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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

LA SECONDA VITA

Una curiosa coincidenza è accaduta sul New York Times
di domenica scorsa. Sulla prima pagina del fascicolo contenente le notizie c’era una foto di Tiger Woods. In copertina del supplemento settimanale, invece, c’era Anthony Weiner. Tra i due personaggi esiste una forte analogia. Entrambi sono stati al centro di uno scandalo sessuale. Di Woods chiunque ricorda il plotone di ragazze (tutte curiosamente simili) che ne hanno raccontato (a pagamento) la dipendenza dal sesso (a pagamento).
Weiner, per chi non lo ricordasse, è quel politico che, inviando un tweet con la foto della propria erezione, commise un errore e lo spedì, anziché in esclusiva a una studentessa ventunenne mai conosciuta di persona, a tutto l’indirizzario. Dopodiché, il golfista dovette assentarsi per qualche tempo dal green. Il politico, dimettersi dal congresso. Ora il primo è tornato, l’altro si prepara a farlo.
Quel che interessa qui non è tanto la storia pregressa, quanto la possibilità della “seconda occasione”. Esiste veramente o è un mito? E, se mai si ripresenta, ha il sapore della rivincita o della minestra riscaldata? Può riportare alla vita che si è perduta o, secondo la maledizione di Karl Marx, dopo le vesti della tragedia restano gli stracci della farsa?
Per trovare queste risposte Anthony Weiner ha investito in un sondaggio addirittura centomila dollari del fondo spese elettorali messo da parte prima dello scandalo in previsione della candidatura a sindaco di New York. Ai cittadini ha chiesto: ho diritto a questa benedetta seconda occasione? E a quali condizioni? Purtroppo non ha voluto condividere con l’intervistatore l’esito, anche se sembra di capire che abbia ottenuto un sì molto più condizionato di quello che in apparenza gli ha concesso la moglie. E ora si balocca con la possibilità di tornare, cercando esempi che lo inducano a scegliere.
La seconda occasione è un archetipo della letteratura e della storia. Se la sono conquistata Ulisse (che non la voleva realmente, infatti appena poté tornò al largo) e il conte di Montecristo (molto più motivato). Sono tornati trionfalmente Napoleone e Peron, Michael Jordan e Cassius Clay (per la circostanza ribattezzatosi Muhammad Ali) e, con risultati molto più scarsi, Michael Schumacher e Mike Tyson, i Savoia e Adriano Pappalardo. Nel filone Tiger/Weiner non hanno ancora dato notizie di sé, ma sicuramente soggiacciono alla tentazione, Dominique Strauss-Kahn e Piero Marrazzo. E che il destino ce ne scampi.
Ora, osservando dall’esterno, la domanda è: che cosa spinge questi individui a cercare una seconda occasione? Dopo aver reclamizzato “la riappropriazione del tempo”, “il piacere di riscoprire le piccole cose”, “la bellezza della semplice vita familiare”, perché vogliono ritornare in tournée, nel frullatore, in quella vita così frenetica e insensata dalla quale il peccato, l’età o la sopravvenuta imperizia li aveva affrancati? Una prima ipotesi è che non pensino di poter fare altro. Non ci provano neppure. In alcuni casi lo fanno, ed è un mezzo disastro. Oddio, Bernard Tapie come attore non era malaccio, ma per un film o due. Quanto a Michael Jordan, provò a giocare a baseball, con impegno perfino. Ma senza esito. Ci scrissero perfino un libro, sul perché non potesse essere il numero uno in due sport. Infatti ricominciò
con il basket e vinse altri tre titoli.
Se pensi di essere stato veramente bravo in qualcosa, già fai fatica a ritirarti per raggiunti limiti di età, figurarsi accettare uno stop prematuro. Esiste, anche se tutti giurano di aver capito i propri errori, la sensazione di aver subito un’ingiustizia, quantomeno un castigo sproporzionato. Chiedono perdono pubblicamente, ma pensano: che c’entra poi la mia telefonia privata con la mia esperienza politica? O: perché devo lasciare il campo e, soprattutto, gli sponsor perché frequento prostitute come più o meno tutti, inclusi gli sponsor? Quel che può subentrare, ed è un rischio connesso alla seconda occasione, è un bisogno di rivincita collegato all’inconfessata convinzione di aver subito un parziale torto. Se chi è stato costretto ad allontanarsi rientra in gioco è consapevole di aver perso tempo e opportunità. È un po’ come rimettersi insieme con una persona da cui ci si era separati. Tutto è come prima, sì, ma in scala 1: 10. E nel periodo di lontananza, che cosa è successo? Chi ha cresciuto i tuoi figli? Come sono trascorse le notti d’estate? Chi è diventato capogruppo parlamentare? Chi? Quello lì? Ma io ero molto meglio. Il peccato commesso comincia a scolorirsi, qualunque altro fattore ad annacquarsi. A ben vedere è proprio quello un motivo fondamentale per cui si cerca la seconda occasione: andare oltre, scrivere un nuovo capitolo perché il segnalibro della memoria collettiva possa spostarsi in avanti. Lo sostiene a ragione un analista politico a proposito della possibile candidatura di Weiner a sindaco di New York: «Lo scopo sarebbe provare a vincere o piuttosto provare a offuscare lo scandalo? Stavolta perde, ma poi può correre ancora e la volta successiva non si parla più di quella vecchia porcata».
Non si torna una seconda volta tanto per vincere, quanto per dimenticare: gli anni che passano, gli errori che si sono fatti, l’insostenibile pesantezza del giudizio altrui. Riprovarci, alla fine, è il solo modo di scavalcare il passato, perché ricuce il filo spezzato e non importa se non è più d’oro ma di un materiale qualsiasi, purché ci si possa aggrappare e vivere una seconda esistenza illudendosi che la prima non sia mai finita.