuncia che il blog è sotto attacco e su Twitter lancia l’hashtag #tuttiaroma. Il deputato Roberto Fico gli fa eco: «Il paese è in rovina esclusivamente grazie a loro. Oggi più che mai va alzata l’ascia di guerra, l’ascia della democrazia, della libertà e del cambiamento fatto di comunità, conoscenza e progetti. Si sono arroccati nel palazzo, chiusi, barricati, soli. Sono disperati». Un’iniziativa e parole che non piacciono a Roberto Maroni della Lega: «Le stesse cose di Grillo le dicevano Mussolini o Hitler. Il parlamento è la sede della democrazia». Perfino Stefano Rodotà prende le distanze dalla mobilitazione e dice: «Il dissenso va espresso nelle sedi istituzionali». Poi aggiunge: «Oggi c’è una vicenda faticosa e difficile che si è conclusa, come in tutte le vicende è legittimo discuterne in democrazia, anzi occorre partire dalla premessa che sono vicende a cui va riconosciuta legittimità democratica, rivolgo un saluto al rinnovato Presidente della Repubblica».
«CITTADINI GARANTITI» - Rispediscono al mittente le accuse di golpe anche i presidente di Camera e Senato Bodrini e Grasso che in una dichiarazione congiunta affermano: «La libertà di espressione del dissenso, anche nelle forme più nette, è una delle caratteristiche più preziose e irrinunciabili della democrazia. E le scelte che si compiono in Parlamento sono doverosamente esposte ad ogni critica. Ma non è accettabile che venga qualificato con l’etichetta infamante di "golpe" il percorso limpidamente democratico che ha portato all’elezione del Capo dello Stato. Qualunque sia il loro giudizio sulla scelta compiuta a larga maggioranza dalle Camere riunite, tutti i cittadini italiani possono sentirsi garantiti da una procedura che ancora una volta ha rispettato integralmente la Carta costituzionale», concludono.
MANIFESTAZIONI NON UFFICIALI - La protesta in piazza Monte Citorio vive momenti di tensione. C’è chi urla «Napolitano dimettiti», qualcuno viene spinto e cade. La situazione rimane comunque sotto controllo. I parlamentari Cinque Stelle parlano con i cittadini, a tratti si cerca anche di placare gli animi, la zona rimane transennata, i cellulari saltano. Intanto anche in altre città, come Trieste e Bologna, inizia il tam tam. «Scendiamo in piazza». Tutte manifestazione che però vengono definite da Crimi "non ufficiali. «Nessuna manifestazione del #M5S, si tratta di una mobilitazione spontanea. In risposta alle numerose agenzie di stampa nelle quali si lanciano adesioni a presunte manifestazioni del Movimento 5 Stelle, si precisa che nessuna iniziativa è stata presa in tal senso dal M5S. Pertanto nessuna adesione può essere rivendicata per una manifestazione che non c’è», specifica il capogruppo al Senato del M5S. Grillo su Twitter scrive: «Una raccomandazione: nessun tipo di violenza, ma solo protesta civile. Isolate gli eventuali violenti».
MOMENTI DECISIVI - Il piano politico dei Cinque Stelle non è andato in porto. Non importa se anche i parlamentari di Sel abbiano fatto convergere i loro voti su Rodotà. Un Napolitano bis ha messo d’accordo destra e sinistra. E la matematica inevitabilmente ha dato ragione all’asse Pd-Pdl-Scelta Civica-Lega. Dal blog, Grillo tuona: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. È in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto. Sono disperati. Hanno deciso di mantenere Napolitano al Quirinale». Crimi
IL NOME DI RODOTA’ - Nei giorni scorsi in un videomessaggio il leader del M5S aveva invitato Bersani e il Pd a convergere sul nome del giurista. «Poi inizieremo a parlare». Un appello che però non è stata ascoltato dalla dirigenza del Partito Democratico. Prima Marini, Prodi. Ma Rodotà, no. Anche di fronte all’istanza dei giovani che hanno occupato le sedi di partito chiedendo un cambiamento e un rinnovamento, in largo del Nazareno si è deciso di non piegarsi ai Cinque Stelle. «È ovvio che il primo partito vuole un suo candidato», aveva tagliato corto Anna Finocchiaro dopo le dimissioni di Pierluigi Bersani.
«C’ERAVAMO TANTO AMATO» - «Rodotà è il nome proposto dai cittadini italiani». Nelle ultime ore Vito Crimi e Roberta Lombardi non hanno fatto altro che ripeterlo. Un mantra, cui però non è seguito un ragionamento di autocritica sui metodi usati per scegliere la sua candidatura e sulla mancata pubblicazione delle preferenze ottenute. Oggi Crimi e Lombardi aggiungono: «Non è nemmeno un nome grillino, è un uomo del Pd. E allora perché non rispettare la volontà del popolo?». Un golpe, un inciucio, un de prufundis. La scelta di chiedere a Napolitano di ricandidarsi non piace e viene definita dalla stessa Lombardi «ottima per un paese che non sa e non vuole scegliere». C’è chi poi ironizza: «C’eravamo tanto Amato. C’era una volta Napolitano...anzi c’è ancora. I partiti hanno gettato giù la maschera!», denuncia su Facebook il Cinque Stelle Riccardo Nuti, parlamentare del M5s. Il tutto mentre Pierluigi Bersani si è affrettato «Vorrei chiarire che con Napolitano si è discusso soltanto di presidenza della Repubblica e di un suo eventuale nuovo mandato». Ma c’è chi parla di Amato premier già per lunedì mattina.
Marta Serafini

BERSANI IN LACRIME
La mano sulla fronte, la tensione che si scioglie, le lacrime che bagnano gli occhi. Al suo fianco il capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, e il leader della componente cattolica, Beppe Fioroni. Quando attorno alle 18,20 Laura Boldrini legge per la 504esima volta il nome di Napolitano, certificandone la rielezione, la tensione del segretario ormai dimissionario del Partito democratico si può finalmente sciogliere.
Dopo il fallimento delle candidature Marini e Prodi che hanno segnato l’implosione del Pd, o quanto meno del suo gruppo parlamentare, e che hanno portato alla sua decisione di lasciare la segreteria del partito, la rielezione di Giorgio Napolitano è per lui la prima buona notizia da giorni. Una scelta, quella della ricandidatura dell’attuale capo dello Stato, maturata come ripiego ma che consente al leader del Pd di voltare pagina su una situazione che rischiava di farsi esplosiva. «È un risultato eccellente, grazie Napolitano», il suo commento a caldo.
L’ABBRACCIO DI EPIFANI - Dopo la standing ovation nell’Aula che aveva sottolineato la rielezione di Napolitano - il primo bis di un presidente nella storia repubblicana -, Bersani, che ha atteso l’esito dello scrutinio in piedi tra i banchi del centrosinistra, si è sciolto in un lungo abbraccio con l’ex segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, oggi uno dei suoi deputati. È stata Alessandra Moretti, sua portavoce durante la campagna elettorale per le primarie, una delle prime ad avvicinarsi al segretario dimissionario a missione ormai compiuta. Ma la Moretti, «colpevole» di aver votato scheda bianca durante l’assemblea e la prima votazione contraddicendo la proposta ufficiale di votare Franco Marini, secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa è stata accolta in modo freddo dal segretario e dopo un paio di minuti è tornata al suo posto. Segnale di come questa vicenda stia lasciando profondi strascichi nel partito di maggioranza relativa.
«I PROBLEMI NON FINISCONO» - Lo stesso Bersani ne è consapevole. «Dobbiamo riconoscere che l’elezione del Presidente della Repubblica non può oscurare il problema politico emerso in questi giorni e le difficoltà che si sono incontrate - ha commentato a caldo, da ormai ex segretario (aveva detto che le sue dimissioni sarebbero state operative un minuto dopo la nomina del capo dello Stato, ndr) -. L’elezione di Napolitano ci mette tutti di fronte alle nostre responsabilità, alle quali dovremo rispondere sia con la forza delle nostre convinzioni, sia con la consapevolezza piena dell’urgenza dei problemi».
«TUTTI DIMESSI» - Problemi istituzionali, visto che resta irrisolto il nodo del governo, che sarà inevitabilmente la prima preoccupazione di Napolitano nella sua nuova veste di uscente e di neo-presidente. Ma anche problemi interni al partito. Non sono soltanto Bersani e la presidente Rosy Bindi ad avere fatto un passo indietro: «Si è dimessa l’intera segreteria - ha annunciato Enrico Letta al Tg3 - e quindi andremo a congresso». Nel giorno in cui l’Italia ritrova una figura di riferimento a cui affidarsi, il Pd è dunque completamente senza guida.
Alessandro Sala

DICHIARAZIONE DI RODOTA’
"Sono convinto che le decisioni parlamentari possano essere criticate anche duramente ma partendo dal presupposto che si muovono nell’ambito della legalità costituzionale"
Roma, 20 apr. (TMNews) - Adesso la scissione non è più un fantasma buono per i retroscena, il voto di oggi sul Quirinale apre una frattura forse insanabile tra Pd e Sel e spinge anche Fabrizio Barca, neotesserato democratico, su una linea di confine. L’idea di una separazione tra l’ala sinistra del Pd e il resto del partito diventa una possibilità concreta, tanto più che l’8 maggio Nichi Vendola presenterà il suo nuovo "soggetto della sinistra", un nuovo partito che ha la non troppo celata ambizione di fare da calamita proprio nell’ala sinistra dei democratici. Basta leggere le parole che Sergio Cofferati ha detto all’emittente ligure Canale 10: "A scelta di Prodi doveva servire a ricompattare il partito. In ogni caso ripeto il mio no a un governo di minoranza perché non è possibile accordarsi con Berlusconi. Elezioni e al più presto, è l’unica soluzione". Considerando che un governo del presidente pare destinato a nascere, un dirigente Pd profetizza: "Sulla fiducia al governo si spaccheranno i nostri gruppi, una parte della sinistra se ne andrà e sarà la premessa per un nuovo partito con Sel e Barca".
Matteo Orfini, uno dei ’giovani turchi’, nega le voci che lo vedono tra i probabili scissionisti: "Scissione dell’ala sinistra? Mi pare che questa giornata allontana Barca e Vendola dalle nostre posizioni, se hanno deciso di inseguire Grillo sul terreno del populismo, auguri. Spero che M5S trasmetta in streaming la riunione in cui esaminano il documento di Barca sul partito pesante... ". E anche Cesare Damiano, ex Cgil, ex ministro e altro esponente dell’ala ’laburista’, per ora frena: "Vederemo quale governo del presidente sarà formato, ora c’è da privilegiare l’emergenza. Io dico che il Pd va rifondato e ripensato. La dichiarazione di Barca su Napolitano non mi è piaciuta. Ma un partito va fatto, perché il vecchio Pd non c’è più". Ma quando a Orfini si chiede cosa accadrebbe in caso di ’governo di larghe intese’, la risposta è significativa: "Ma qualcuno potrebbe lasciare se nascerà il governo di larghe intese: "Non credo ci sarà questo governo". Anche Damiano dice "vediamo quale governo sarà formato".
Sul voto a Napolitano il partito ha tenuto, le sirene di Barca e di Sel non hanno fatto molta presa, solo qualche manciata di voti è finita comunque a Rodotà. Ma è un dato che non deve trarre in inganno, ora c’era da serrare le file e tutti attendono quello che accadrà sul governo. Inoltre, c’è il congresso alle porte e non è detto che il malumore debba manifestarsi subito con una scissione: l’ala sinistra potrebbe innanzitutto provare a prendersi il partito. Le premesse per uno strappo, però, ci sono tutte e bisognerà anche capire che partita giocherà Matteo Renzi.
Il sindaco ha sempre fatto sapere di non essere interessato alla guida del Pd, ma se le elezioni saranno, come probabile, non prima di un anno, il rottamatore potrebbe decidere di correre per la segreteria, da usare come trampolino di lancio per la premiership. C’è poi da valutare il posizionamento dei ’maggiorenti’ del partito. L’ex Margherita è quasi per intero pronta a sostenere il sindaco di Firenze, ma anche esponenti come Walter Veltroni e forse Piero Fassino dovrebbero stare con lui. C’è da capire come si posizionerà il resto del blocco ex Ds. Di sicuro, il ’ritorno al passato’ di Ds e Margherita, magari con pesi specifici invertiti, sembra più vicino.
Adm

DICHIARAZIONE BARCA
“Incomprensibile che il PD non appoggi Stefano Rodotà o non proponga Emma Bonino”. Questo tweet di Fabrizio Barca ha spiazzato i vertici del Pd. Anche un imbarazzato Nicola Latorre nel corso della diretta su La 7 condotta da Enrico Mentana è rimasto stupito della dichiarazione, seppure definita “legittima” da Latorre, anche se maliziosamente ha fatto notare che il ministro della Coesione non fa parte dei grandi elettori del Pd.
E’ così ma il cinguettio di Barca fa partire in anticipo la discussione congressuale per la fisionomia e le tesi del Pd del futuro. Ma il tweet del ministro del governo Monti nominato da Napolitano che si stupisce del fatto che il Pd inviti a confermare Napolitano al Colle cerca un’alleanza sempre più stringente con Sel di Nichi Vendola (che infatti non a caso sostiene Stefano Rodotà per il Quirinale nonostante la disponibilità di Napolitano alla riconferma), sfidando effettivamente anche la componente dalemiana che secondo alcuni osservatori era allineata in una prospettiva di Pd socialdemocratico che si arrocca a sinistra estromettendo di fatto il riformismo liberale di Matteo Renzi.