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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

FORLANI, TRADITO DA 29 SCHEDE NEL ’92: «MANCAVA UN SOFFIO, PERO’ MI RITIRAI» —

FORLANI, TRADITO DA 29 SCHEDE NEL ’92: «MANCAVA UN SOFFIO, PERO’ MI RITIRAI» — Ieri qualche buontempone, forse dalla memoria lunga, gli ha anche dato due preferenze, alla seconda votazione...
Ma Arnaldo Forlani, 87 anni, la sua corsa per il Quirinale l’ha già vissuta: «Erano i nostri tempi — dice —, quelli che voi oggi criticate tanto, ma su tutto per noi valeva raggiungere la massima intesa...». Era il maggio 1992, per la precisione. Ultimi strascichi del Caf. Lui era segretario della Democrazia cristiana, e c’era il quadripartito. Ma anche nel suo caso giocarono un ruolo fondamentale i franchi tiratori, e così nel corso del quinto e sesto scrutinio Forlani mancò l’elezione di 39 e di 29 voti: «Me lo ricordo ancora», dice sornione. E prima di condividere i suoi ricordi, tenendosi accuratamente lontano dalle polemiche («Parlo senza dir niente? Potrei farlo per ore», e così si beccò da Giampaolo Pansa l’epiteto di «coniglio mannaro»), Forlani ammette: «Diciamo che l’esperienza dei franchi tiratori l’ho vissuta sulla mia pelle, ma con assoluto distacco. Ero il leader Dc, e cercai prima di tutto soluzioni condivise. Sondai Andreotti, sul quale però non c’era convergenza. Poi Vassalli e Valiani, e quest’ultimo lo feci venire addirittura da Milano, nonostante l’età. Ma niente. Alla fine il partito spinse per la mia candidatura, che io accettai riluttante». Il perché è presto detto: «Beh, mi dica quale segretario della Dc è mai riuscito ad essere eletto al Quirinale... Da De Gasperi a Moro: nessuno. La stessa sorte è toccata a me. Ma da leader Dc avrei dovuto ottenere la convergenza massima, cosa che non avvenne. Se però mi chiede se fossi dispiaciuto, la risposta è no: io stavo facendo altro, e mi piaceva continuare nel mio ruolo».
Ma soprattutto, Forlani di quei giorni convulsi ricorda la sua decisione finale: «Quando sul mio nome non si raggiunse un’intesa ampia, però ci stavamo avvicinando e mancavano pochi voti, circa venti, e vedendo che riuscendo avrei però diviso a metà il Parlamento e spaccato tutte le opposizioni, allora sa che feci? Mi ritirai. Con una decisione anche in contrasto con la maggioranza degli alleati. E fui sempre io a proporre una soluzione istituzionale: o Spadolini o Scalfaro, allora rispettivamente presidenti di Senato e Camera. Trovammo la convergenza su Scalfaro».
Oggi, dice di seguire la politica da osservatore: «Da tempo non sono più nella vita attiva». Ma qualcosa aveva intuito: «Con un risultato elettorale di quel tipo, la soluzione era difficile. Forse, se fosse rimasto Napolitano, sarebbe stata una scelta saggia». E Franco Marini? «È un amico di vecchia data, e non credo che sia fuori dai giochi, dipenderà da lui. Ma forse la sua elezione andava preparata. Quanto a me, ripeto, senza convergenza massima vale il passo indietro».
Angela Frenda