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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

IN CRISI (ANCHE IN BORSA) IL MITO APPLE. LA SFIDA SAMSUNG E IL «FATTORE TEXAS»

La Mela magica è sempre meno magica. Mentre continuano le cattive notizie su Apple, nuove voci di un rallentamento delle vendite contribuiscono a deprimere il titolo della società di Cupertino, oggi intorno ai 400 dollari rispetto agli oltre 700 del settembre scorso, che in sette mesi ha perso più del 40% del valore. Non solo. Martedì prossimo, quando presenterà i risultati trimestrali, la società potrebbe segnare una contrazione dell’utile netto di quasi il 20% sui tre mesi e, secondo alcune stime riportate dal Financial Times, una riduzione proiettata sull’intero anno finanziario.
Diversamente da quanto è accaduto in altre circostanze, stavolta le cattive notizie sono indirette ma circostanziate. Cirrus Logic, un’azienda con base in Texas che produce componenti per iPhone e per iPad, ha annunciato una consistente svalutazione di magazzino e ipotesi di ricavi inferiori a causa di quella che ha definito «una riduzione delle previsioni di acquisto di un prodotto ad alti volumi» da parte di un cliente. Nessun nome è stato svelato ma si dà il caso che negli ultimi nove mesi la committente numero uno, per l’82% delle attività di Cirrus Logic, sia stata proprio Apple.
Ma che cosa sta succedendo alla Grande Mela della tecnologia? L’esperienza sconsiglia di stilare referti sbrigativamente negativi: e non solo perché si tratta di una delle più grandi macchine da soldi mai inventate (un utile netto previsto per il trimestre in 9,5 miliardi di dollari, una capitalizzazione intorno ai 380, poco sotto la numero uno mondiale ExxonMobil); ma anche perché nella sua storia la società californiana ha dimostrato di saper risorgere come l’araba fenice da guai ben peggiori.
Certo, oggi non c’è Steve Jobs a risollevarla, e questo spinge alcuni ad attribuire la causa maggiore del suo declino (se così si può chiamare) alla scomparsa della sua figura carismatica. È una spiegazione suggestiva ma che non convince del tutto. Probabilmente invece, è l’opinione più attendibile, l’azienda dovrebbe affrontare difficoltà e limiti anche se a pilotarla ci fosse ancora, anziché il bravo capitano Cook, l’indimenticato fondatore della ditta.
Intanto c’è il mercato degli smartphone e dei tablet (che quest’anno supereranno i pc secondo Idc) con il consolidarsi di concorrenti formidabili. Il pensiero corre a Samsung, la superpotenza coreana che ha appena presentato il nuovo Galaxy S4, ma in realtà dall’Oriente è arrivata un’intera stirpe di draghi dell’high-tech: per fare due nomi, la cinese Huawei, che già contende alla svedese Ericsson il primato mondiale degli apparati telefonici, e la taiwanese Htc.
A proposito di quest’ultima, è interessante notare come, secondo alcuni test mai divulgati e realizzati nei laboratori dei principali operatori europei di telefonia mobile, lo smartphone migliore sul mercato, oggi, è l’Htc One. Gli stessi test rivelano che in termini di qualità e durata, cioè senza considerare l’«effetto marchio», l’iPad è superato da altri tablet.
Nella sua navigazione la corazzata Apple sta correndo alcuni rischi. Uno, tutt’altro che banale, è quello di diventare antipatica. È significativo, ad esempio, quel che è successo tre settimane fa in Cina. L’azienda è stata accusata di gestire in modo arrogante le garanzie e l’assistenza post-vendita. E, come spesso fanno i grandi boss, Cook se l’è cavata dando la colpa alla comunicazione, ultima ruota del carro della gioiosa macchina da guerra.
Il concetto di «arrogance» è riecheggiato nei giorni scorsi anche a Parigi, quando il ministro dell’Economia digitale, Fleur Pellerin, ha bacchettato Apple per aver rimosso «unilateralmente e senza spiegazione» l’applicazione di AppGratis dal suo store. Da notare che AppGratis è un’azienda con soli 45 dipendenti ma che vanta, tra gli investitori, anche il colosso France Télécom.
Si tratta di un piccolo caso, anche se ha fatto rumore, ma che rimanda a un tema più grande: il crescente contrasto fra Apple e gli operatori telefonici. I quali tendono a dimenticare i benefici avuti grazie al boom degli smartphone e dei tablet e a lamentarsi, invece, delle pratiche commerciali imposte dal costruttore americano in termini di pubblicità e di prezzi. Pratiche definite, ancora una volta, con lo stesso termine: «arroganti». Tanto più che oggi, secondo questa visione, emerge un altro elemento correlato al boom della concorrenza: la brevità dei cicli di prodotto nella tecnologia di consumo. Ritmi che sconsigliano anche i primi della classe dal riposare sugli allori e dall’assumere atteggiamenti di sussiego verso i clienti e verso i partner.
Un ultimo aspetto riguarda gli annunci di prodotto. Alcuni si aspettavano un nuovo iPad per marzo o aprile ma non è arrivato. E il nuovo iPhone non è chiaro se comparirà a giugno o a settembre. È vero, i clienti di Apple sono abituati a questo tipo di misteri. Ma oggi la sensazione è che non ci sia più quella stupefacente continuità logica e creativa tra i prodotti che era tipica dell’era Jobs; e che l’incertezza non sia strategia ma confusione.
Edoardo Segantini