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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

IL GIORNO BLINDATO DI RODOTA’ E QUELL’ AMAREZZA PER IL PD

«È andata molto bene», dice Stefano Rodotà agli amici che gli telefonano nella casa ormai assediata dalle telecamere e dalla quale nel pomeriggio riesce a organizzare una fuga tattica per riparare in quella di un parente. Il giurista è felice per i 240 voti, che considera una vittoria, ma guarda oltre. Sa di non essere un candidato di bandiera da sventolare e bruciare, ma il terminale di un sistema nervoso che affonda nella carne della società italiana. Ne ha parlato a lungo anche con Ignazio Marino. «Un candidato dell’Italia», non di un partito. E non nasconde incredulità per il fatto che il Pd non abbia ancora riconosciuto che si è creata una «connessione sentimentale» tra la pressione popolare e la sua storia di sinistra, tutt’altro che estremista o forcaiola. Comunque vada, non uscirà di scena.

L’altra sera, quando ha ricevuto la telefonata di Beppe Grillo («due minuti in cui ci siamo fatti un sacco di risate») era appena tornato da Lisbona, dove aveva partecipato a un convegno internazionale sulla privacy. E si è ritrovato candidato presidente della Repubblica. Non che ignorasse, da qualche settimana, i segnali di attenzione che giungevano da più parti. Una settimana fa, a Roma, il teatro Valle dove ha lanciato la «costituente dei beni comuni» era gremito come neanche per i concerti pop: seicento persone, diversi parlamentari del M5S e in platea anche Miguel Gotor, senatore Pd e braccio destro di Bersani. Così l’indomani a Torino per Biennale Democrazia. Sapeva che decine di «grandi elettori» di Pd e Sel erano pronti a sostenerlo. Poi la trasferta portoghese, durante la quale si era tenuto informato, ma senza immaginare quello che stava per succedere. Gli appelli di amministratori locali del Pd. Lo strappo di Vendola. Gli intellettuali – prima Carlo Freccero e Ugo Mattei, gli altri a valanga – e gli attori come Elio Germano. E i parlamentari Pd costretti a filtrare le mail con la parola «Rodotà» per non intasare la posta elettronica. I sit-in spontanei da Milano a Matera, gli striscioni nelle piazze, le tessere elettorali bruciate per protesta... Come il referendum sull’acqua pubblica del 2011, col Pd recalcitrante e poi costretto a sostenerlo a furor di popolo. E, pochi giorni fa, le primarie romane, col trionfo di Ignazio Marino, pubblicamente sostenuto da Rodotà.

Ieri il giurista aveva in agenda un’altra riunione al Valle, per mettere a punto il progetto sui beni comuni, con assemblee in tutta Italia. È questo profilo di «federatore» di movimenti, con una leadership prima intellettuale e poi politica ma non salottiera né partitica, unito a una limpida storia nella sinistra (a febbraio era al seminario dei socialisti europei, organizzato da D’Alema a Torino), che Grillo ha colto al volo. Altri, meno.