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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

QUANDO PAPA’ MI DISSE: «ECCO LA BICI, ORA PEDALA»

La foto con papà Luciano a Montreal, entrambi capelloni riccioluti a una gara di Formula uno. Le immagini di lui, Alessandro, giovane, alto e bello che fa il modello per le strade di New York: «Erano gli anni Ottanta, pazzi ed edonisti, ero all’estero. Perché no?». Fino allo scatto del matrimonio con Deborah Compagnoni segretamente avvenuto in una chiesa di Tuxedo, nel 2008, su richiesta dei figli ormai grandicelli, e rimasta inedita finora.
Scene da una vita di passioni ecumenicamente rappresentate — l’azienda, lo sport, la famiglia — che ora compaiono composte con elegante grafica nel libro Ab, a Playlife Story, che è anche un’autobiografia di un uomo e di un’azienda.
E chissà che effetto farà a un imprenditore riservato come Alessandro Benetton, detto Ab, 47 anni, figlio di Luciano e da un anno presidente di Benetton Group, vedere questo libro così ben composto ma anche così rivelatore, in cui si è messo in piazza come non mai? «Le confesso che un po’ di paura l’avevo ma ora che l’ho visto, e che soprattutto l’ho fatto vedere a chi mi vuol bene, sono stato confortato dalla reazione. Mi hanno detto: "Sei tu, ti riconosciamo". È la mia verità, né romanzata né resa eccezionale».
E allora continuiamo a leggere il racconto degli anni di Boston, e delle piccole trasgressioni di un ragazzo di buona famiglia che studiava ad Harvard ma scappava ogni tanto nelle notti magiche, e in bianco, di Manhattan. O la storia di papà Luciano che accompagnava a scuola tutte le mattine i figli e una volta, a nove anni, lo lasciò a piedi, gli diede una bicicletta e disse: pedala. Ovviamente sapendo di poterlo fare.
E continuiamo a sfogliare questo tomo rilegato in stoffa blu, venduto dall’editore Electa a 70 euro in borsa bianco avorio con manici in pelle, e costruito cercando negli armadi, negli archivi e nei ricordi foto e curiosità da raccontare alla giornalista del Corriere Paola Pollo: a rivedere ogni oggetto si mette in moto il flusso di memoria, così il maglione di cachemire bianco che gli aveva regalato mamma Maria Teresa per i 18 anni fa venire in mente ad Alessandro le vacanze a Cortina; i pantaloni cargo che indossa ancora oggi, comprati a Pantelleria nelle prime vacanze con amici, evocano «il profumo di quei piccoli bazar isolani dove i militari lasciavano le loro cose da vendere».
Un viaggio all’indietro per ricostruire uno stile fatto di oggetti vintage e funzionali e che rispecchia la sua passione per lo sport. Uno stile che coincide con la storia e l’identità dell’azienda. E difatti Playlife è anche un progetto multibrand di Benetton, ora rilanciato con l’apertura di una serie di negozi, l’ultimo, a Roma, inaugurato il 18 aprile che coniugano solidità e voglia di avventura.
Grande fan del pensiero laterale, Alessandro Benetton pensa che sia produttivo non separare rigidamente lavoro, sport, passioni. «Al contrario l’osmosi serve: spesso applico quello che ho appreso in un campo, da tutt’altra parte». Insomma, una vita fatta di passioni laterali è utile. E ora soprattutto serve ad Alessandro la voglia di affermarsi in proprio che lo portò a giocare in solitaria, prima facendosi assumere, secondo italiano, alla Goldman Sachs di Londra, dove a 23 anni lo obbligarono a tagliare i capelli, e poi a «mettersi in proprio», fondando nel 1992 Investimenti 21, società di private equity impegnata nella crescita di piccole e medie imprese. E adesso che l’azienda di famiglia lo ha richiamato al comando può servire ancora una volta il pensiero laterale. «Per quanto la nostra storia sia eclatante e abbia rappresentato un modello di business, oggi bisogna guardarsi allo specchio e convincersi che i tempi reclamano una discontinuità, va bene rispettare le radici ma per andare verso il futuro. E io posso fare da detonatore. Difficile che chi è già all’interno dell’azienda riesca a rompere gli schemi e a vincere la burocrazia. Io vengo da fuori, ma conosco anche la nostra storia: sono nella posizione migliore per essere l’agente del cambiamento».
Poca discontinuità Alessandro Benetton la invoca invece in famiglia, tre figli allevati con spiriti non consumistici, all’insegna del non si butta via niente. Agnese, Tobia e la piccola Luce si sono presto abituati agli abiti riciclati dei cuginetti, figli di zia Rossella, sorella minore di Alessandro: «Cercando di convincerli a riconoscere l’effettivo desiderio. Mia moglie Deborah è bravissima in questo». E lei come fa? «Con l’esempio, quello che conta è l’atto dimostrativo. E mi pare che funzioni». Anche se la primogenita Agnese di fronte all’immagine di quel matrimonio così severo del 2008 ha chiesto: «Ma l’altro, quello prima, era stato con il vestito bianco e tutti gli invitati?». E quando ha capito che non c’era stata mai un’altra grande festa, ha rivendicato il sogno: «Il mio sarà diverso».
Maria Luisa Agnese