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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

IL PROFILO NECESSARIO

Ogni giudizio sulla persona di Franco Marini diventa a questo punto irrilevante. Se una candidatura nasce dall’intesa fra i leader dei due maggiori partiti nazionali e se il candidato esce malconcio dalla prima elezione, la sconfitta investe anzitutto la formazione politica a cui appartiene e che lo ha proposto agli altri gruppi. Non sarebbe accaduto, forse, se gli inconvenienti dell’ingorgo istituzionale (la coincidenza fra l’inizio della legislatura e la fine del settennato) non fossero stati aggravati dall’insistenza con cui Bersani ha preteso un incarico inutile. Non sarebbe accaduto se fosse stato possibile separare le due scadenze trattenendo Napolitano al Quirinale per un certo periodo. Ma questo è «latte versato» su cui è inutile sprecare lacrime e rimpianti. Decideremo più in là, a mente fredda, se l’accordo fra Bersani e Berlusconi fosse ragionevole o sbagliato. Oggi occorre ripartire dalla realistica constatazione che i registi dell’intesa hanno fallito e che in ogni battaglia perduta vi è sempre, inevitabilmente, un vincitore.
Benché altri, in questo caso, abbiano contribuito all’insuccesso di Marini, la persona che può maggiormente compiacersi del risultato e rivendicare la vittoria è Beppe Grillo. Il leader del Movimento 5 Stelle si vanterà di avere evitato l’«inciucio» e farà del suo meglio, nelle prossime ore, per apparire agli occhi del Paese il grande elettore del capo dello Stato. Non basta. Grazie ai pegni pagati da Bersani ancora prima dell’incarico — la presidenza delle Camere — Grillo potrà sostenere che il suo arrivo nella politica italiana ha già rinnovato il vertice dello Stato.
Non credo che questo ribaltamento della politica nazionale rifletta gli equilibri politici e le esigenze della società. Non credo che la maggioranza del Paese desideri avere un Lord Protettore nella persona di un uomo per cui l’agorà è un teatro e i cittadini un pubblico da intrattenere e sedurre. È comprensibile quindi che Bersani, dopo avere preso atto del fallimento del suo disegno, cerchi di restituire a se stesso e al suo partito il controllo della situazione. Vuole proporre un nome ai grandi elettori e vuole che il nuovo candidato abbia il crisma di un’assemblea del Pd convocata prima della prossima votazione. È un rammendo cucito in tutta fretta su una tela troppo rapidamente strappata. Può essere utile, ma occorrerà che nelle ore successive, quando si ricomincerà a votare, la scelta del Presidente prescinda dai calcoli della cattiva politica e risponda alle esigenze del Paese in uno dei momenti più complicati della sua storia repubblicana. Prima di scrivere un nome sulla loro scheda, i grandi elettori dovranno chiedersi se il loro candidato abbia le qualità necessarie in questo momento. Proviamo a ricordarle.
Deve conoscere anzitutto la macchina statale, le sue potenzialità inutilizzate, le sue virtù, i suoi angoli bui, i trabocchetti e i vizi della sua burocrazia. Le buone idee e le buone intenzioni non bastano. Se deve apporre la sua firma, deve anche sapere che cosa accadrà quando una proposta diventa legge e comincia la corsa a ostacoli che la separa dalla sua piena esecuzione.
Occorre che abbia familiarità con i problemi dell’economia e della finanza. Non è possibile giudicare la concretezza di un programma senza tenere conto della reazione dei mercati e di tutte le forze della produzione che dovranno assicurare la loro collaborazione. Non è possibile favorire soluzioni di cui non siano stati valutati scrupolosamente gli effetti. Deve avere esperienza di mondo ed essere pronto ad affrontare con argomenti e atteggiamenti convincenti i pregiudizi e i sospetti che pesano oggi sull’Italia, soprattutto in Europa. Giorgio Napolitano lo ha fatto in modo ammirevole e il Paese deve essergliene grato. Il suo successore dovrà fare altrettanto.
Occorre infine che il nuovo Presidente sia in grado d’ispirare fiducia e rispetto. Nessuno può piacere a tutti e ogni personalità politica ha una storia personale fatta di scelte che hanno suscitato critiche e risentimenti. Ma ciò che maggiormente conta, in ultima analisi, è quella combinazione di cultura, equilibrio e serietà che sono la materia prima di un uomo di Stato. Il Presidente sarà tanto più forte quanto più avrà saputo suscitare, nel corso della sua vita politica, il rispetto dei suoi avversari. Sarà tanto più autorevole quanto meno apparirà a una parte del Paese come un irreducibile nemico. La scelta di un presidente della Repubblica, soprattutto in questo momento, non deve cadere soltanto sulla persona che ha la maggioranza; deve cadere anche su quella che non è respinta a priori da una minoranza consistente.
Sergio Romano