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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL SECONDO GIORNO DEL QUIRINALE


TERZA VOTAZIONE
COMPONENTI 1007
ROMA – Ecco i risultati della terza votazione per l’elezione del presidente della Repubblica: 250 voti (meglio della prima votazione) per Stefano Rodotà, 34 per Massimo D’Alema, 22 per Romano Prodi.

Poi tutti i nomi “strani”: da Claudio Sabelli-Fioretti, al Capitano Ultimo Sergio De Caprio, Gianroberto Casaleggio, Antonio Cabrini, Fabrizio Rondolino, Miuccia Prada, Silvio Sircana, Niccolò Pollari.

Fra questi colpisce il voto di un parlamentare – o grande elettore – che con un senso dell’umorismo tutto suo ha voluto scrivere sulla scheda Giuseppe Morabito. Chi è? “Binnu ‘u tiradrittu”, boss della ‘ndrangheta e nonno del calciatore Giuseppe Sculli. Si spera che non sia un omaggio.

Ecco la lista completa:

Stefano Rodotà 250
Massimo D’Alema 34
Romano Prodi 22
Giorgio Napolitano 12
Anna Maria Cancellieri 9
Claudio Sabelli Fioretti 8
Sergio De Caprio 7
Franco Marini 6
Antonio Palmieri 5
Alessandra Mussolini 5
Emma Bonino 4
Sergio Chiamparino 4
Ricardo Merlo 4
Ilaria Borletti Buitoni 3
Ermanno Leo 3
Fabrizio Cicchitto 3
Gianroberto Casaleggio 3
Gherardo Colombo 3
Voti dispersi 2
Niccolò Pollari 2
Pierluigi Castagnetti 2
Roberto Di Giovan Paolo 2
Paolo Mieli 2
Antonio Martino 2
Bruno Gabbi 1
Stefano Sedazzari 1
Tommaso Nenna 1
Pietro Grasso 1
Silvio Sircana 1
Paola Severino 1
Fausto Recchia 1
Antonio Privitera 1
Antonio Cabrini 1
Walter Veltroni 1
Giampiero Anelli 1
Miuccia Prada 1
Claudio Martelli 1
Giuseppe Morabito 1
Santo Versace 1
Antonello Zitelli 1
Marcello Pera 1
Angelino Alfano 1
Paola Binetti 1
Rosy Bindi 1
Pietro Ingrao 1
Maurizio Enzo Lupi 1
Ciriaco De Mita 1
Fabrizio Rondolino 1
Gentile 1
Antonio Panzeri 1
Fiorello 1
Milesi Massimo 1
Pasquale Granata 1
Enzo D’Anna 1
Giacomo Caliendo 1
Giancarlo Antonioni 1
Vincenzo Pucci 1
Sandro Veronesi 1
Francesco Guccini 1
Gabriella Gianmanco 1
Giuseppe De Rita 1
Vannino Chiti 1
Mario Draghi 1
Giorgio De Matteis 1

QUARTA VOTAZIONE
ROMA – Ecco i risultati della quarta votazione elezioni del Presidente della Repubblica. Romano Prodi ha preso 395 voti, esattamente 100 in meno di quelli previsti, i 495 del centrosinistra. Stefano Rodotà rosicchia 52 voti in più rispetto a quelli del Movimento 5 Stelle (quelli di Sel?) e si porta a 214, Anna Maria Cancellieri, con 78 voti, ne prende 9 in più dei 69 a disposizione dei montiani, poi ci sono 15 che hanno votato Massimo D’Alema. In 284 non si sono presentati al voto.

Tutti i voti:
Romano Prodi 395
Stefano Rodotà 214
Anna Maria Cancellieri 78
Massimo D’Alema 15
Giorgio Napolitano 2
Franco Marini 2
Altri 2
Maurizio Migliavacca 1
Giulio Andreotti 1
Walter Veltroni 1
Emma Bonino 1
Giuseppe Fioroni 1
Votanti: 732
Non votanti: 275
Schede nulle: 4
Schede bianche: 15


CORRIERE.IT (ore 20.03)
Avrebbe potuto essere il giorno della verità per la corsa al Colle. Invece anche la quarta votazione per il nuovo presidente della Repubblica si è conclusa con un nulla di fatto. Nonostante l’abbassamento del quorum a 504 voti, nessun candidato ha ottenuto la maggioranza assoluta necessaria per l’accesso al Quirinale. Romano Prodi, messo in campo dal Pd dopo il fallimento dell’opzione Marini, non è riuscito a coalizzare attorno a sé un numero sufficiente di «grandi elettori». Anzi: il professore si è fermato a 395 voti e con questi numeri rischia di non essere più nemmeno spendibile per le prossime votazioni. Che potesse non passare a questo turno era stato messo in conto dai dirigenti del Pd, che speravano di poter recuperare, a partire dalla quinta votazione, anche l’appoggio di Scelta Civica, che per tutta la giornata di venerdì ha sostenuto la candidatura alternativa del ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. Ma un risultato così sconfortante probabilmente non l’avevano messo in conto. Chi invece resta sicuramente in campo è Stefano Rodotà: il candidato del Movimento 5 Stelle ha ottenuto 213 voti, molti più rispetto ai 162 «grandi elettori» del blocco grillino. Prodi, invece, è rimasto un centinaio di voti sotto rispetto al potenziale della coalizione, che sulla carta partiva da quota 496.
LA CARICA DEI 101 - Ma chi sono i 101 franchi tiratori? Sinistra e Libertà si chiama fuori: «Tutti i nostri voti sono andati a Romano Prodi ed erano "segnati"» fa subito sapere il capogruppo Gennaro Migliore. Sel si era schierata per Rodotà nella giornata di giovedì, in dissenso con la scelta del Pd di sostenere Franco Marini, appoggiato pure dal centrodestra. Ma venerdì aveva pubblicamente cambiato idea propendendo per l’ex premier, considerato la persona giusta per far naufragare ogni ipotesi di grande coalizione per Palazzo Chigi. Le defezioni dovrebbero dunque essere tutte di segno democrat e potrebbero essere arrivate dal blocco popolare, come «ritorsione» per la bocciatura di Marini. Ma da più parti si ipotizza anche una manovra di area dalemiana, finalizzata proprio ad un ritorno in campo di Massimo D’Alema, nome che fino a qualche ora fa anche il Pdl non considerava poi così sgradito.
LE SCELTE DEI 5 STELLE - Chi può cantare vittoria, ancora una volta, è dunque il Movimento 5 Stelle. In mattinata Beppe Grillo aveva detto chiaramente che nessuno dei suoi si sognava anche solo lontanamente di votare Prodi. E aveva ribadito che l’unico loro candidato sarebbe stato Rodotà. I due capigruppo, Vito Crimi e Roberta Lombardi, si erano spinti oltre e avevano invitato il Pd a convergere sul giurista, lasciando balenare l’ipotesi di future aperture su Palazzo Chigi: «Inizino a votarlo poi per il governo si apriranno praterie». Parole che a distanza di alcune ore fanno ancora più male al partito di Pier Luigi Bersani. Il quale, a pochi minuti dal fallimento dell’opzione Prodi, ha convocato lo stato maggiore democratico per fare il punto della situazione. Il partito appare sotto choc: non solo sono stati bruciati due leader - e di che peso! - in due giorni; sono state anche compromesse le possibilità di chiudere serenamente la partita del Quirinale come viatico per una soluzione del nodo governo. Occorre ora valutare quale nuova strategia adottare per evitare un ulteriore stillicidio e salvare il salvabile del partito.
LO SCENARIO - Tra le opzioni c’è anche un’eventuale convergenza del Pd sul nome di Anna Maria Cancellieri, donna dal profilo istituzionale non coinvolta nei giochi di partito, che potrebbe raccogliere anche il consenso del centrodestra. Questa opzione potrebbe tornare ad allargare l’arco parlamentare a sostegno del Colle, una prospettiva costituzionalmente più compatibile rispetto al voto risicato che avrebbe potuto sperare di portare a casa oggi Prodi. Ma spaccherebbe il fronte del centrosinistra: Nichi Vendola ha fatto immediatamente sapere che Sel non la voterebbe e che la sola ipotesi di un accordo sul suo nome sarebbe considerata un «inciucio». Matteo Renzi, invece, sgombera subito il campo da ogni possibile tentativo di «salvare» la candidatura Prodi: «semplicemente non c’è più». Non solo: «Bersani aveva chiesto un voto per Prodi e tutti avevano detto di sì. Ma poi quel voto non c’è stato». Come dire: il segretario è stato sfiduciato nei fatti.
IL CENTRODESTRA - Oltre al M5S anche il centrodestra esprime soddisfazione. Sin qui non ha avuto molta voce in capitolo nella scelta dell’inquilino del Colle, ma la prova di forza giocata fuori dall’aula di Montecitorio - i grandi elettori di Pdl, Lega e Fratelli d’Italia non hanno partecipato alla quarta votazione - consente loro di gongolare e di rilanciare. «A questo punto deve essere il centrodestra a presentare una lista di nomi» ha sottolineato Renato Schifani. Anche Silvio Berlusconi può dirsi soddisfatto: aveva incassato in malomodo il dietrofront su Marini, «che pure avevamo scelto da una rosa di nomi proposta dallo stesso Pd». E aveva parlato di tradimento, optando per l’Aventino pomeridiano che ha enfatizzato il malumore e messo al riparo i suoi dal rischio di un coinvolgimento in manovre di voti segreti e concessioni sottobanco. «La candidatura di Marini è stata accantonata violando la parola data - ha commentato nel pomeriggio il Cavaliere - . Gli eredi del Pci non hanno abbandonato i vecchi vizi: invidia, sete di potere, stalinismo e Stato padrone». «Ma noi - ha aggiunto - siamo in campo. E se si andrà ad elezioni io ci sarò. E sarò il candidato premier».
Alessandro Sala

CORRIERE.IT (ore 13.29)
E’ il giorno della verità per la corsa al Colle, dopo le due fumate nere di giovedì e la bocciatura della base Pd alla candidatura dell’ex sindacalista Franco Marini, che in mattinata ha annunciato di aver ritirato la propria candidatura: «Sono cambiate le strategie», ha tagliato corto parlando ai cronisti. Lo scenario è dunque completamente cambiato: il centrosinistra ha deciso di puntare sull’ex premier Romano Prodi, creando forti malumori nel Pdl che vede in lui l’avversario storico di Silvio Berlusconi e quindi un candidato tutt’altro che di garanzia. Ma aprendo qualche spiraglio di possibile intesa con il Movimento 5 Stelle, che aveva il professore nella rosa dei «papabili» scelti via web con le «Quirinarie». Anche se Beppe Grillo in un comizio ha sottolineato che «nessuno nel Movimento si è mai sognato di votare per Prodi, il solo nostro candidato è il professor Rodotà».
VERDETTO 5 STELLE - Per il M5S la prima scelta continua dunque ad essere formalmente Stefano Rodotà. I due capigruppo, Vito Crimi e Roberta Lombardi, si sono recati a metà mattina a casa del giurista, ufficialmente «solo per fargli un saluto». E al termine del faccia a faccia hanno ribadito la linea: «Rodotà conferma la sua disponibilità e non farà nessun passo indietro, nemmeno alla quarta votazione». Il voto è però segreto e nell’urna, già al prossimo giro - l’esito della terza votazione sarà invece uno scontato nulla di fatto - , potrebbero finire consensi per Prodi di provenienza grillina. Il centrosinistra conta su 496 grandi elettori, bastano 8 consensi in più per chiudere la partita entro questa sera: dalla quarta votazione, infatti, il quorum si abbasserà da 672 a 504 voti. Lo stesso Rodotà, dal canto suo, si dice possibilista: «Ringrazio il Movimento 5 Stelle che ha confermato l’intenzione di continuare a sostenere la mia candidatura. Per parte mia, non intendo creare ostacoli a scelte del Movimento che vogliano prendere in considerazione altre soluzioni».
I MALUMORI DEL PDL - La scelta di Prodi è stata accolta con una standing ovation da deputati e senatori del centrosinistra. Il professore è decisamente un candidato di parte, ma può riunificare la coalizione dopo lo strappo creato dalla candidatura di Marini. Anche Matteo Renzi, tra i principali oppositori all’ex sindacalista, si è mostrato disponibile sul suo nome. Ma sarebbe un candidato decisamente inviso al centrodestra, che parla unanimemente di una «scelta che divide». Una sua elezione farebbe probabilmente tramontare ogni ipotesi di un governo di grande coalizione, su cui peraltro Bersani si era sempre mostrato assai freddo. Berlusconi ha convocato all’ora di pranzo lo stato maggiore del Pdl a Palazzo Grazioli per definire la strategia da tenere in occasione della quarta votazione. Non viene esclusa la possibilità di un’uscita dall’aula in segno di protesta. Alle 15, in concomitanza con la quarta votazione, potrebbe essere anche promossa una contestazione in piazza Montecitorio: Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha già iniziato a convocare via Twitter i propri militanti.
«FU COSI’ ANCHE PER NAPOLITANO» - Dario Franceschini invita tuttavia a superare le diffidenze, dicendosi sicuro del fatto che Prodi possa essere una valida figura istituzionale capace di rappresentare l’intero Paese, così come avvenuto con Napolitano, che non fu votato dal centrodestra che oggi lo considera invece un presidente di garanzia, al punto da averne auspicato la rielezione. Prodi ha inoltre un forte peso sulla scena internazionale, sia per l’attuale ruolo di inviato speciale dell’Onu per il Sahel - in questi giorni si trova infatti in Mali e ha fatto sapere che rientrerà appena possibile -, sia soprattutto per le due precedenti esperienze a Palazzo Chigi e per il periodo trascorso alla guida della Commissione Europea a Bruxelles. Berlusconi, in ogni caso, dai suoi fedelissimi viene descritto furioso nei confronti di Bersani e della sinistra: «Vogliono farmi un’imboscata». E s’insinua il dubbio che in realtà fosse tutto preparato, una trappola per tirare fuori all’ultimo momento la carta Prodi.
IPOTESI CANCELLIERI - Il Pdl potrebbe, in alternativa all’uscita dall’aula, decidere di sostenere Anna Maria Cancellieri, attuale ministro dell’Interno, proposta da Scelta Civica e lanciata ufficialmente dal premier uscente Mario Monti come «personalità di alto profilo professionale» e sottolineando che «più l’elezione sarà unitaria, maggiore sarà l’autorevolezza del capo dello Stato che dovrà rappresentare tutti nelle sfide che attendono il Paese». Monti ha invece definito quella di Prodi «una scelta divisiva».
Alessandro Sala

REPUBBLICA.IT (ore 13.32)
ROMA - Sarà l’ex presidente della Commissione europea il candidato del Pd per la terza votazione nell’elezione del presidente della Repubblica, prevista per questa mattina. Un nome accolto con una standing ovation dall’assemblea dei grandi elettori Pd, convocata di primo mattino al teatro Capranica per trovare una soluzione dopo il flop della candidatura di Franco Marini al Quirinale che ha spaccato il partito e la coalizione di centrosinistra. Una candidatura archiviata dallo stesso Bersani, che ieri aveva annunciato: "E’ una fase nuova, faremo un’altra proposta". A fine mattinata il leader di M5S dichiara:
"Nessuno nel M5S si è mai sognato di votare prodi al Quirinale e non se lo sognerà neanche in futuro". Su Stefano Rodotà (a 230 preferenze)di continua a puntare il M5S. Fonti Pd parlano di una "riflessione" sul passo indietro. Ma i capigruppo 5S Crimi e Lombardi, che lo hanno visto oggi, smentiscono: non si ritira, nemmeno alla quarta votazione. Monti punta su Cancellieri
Il nome di Prodi compare tra l’altro nella "rosa" dei dieci candidati scelti nelle votazioni online degli iscritti del Movimento 5 Stelle, come ieri sera ha ricordato la portavoce Roberta Lombardi anche se i parlamentari di Grillo confermano il voto per Stefano Rodotà nella terza e quarta votazione.
A questo punto si fa più probabile un’elezione al quarto scrutinio, quando basterà la maggioranza semplice per l’elezione del presidente e il Pd sarebbe quasi autosufficiente nella scelta.

CORRIERE.IT - PARLA RENZI
Dopo la quarta votazione per l’elezione del nuovo capo dello Stato, che ha visto Romano Prodi raccogliere 395 voti, la candidatura dell’ex presidente della Commissione europea ed ex premier «non c’è più». Lo ha detto venerdì sera il sindaco di Firenze Matteo Renzi, uscendo da Palazzo Vecchio. Prodi ha ottenuto oltre 100 voti in meno di quelli che potenzialmente il candidato del centrosinistra avrebbe dovuto avere.
IL GIOCHINO DEI FRANCHI TIRATORI - « Rispetto alla vicenda di Marini, la situazione è diversa », ha aggiunto Renzi. «Oggi il segretario del Pd ha chiesto per l’unità del partito di offrire una candidatura molto autorevole come quella di Prodi. Tutti hanno detto sì, hanno fatto l’applausone e poi hanno fatto il contrario. Hanno fatto il giochino dei franchi tiratori, che non è una battaglia a viso aperto. Il risultato è assolutamente più basso delle aspettative. In queste ore - ha concluso - i grandi elettori dovranno sciogliere la matassa. Adesso vediamo cosa proporrà Bersani e cosa proporrà in Pd». Renzi non ha voluto rispondere alle domande dei cronisti sulla eventuale candidatura di D’Alema e su quella di Rodotà. «Lasciatemi andare a casa», ha detto.